Cagliari resta in cella «Prima racconti tutto» di F. Poi.
Il Tribunale della Libertà ha detto no Il Tribunale della Libertà ha detto no Cagliari resta in cella «Prima racconti tutto» Arrestati altri due manager pubblici Chiusano: nessun accordo Fiat-giudici MILANO. Altri due manager a San Vittore per «Mani pulite». Si tratta di Fulvio Tornich, ex amministratore delegato di Italimpianti (gruppo Iri). Corruzione, l'accusa. Trecento milioni, la tangente. Soldi finiti al psi, in cambio dell'appalto per la costruzione del nastro trasportatore della centrale Enel di Cerano, in provincia di Brindisi. A pagare, e a raccontare poi tutto ai magistrati, Paolo Scaroni della Techint. Da ieri sera altra cella singola per Giovanni Giubergia, consigliere d'amministrazione dell'azienda energetica di Torino. Per lui l'accusa è quella di concussione: 100 milioni incassati, altri 400 promessi. A pagare una società di impianti, interessata ad avere l'appalto per il teleriscaldamento del quartiere «Le Vallette» di Torino. Non esce, per ora, da San Vittore nemmeno Gabriele Cagliari, l'ex presidente dell'Eni arrestato il 9 marzo. E' attesa per oggi la decisione del giudice Ghitti sull'istanza di scarcerazione dei difensori di Cagliari, ma intanto il tribunale della Libertà ha detto «no». Motiva il tribunale: «Le dichiarazioni rilasciate da Cagliari lasciano intravedere situazioni di eccezionale gravità. Un potentissimo ente pubblico economico come l'Eni era diventato il volano di una struttura articolata, in forza della quale un fiume di denaro pubblico di portata enorme, benché non ancora valutata, affluiva a due partiti politici, democrazia cristiana e psi. Era per l'Eni prassi abituale». Conclude con un parere negativo il Tribunale della Libertà, chiamato ad esprimersi solo sul primo mandato di cattura contro Cagliari (tangenti Enel) e non sul secondo, relativo ai fondi neri. Dice il Tribunale: «Le dichiarazioni rese da .Cagliari non sono un'ampia confessione». Degli altri interrogatori, quelli in cui Cagliari ha ammesso l'esistenza e l'utilizzo dei fondi neri dell'Eni, si occupa invece oggi il giudice Ghitti, chiamato a decidere sulla nuova istanza di scarcerazione. Ma su altri filoni lavorano i giudici di Tangentopoli. E dalle carte spunta nuovamente il nome di Franco Nobili, attuale presidente dell'Iri. Secondo l'ex direttore generale dell'Italstat Mario Alberto Zamorani, in carcere a Torino, Nobili, quando era alla presidenza della Cogefar, si occupò degli «aspetti non tecnici» di un appalto vinto in consorzio con Italstrade. Tangenti? Indagano i giudici. E dopo Massimo Aimetti della Iveco è atteso il ritorno degli altri top manager Fiat, all'estero per lavoro e con un mandato di cattura sulle spalle. Ci sono stati accordi tra la procura e la Fiat? Smentisce secco l'avvocato Vittorio Chiusano, legale Fiat. E dice: «Il fatto che Aimetti sia rimasto una notte in carcere è la dimostrazione che non esiste alcun accordo tra la Fiat e la procura». Aggiunge l'avvocato Chiusano: «La parola accordo non esiste nel mio vocabolario. E tanto meno nel codice di procedura penale». E il legale ha precisato che ora tra i vertici Fiat e i magistrati milanesi «non ci sono più incomprensioni ed equivoci. Le posizioni sono chiare e ci si guarda negli occhi in assoluta lealtà». Ad un cronista che gli chiedeva un giudizio su un'intesa tra Fiat e procura, l'avvocato Chiusano ha replicato: «Le cause sono soddisfatto quando le vinco, il resto attiene a personali motivazioni di cui non voglio parlare», [f. poi.]
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