«Prego per lui tulli i giorni»
«Prego per lui tulli i giorni» «Prego per lui tulli i giorni» Monsignor Riboldi: non credo sia Falstaff IL VATICANO dagli applausi all'imbarazzo APPLAUSI a scena aperta in chiesa, domenica, per Giulio Andreotti. Telefoni muti in Vaticano, nella giornata di ieri. Quarantott'ore. Domenica monsignor Donato De Bonis, ex segretario generale dello Ior, aveva ringraziato pubblicamente il senatore: «Con i suoi consigli ci ha salvato da gravi rischi». E fra le navate era scoppiato il battimani. Logico. Il nome Ior evoca tuttora immagini inquietanti di un passato non ancora sepolto: il crack del Banco Ambrosiano e il banchiere Roberto Calvi, profumo di P2 e la figura di Paul Marcinkus. Andreotti aveva dato allora buoni consigli. E i mille presenti in chiesa, 15 cardinali (c'erano anche Agostino Casaroli e José Castillo Lara capo del Governatorato Vaticano), quaranta vescovi e quasi tutti i fedeli si erano stretti con quell'applauso, idealmente attorno a lui: grazie Giulio, non abbiamo dimenticato. Ma sono passate quarantott'ore. E dai telegiornali è arriva- ta la notizia. La tremenda notizia: la giunta del Senato ha concesso l'autorizzazione a procedere. Come hanno reagito in Vaticano? L'unica nota è arrivata dall'Osservatore Romano. Poche righe in neretto, ultima pagina. Il titolo: «Caso Andreotti: sì della giunta per le autorizzazioni a procedere». Quindi un breve accenno all'astensione dei senatori de. Perché così scarso rilievo? Spiegazione ufficiale: «Alle due del pomeriggio, quando sono arrivate le prime note di agenzia, il giornale era già praticamente pronto per la stampa». Ma in Vaticano, per tutta la giornata di ieri, le bocche sono rimaste cucite. Imbarazzo e «no comment». Lunghe pause e poche parole di circostanza. I cardinali interpellati alzano il telefono e davanti al nome di Andreotti alzano il muro. Cemento armato e prudenza. «Siamo sgomenti, senza parole, aspettiamo gli eventi. Non mi faccia dire altro». Solo il cardinale Silvio Oddi parla con la solita franchez¬ za: «Vuole sapere se chi ha applaudito Andreotti domenica in chiesa, sarebbe pronto a farlo anche oggi? Io, domenica, ero stato invitato a quella cerimonia, ma non ci sono potuto andare. Secondo me, in chiesa, non bisognerebbe applaudire mai. Comunque ho stima di Andreotti: lo scriva pure. Lq stimavo ieri e lo stimo anche oggi». Nessun altro vuole parlare del senatore? Nessun arcivescovo vuole dire qualcosa, oggi, sugli applausi a scena aperta nella messa di tre giorni fa? «No, no, parliamone pure. Anche se, lo confesso, lo sconcerto è molto forte». Monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra,.provincia di Napoli, non si tira indietro. E' abituato a combattere. Pastore in una regione di camorra e violenza. «Guardi, io prego tutti i giorni per Andreotti. Prego perché Dio gli dia la forza e la serenità per andare fino in fondo. Per far trionfare la verità». Monsignore, ma che cosa pro¬ va davanti a quelle accuse? «Mi lasciano senza parole. Perché se fossero vere dovremmo mettere in dubbio tutto. Se fossero provate vorrebbe dire che sotto le vesti di ciascuno di noi può nascondersi un personaggio come Falstaff». Lei crede all'innocenza di Andreotti? «Io credo che in queste cose ci sia un lato oscuro: il pronunciare la sentenza prima che comincino le indagini. C'è un sospetto? E' già condanna. No signori: qui c'è di mezzo una persona, un uomo. E in questo caso c'è di mezzo uno statista che è stato fra i protagonisti della storia del nostro Paese». Ma i giudici lo accusano... «Io non metto in dubbio il lavoro dei giudici. Ma non dubito nemmeno della buona fede di Andreotti». Un colpo al cerchio e uno alla botte? «No: il rispetto per entrambi. Il rispetto per le persone. Perché, vede, è Dio che mi insegna così: a cercare la verità nel rispetto delle persone». Mauro Anselmo Monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, con Andreotti e, sopra, il cardinale Silvio Antonio Oddi
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