Russia si torna sul ring

No alle privatizzazioni approvate dal referendum, il Cremlino preannuncia un contrattacco risolutivo No alle privatizzazioni approvate dal referendum, il Cremlino preannuncia un contrattacco risolutivo Russia, si torna sul ring // Soviet boccia i decreti di Eltsin MOSCA DAL NOSTRO INVIATO A tre giorni dal referendum la battaglia tra Presidente e Soviet supremo riesplode con nuovo vigore. Con una serie di rabbiose rappresaglie, il Parlamento russo ha dimostrato che non intende concedere la vittoria a Boris Eltsin. Prima mossa (martedì sera): il decreto di Eltsin che reinsediava nelle sue funzioni il presidente della repubblica di Mordovia viene annullato. Seconda mossa: il programma di privatizzazione del governo (definito «insoddisfacente») viene bocciato. • Terza mossa: una maggioranza di oltre due terzi vota una legge speciale - cancellando il veto del Presidente - che crea un corpo di polizia (del tutto svincolato dal controllo del Cremlino) a difesa del Parlamento e dei singoli deputati. E non basta. Khasbulatov chiama il vice-presidente al Soviet supremo per fargli tirare fuori i documenti contro i corrotti del governo. Rutskoi si presenta e rincara le accuse (e consegna le famose valigie con le «prove» alla procura generale di Russia). Burbulis, ex segretario di Stato e braccio destro di Eltsin, risulterebbe in qualche modo implicato - secondo Rutskoi in esportazioni illegali di metalli preziosi e rari per un valore di 3,5 miliardi di dollari. Risultato: il Soviet supremo, sentito il procuratore generale, Valentin Stepankov, nomina una commissione d'inchiesta di sei inquirenti, civili e militari, con larghi poteri, fino alla possibilità di accedere ai dossier del ministero della Sicurezza nazionale. Rutskoi denuncia dalla tribuna che «si è già cominciato a distrugge¬ re le prove di operazioni illegali per miliardi di dollari». Altra benzina sul fuoco. Che brucia già alto, con scure volute di fumo. Eltsin - che ha riunito al Cremlino il consiglio presidenziale - ha sparato le sue bordate. Con un decreto, annunciato ieri, ha di fatto tolto a Rutskoi la guida delle indagini contro la corruzione, prendendone su di sé la responsabilità. In due giorni il vice-presidente ribelle si trova così privato di tutte le sue funzioni: prima l'agricoltura, poi la lotta al crimine. Adesso - commenta sarcastico il portavoce di Eltsin, Vjaceslav Kostikov - «Rutskoi è come sospeso nel vuoto». Nel frattempo l'opposizione moderata sta cercando di offrire a Eltsin il terreno di un compromesso, distanziandosi dall'ala intransigente. La mossa più significativa è venita da Nikolai Travkin, capo del Partito Democratico, che si è dimesso dalla carica parlamentare con una dichiarazione-appello che invita a fare altrettanto tutti i deputati di Mosca e San Pietroburgo (dove la maggioranza assoluta degli elettori ha votato per le elezioni anticipate del Parlamento). Travkin, riconoscendo la vittoria di Eltsin, propone ai deputati democratici e centristi di far mancare il numero legale, per andare a «normali elezioni» entro ottobre, «evitando la guerra civile». Anche il partito «Rinnovamento», della coalizione di Unione Civica, riconoscendo la nuova situazione invita tuttavia il Presidente a «trovare in sé la forza di passare sopra le divergenze con il vicepresidente e le recriminazioni personali» per contribuire alla «ricostruzione di quell'ampia coalizione democratica che fermò il'colpo di Stato dell'a- gosto 1991». E' una resa di fatto, che però non sembra sarà neppure presa in considerazione dei radical-democratici. Dalle cui file si alzano esortazioni a Eltsin non solo affinché «agisca con decisione», senza ripetere «gli errori del dopo golpe», ma anche affinché ripulisca subito il governo da tutti gli elementi «tiepidi» o ostili alle riforme. I nomi dei reprobi - residui di abortiti tentativi di compromesso - sono quelli di Gherascenko, presidente della Banca di Stato, e del vicepremier Kizha. Il consiglio presidenziale ha comunque escluso una delle varianti tattiche possibili. «Porre la questione delle elezioni anticipate del Presidente (insieme a quelle del Parlamento, ndr) - ha detto il portavoce Kostikov - è un nonsenso alla luce della nuova legittimazione ricevuta da Eltsin: equivalente a una seconda elezione». Ma il dibattito sulla tattica da seguire, tra i consiglieri del Presidente, non è concluso. L'unica cosa certa - ha precisato Kostikov - è che «l'obiettivo principale» di Eltsin è «l'approvazione di una nuova costituzione». Come non è chiaro, ma implicitamente si lascia capire che Soviet supremo e Congresso non sono più considerati interlocutori. Dall'altra parte si risponde con altrettanta durezza. Il Soviet supremo ha aperto ieri, bruciando l'ultimo ponte, il dibattito sulla crisi dell'ex Jugoslavia. Concluderà oggi, ma si annuncia tempesta. Khasbulatov ha lanciato un'altra accusa a Eltsin: «A Vancouver c'è stato un accordo segreto con Clinton per dare il via libera agli Usa dopo il referendum». Giulietta Chiesa Rutskoi rivela tangenti nel governo e si vede togliere la lotta al crimine Khasbulatov: Serbia venduta a Vancouver da Boris a Clinton Il presidente russo Boris Eltsin (FOTOAP)

Luoghi citati: Jugoslavia, Mosca, Russia, San Pietroburgo, Serbia, Vancouver