Uccise anche il rivale d'amore di Fulvio Milone

Uccise anche il rivale d'amore Uccise anche il rivale d'amore Ed evase quando era in licenza premio UN CURRICULUM DI SANGUE NAPOLI. Storie di vittime e dei loro assassini, collegate le une alle altre da un unico filo rosso sangue. Aveva 26 anni Michele Del Giudice, agente scelto della squadra mobile morto con la testa fracassata da un proiettile. Ha la stessa età Giovanni Carola, che con suo fratello Salvatore ha premuto il grilletto della pistola ferendo anche il sovrintendente Gennaro Autuori. Nel palazzo della questura, in via Medina, un gruppo di poliziotti con gli occhi gonfi di sonno e arrossati dal pianto ricordano i due colleghi, e giurano che gli assassini non rimarranno impuniti. Sanno che la moglie di Autuori, ormai clinicamente morto, ha deciso di donare gli organi del marito. «Una scelta giusta, lui sarebbe stato sicuramente d'accordo». Quarant'anni, padre di tre bambini, modi bruschi e un cuore d'oro, Gennaro Autuori lavorava alla squadra mobile da oltre 15 anni, quasi tutti trascorsi in strada, prima come agente della squadra omicidi e poi nella sezione «catturandi». «Il grado di sovrintendente se l'è guadagnato con il sudore della fronte - dicono i colleghi -. Era il migliore, il più esperto. Aveva partecipato a più di un conflitto a fuoco, e contribuito alla cattura di latitanti della camorra del calibro di Raffaele Stolder». Un vecchio maresciallo della questura racconta un episodio dal sapore tragicamente profetico. «Qualche tempo fa - dice - Gennaro venne da me per farsi predire il futuro: sì, in questura tutti sanno che mi diverto a leggere la mano. Gli dissi che la linea della vita era troppo corta, che doveva stare attento. Lui impallidì e rispose: porca miseria, anche una zingara mi ha detto che ho poco da campare, e che morirò ucciso». Anche Michele Del Giudice, 26 anni, era un agente esperto nella lotta alla malavita organizzata. Da un decennio in questura, aveva lavorato al fianco di Autuori nella sezione omicidi. Poi i due si erano ritrovati nella squadra «catturandi», potenziata di recente. Sposato con una dipendente civile della Questura di Torino, era considerato un punto di riferimento per i colleghi più giovani. I funerali si terranno oggi nel suo paese natale, Maddaloni, in provincia di Caserta. «Né lui né il suo collega saranno dimenticati - ha detto il capo della polizia, Vincenzo Parisi, giunto ieri mattina a Napoli -. Hanno pagato un prezzo altissimo per il lavoro svolto, un compito di prevenzione duro e ingrato che sta dando i suoi frutti». Sono vite ormai segnate anche quelle degli assassini, i fratelli Giovanni e Salvatore Carola. Il secondo, che prima dell'altro ieri non aveva mai avuto guai con la giustizia, è sempre stato succubo del primo. Lo dice la madre, Antonietta Cestari, portata ieri in questura per essere interrogata. «Giovanni è un infame, non lo vedo da tanto tempo - ha gridato davanti ai funzionari -. E' tutta colpa sua. Salvatore non c'entra, è un bravo ragazzo. Ieri era a casa con me, quando è arrivata la telefonata del fratello. E lui è uscito dicendomi: Mamma non preoccuparti, torno presto». Ventisei anni, Giovanni Carola ha un curriculum criminale inquietante. Il primo arresto risale all'età di 15 anni, per porto illegale di armi. A16 anni fu arrestato per tentato omicidio: sparò a un uomo che aveva tentato di reagire a uno scippo. Nell'84 Giovanni fu condannato 18 anni per l'omicidio di Pasquale Esposito, suo rivale in amore. Ma gli ultimi due anni trascorsi nel carcere di Foggia sono stati tutt'altro che duri. Nel '92 Carola ha infatti beneficiato di ben quattro licenze premio. L'ultima «vacanza» risale al febbraio del '93: cinque giorni di permesso per buona condotta. Giovanni, però, non è mai più tornato in cella. E ieri il suo fascicolo, pare su sollecitazione di Scalfaro, è stato chiesto dal Prefetto: lo trasmetterà al ministro Mancino. Fulvio Milone

Luoghi citati: Caserta, Foggia, Napoli, Torino