«Buscetta? Pagato dai servizi segreti» di Francesco La Licata

Carmine Mancuso, esponente della Rete e figlio del commissario ucciso dalla mafia Carmine Mancuso, esponente della Rete e figlio del commissario ucciso dalla mafia «Buscetta? Pagato dai servizi segreti» 77 senatore lo rivela ai giornalisti, ma poi precisa «Non voglio scaricare le responsabilità diAndreotti» ROMA. Si apre un «caso pentiti»? All'indomani della drammatica decisione della Giunta del Senato, che ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Giulio Andreotti, il sen. Carmine Mancuso, esponente palermitano della Rete, si lascia andare ad un commento sorprendente. «Buscetta - dice - è al soldo di molti servizi segreti e, credo, è nel libro paga sin dagli Anni Sessanta, all'epoca del suo primo arresto come mafioso e contrabbandiere di sigarette». Ma come è possibile - si è portati a pensare - che proprio lui, da sempre alfiere della attendibilità dei pentiti, difensore delle loro rivelazioni sul terreno scivoloso di mafia e politica, com'è possibile che improvvisamente attacchi il più autorevole dei «collaboranti»? E il maxiprocesso? E tutte le notizie che hanno portato in carcere gente come Vito Ciancimino e i cugini Salvo? Proprio dopo le accuse ad Andreotti, si scopre che Buscetta è prezzolato? Ma non è tutto: nello stesso giorno della curiosa uscita del sen. Mancuso - ovviamente rilanciata dalle agenzie di stampa e persino dal Tgl - l'Ansa siciliana batte un'altra notizia, diciamo, controversa. Il titolo dice: «Pentito Spatola ritratta accuse a on. Mannino». In effetti si tratta più o meno di una lettera di scuse da inse- rire in un processo aperto: Spatola chiede scusa all'on Mannino, che in una intervista a Samarcanda definì uomo "d'onore, ma aggiunge che «non era mia intenzione offendere e diffamare» l'uomo politico siciliano. Il pentito, in effetti, sin dal primo momento aveva tenuto a sottolineare, prima ai magistrati e poi ai giornalisti, che il racconto che offriva non era frutto «di fatti di mia personale conoscenza, ma soltanto dei "sentito dire" in ordine alla cui inattendibilità prendo atto dell'esito delle indagini compiute dall'autorità giudiziaria di Sciacca». Perché la precisazione di Spatola, consacrata in una lettera inviata aL presidente del tribunale di Sciacca? Forse la spiegazione sta nel fatto che in quell'aula si apriva il processo per diffamazione intentato da Mannino contro Spatola, contro Michele Santoro e lo staff di Samarcanda. Il pentito chiede scusa e chiede che venga rimessa la querela nei suoi confronti. Chissà, se avesse perso il processo probabilmente sarebbero svanite anche tutte le provvidenze previste dal programma di protezione dei pentiti. Le due notizie, tuttavia, giunte quasi contemporaneamente, hanno finito per far insorgere qualche perplessità: ma che succede coi pentiti? Stanno cominciando le «grandi manovre» per screditarli, pro¬ prio dopo essersi conquistati quasi l'aureola, come dimostra la vicenda Andreotti? E' possibile che tutto sia frutto di una strana, capricciosa combinazione. Anzi, forse è proprio così, a giudicare dal modo in cui, per esempio Mancuso, sdrammatizza il senso delle sue dichiarazioni. «Attenzione, non voglio essere frainteso. Nel corso - precisa di uno scambio di battute con alcuni giornalisti alla bouvette del Senato, ho ricordato cose che erano state dette. Ho parlato di Buscetta collaboratore del Sifar negli Anni 60 e non di Buscetta al soldo di tanti servizi segreti». Tutto falso, dunque? «I fatti sono stati gonfiati. Io ho riferito cose in parte note e raccontatemi da mio padre Lenin (ucciso col giudice Terranova nel 1979, ndr). Molte di queste notizie erano contenute in alcune carte che sono state rubate. Non intendevo assolutamente mettere in discussione l'attendibilità di Buscetta che rimane un pilastro del maxiprocesso». Resta una perplessità: perché solo adesso si è ricordato del racconto del padre? Su questo c'è chi ricama e maligna, fino ad azzardare l'incredibile tesi di Mancuso che dà una mano ad Andreotti. «Sono sicuro - il senatore ci ride su - che non saranno in molti a pensarlo. Chi mi conosce non può incorrere in questo errore. Non mi sognerei mai di scaricare alcuna responsabilità di Giulio Andreotti. Ho parlato di Buscetta per amore di verità. Sono convinto che il pentito sia rimasto "sensibile al clima politico del momento". Con ciò voglio solo dire che se sapeva quelle cose su Andreotti, cose che ritengo peraltro vere, poteva benissimo dirle prima, evitando così altro sangue e vittime innocenti. Ripeto: i cronisti hanno gonfiato i fatti. Mi chiedo, per esempio, perché non abbiano riportato anche alcuni giudizi che, nel corso dello stesso colloquio, avevo espresso a riguardo della vicenda dell'arresto del questore Bruno Contrada». Francesco La Licata Il senatore a vita Giulio Andreotti respinge punto per punto ■ le accuse di associazione mafiosa

Luoghi citati: Roma, Sciacca