«Ciampi non chiama sono trombato» di Augusto Minzolini
Una giornata di attese, di voci e di commenti laconici. Bodrato: è la politica dell'inganno Una giornata di attese, di voci e di commenti laconici. Bodrato: è la politica dell'inganno «Ciampi non chiama, sono trombato» Panico e rassegnazione nei corridoi di Montecitorio ROMA. Enzo Binetti, deputato de di Bari, preferisce riderci su. «Quasi, quasi - spiega con una buona dose di sarcasmo nel Transatlantico - mi dimetto da parlamentare, apro un bell'ufficio legale, continuo a mantenere dei contatti con i politici, mi conquisto l'aureola del "tecnico" e, a quel punto, aspetto che mi chiamino per fare il ministro». Dall'altra parte del palazzo, seduto su una poltrona accanto all'ingresso pricipale di Montecitorio, Gianni Prandini, l'ex ministro dei Lavori Pubblici, non risparmia veleno. «Quali sono i ministri de? Perché esiste ancora la de? Secondo me, è stata sostituita dall'Arel, ormai son tutti loro da Martinazzoli a Prodi, ad Andreatta». Poco più in là, invece, Paolo Cirino Pomicino, il braccio destro di Giulio Andreotti alle prese con i giudici napoletani, invia messaggi alla segreteria democristiana' in favore dei due ministri andreottiani quantomai a rischio, Nino Cri- stofori e Claudio Vitalone. Il concetto è semplice: «Spero che gli attuali inquilini di piazza del Gesù non difendano solo i loro ministri». Parole, battute, sfoghi su questa «svolta», che più passa il tempo e più appare profonda. Una svolta che si esprime in quell'immagine del presidente incaricato Carlo Azeglio Ciampi, che convoca i possibili ministri del nuovo governo nella sua casa al quartiere Trieste, lontano dal Parlamento; e che si esemplifica nel fatto che solo Oscar Luigi Scalf aro conosce fino in fondo le mosse, i desideri, il disegno del candidato a Palazzo Chigi. A Montecitorio, infatti, ed è questa la vera notizia, tutti brancolano nel buio e al massimo azzardano delle congetture confidando sui personaggi che il presidente incaricato fa salire a casa sua. Eh sì, lo «stile-Ciampi» ha già mandato in corto i tradizionali circuiti della politica. Lo si avverte dalle facce tristi e dai commenti laconici dei ministri democristiani e socialisti candidati alla «trombatura». E la sentenza che aleggia, sta tutta lì, in quella voce velata di tristezza con la quale ammettono di non aver ricevuto la telefonata di Ciampi. «Per ora non mi hanno consultato» dice, ad esempio, Claudio Vitalone ai cronisti, per aggiungere subito dopo con un filo di speranza: «Ad ogni modo bisogna dare tempo al tempo». Ma non sono solo gli uomini della ex maggioranza appesi all'ignoto. Anche il pds di Occhetto procede a tentoni, sa che Ciampi discretamente ha contattato per il governo dei tecnici d'«area» come Cavazzuti e Visco e che ha puntato su personaggi molto vicini a Botteghe Oscure come Spaventa. Ma il vertice del partito è all'oscuro di tutto: Occhetto dice di non sapere niente, giura di non aver ricevuto neanche una telefonata da Ciampi; mentre D'Alema addirittura parla di «situazione surreale, imbarazzante, strana visto che c'è gen¬ te chiamata a decidere di far parte o meno di un governo senza conoscerne l'orizzonte programmatico». E, naturalmente, la confusione e l'indeterminatezza che regna fa nascere mille voci. Basta che Gavino Angius, ad esempio, dica: «Uno di noi, non un tecnico ma un vero esponente del partito, è stato contattato da Ciampi e per entrare al governo. E' una cosa sicura al cento per cento». E subito nel pds si scatena una caccia all'uomo: c'è chi pensa ad Augusto Barbera, che si precipita a smentire - «io al momento non ho ricevuto nessuna telefonata» - e chi addirittura evoca nomi ancor più vicini al cuore del partito, come quello di Alfredo Reichlin. Discorsi per aria? O dati di fatto? Proprio questa insicurezza, questo procedere nel buio da parte di tutti fa emergere l'amara verità: forse la «svolta» c'è stata davvero visto che la parola dei partiti in questo momento conta poco o niente. E la prova sta nel fatto che la Costituzione spesso richiamata in passato per difendere le prerogative del presidente del Consiglio dall'invadenza delle forze politiche, adesso sia citato dal vertice del pds per implorare Ciampi a consultare almeno i gruppi parlamentari dei partiti. Sono tutti segni dei nuovi tempi. Eppure, a sentirli, i democristiani, i socialisti e gli altri dei vecchi partiti di governo, non se ne dolgono più di tanto. Solo quanti corrono il rischio di esser privati del ministero, o i vecchi capi come Forlani che perdono influenza, vivono il nuovo stato di cose come una tragedia. I più, invece, paiono rassegnati e, addirittura, qualcuno pensa che in questo modo si può avere la «tregua», come la definisce Guido Bodrato, necessaria per risorgere. «Dietro il cono d'ombra - teorizza Clemente Mastella - provocato dall'arrivo sulla scena di questo vecchio einaudiano, noi possiamo avere quel momento di pace che ci è indispensabile per risorgere. Rischiano, invece, di fare la figura dei cazzoni quelli del nuovo che hanno perso un turno». «E' andata benissimo - gli fa eco Gianni De Michelis -, siamo riusciti a provocare la confusione nel campo di Agramante, vedrete che in poco tempo Mario Segni diventerà un carneade». Certo qualcosa di vero in questi ragionamenti c'è. Lo si avverte dalle critiche di La Malfa a Scalfaro. Dalle versioni che circolano sul colloquio imbarazzante tra Ciampi e Segni: il presidente incaricato che invita il leader referendario a entrare nel governo, ricevendo un «no»; Segni che gli offre un consiglio e Ciampi che piccato risponde, «posso fare da me». Per non parlare della polemica che cresce nel pds tra un Occhetto dubbioso sul da farsi si propone fronte del e un D'Alema che come leader del «No» al governo. Ma, la verità è che tutto questo è una piccola consolazione per democristiani e socialisti: con l'avvento di Ciampi, infatti, tutti i partiti, gli uomini vecchi e gli uomini nuovi della politica italiana, hanno perso qualcosa. E forse non poteva essere altrimenti. Tutti hanno giocato per vincere, ma alla fine hanno perso tutti e il salvatore della patria, l'uomo della «svolta», è venuto da fuori. «La verità - ammette Guido Bodrato furioso con il pds - è che in politica bisogna esser di parola. Mentre in questi giorni, come non mai, tutti hanno praticato la politica dell'inganno: tra i partiti ci sono stati tanti "sì" a parole e tanti "no" nei fatti. E il primo a saperlo dovrebbe essere Occhetto. Un vero cumulo di miserie. E alla fine, come sempre avviene in questi casi, hanno deciso gli altri». Augusto Minzolini
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