Il fisco «divora» l'utile Comi di Leopoldo PirelliZeni

Siglienti spiega l'operazione Stet e fa slittare l'aumento di capitale Siglienti spiega l'operazione Stet e fa slittare l'aumento di capitale Il fisco «divora» l'utile Comi! Pirelli resta nel «salotto buono» MILANO. Non se ne è andato dal salotto buono della Comit l'ingegner Leopoldo Pirelli. Voleva lasciare: dopo dieci anni di permanenza nel consiglio della banca simbolo di Milano, aveva chiesto di non essere riconfermato. Ma dai, dai e dai, alla fine le insistenze dell'Ili e soprattutto quelle dell'amico Sergio Siglienti l'hanno convinto. Resta Pirelli. E l'episodio della mancata defezione del consigliere dal nome più altisonante coglie tutti di sorpresa quando il presidente Siglienti, a bassa voce, quasi un sospiro, lo riferisce agli azionisti riuniti in assemblea. «Voleva andarsene racconta - perché temeva che una riconferma per il triennio potesse risultare dannosa per l'istituto». E poi? «Poi gli abbiamo fatto notare che proprio la rinuncia poteva essere interpretata sfavorevolmente e così l'abbiamo convinto a restare». Tutti confermati dunque, i consiglieri Comit. Tutti tranne Renato Cassaro, l'ex uomo delle finanze Iri passato al vertice dell'Iritecna, sostituito in Comit - come già è successo nel Credit - dal quarantaseienne Tommaso Vincenzo Milanese, l'attuale condirettore dell'area finanza Iri. Chiuso il capitolo nomine con la ratifica dell'ingresso in consiglio di Pietro Grandjacquet, l'amministratore delegato che ha preso il posto dello scomparso Mario Arcari, l'assemblea di bilancio è stata tutta dedicata ai numeri. Numeri quasi tutti noti. Come la conferma del dividendo (200 lire per le ordinarie e 230 per le risparmio) o come l'aumento dell'utile lordo (21,2%) purtroppo non seguito in parallelo da una crescita dell'utile netto sceso da 317,5 a 263,8 miliardi per via dell'aumento degli ammortamenti e soprattutto di quello delle imposte. Una vera mazzata, quella del fisco, nel 1992 per la Comit: «L'anno scorso c'è stato un incremento della fiscalità - è la spiegazione di Siglienti - che non trova confronto in nessuno degli esercizi precedenti: una crescita del 200% solo per Irpef e Ilor». E così, ecco motivato il ripiegamento del risultato netto (anche l'utile di gruppo è sceso da 362,2 a 218,5 miliardi) che non ha penalizzato l'azionista solo per una precisa scelta della società nella stategia di pay out così giustificata da Siglienti: «Di fronte a un risultato industriale di tutto rispetto non abbiamo voluto scontentare gli azionisti». Soddisfatti per la buona remunerazione, qualcosa di più dal loro presidente gli azionisti hanno voluto sapere su alcune questioni. Sul famoso contratto di usufrutto tra Stet e Iri sulle azioni Comit, per esempio. Sulle sofferenze della banca: sono o non sono aumentate in un anno difficile per l'industria come il '92? E su quell'aumento di capitale che da tre anni a questa parte, da quando era stato l'allora presidente Enrico Braggiotti a sollecitare l'In a ricapitalizzare la banca, riemerge come ipotesi a ogni assemblea. Sull'operazione di usufrutto sui titoli Comit, Siglienti ha chiarito subito che la banca è stata semplice spettatrice. Ma a scanso d'equivoci, ha voluto ricordare in assemblea un paio di clausole. La prima: «L'Iri manterrà il diritto di voto». La se- conda: «Il contratto prevede la rescindibilità in qualsiasi momento». L'operazione contabile, insomma, non cambia i rapporti tra controllore e controllata: «Noi siamo soddisfatti insiste Siglienti - perché non c'è alcun vincolo sulla gestione della banca e sulla politica dei dividendi ma anche perché non c'è alcun vincolo all'eventuale privatizzazione». E sulla possibile partecipazione della Comit in un consorzio bancario per rilevare l'usufrutto sulle azioni Stet, partecipazione già rifiutata dalla Banca di Roma? «Parteciperemo se è nell'interesse della Comit», è la risposta vaga di Siglienti. Mentre il rappresentante dell'Ili, Pietro Ciucci, lascia intendere che l'operazione «è ancora oggetto di valutazione da parte dell'Ili». Nessun problema, invece, per le sofferenze: «Nel '92 conferma l'amministratore delegato Luigi Fausti - la percentuale è stata del 2,9% sul totale degli impieghi e il principale debitore risulta la Federconsorzi con 52 miliardi». E nulla in vista sul capitale. Conclude Siglienti: «No, un aumento di capitale non si pone come fatto urgente». Armando Zeni In alto il presidente della Comit Sergio Siglienti A sinistra uno degli amministratori delegati, Luigi Fausti

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