« Andò vide un mafioso » di Fabio Albanese

Un pentito: incontrò Santapaola « Andò vide un mafioso » Un pentito: incontrò Santapaola CATANIA. «Samperi faceva riferimento ad incontri che si erano svolti tra l'onorevole Andò ed il Santapaola, all'epoca già latitante». E' un atto d'accusa duro quanto clamoroso quello con il quale i giudici della procura di Catania la scorsa settimana hanno chiesto l'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro della Difesa, il socialista Salvo Andò, per voto di scambio con la mafia. Nel documento, arrivato ieri mattina alla Camera, vengono citate le dichiarazioni dei tre pentiti del clan Santapaola che accusano il ministro, Claudio Samperi, Carmelo Grancagnolo e Giuseppe Licciardello. «Viste le carte dico che si tratta di una mascalzonata fatta a più mani - ha detto ieri sera Andò adesso sono ancora più tranquillo. Basta leggere i riscontri alle dichiarazioni dei pentiti». Samperi ha detto che Santapaola si sarebbe deciso a sostenere il parlamentare socialista «in cambio della promessa di favorire lui e i componenti dell'organizzazione». Secondo l'inchiesta, «i responsabili dei vari grup- pi dell'organizzazione si preoccupavano di far propagandare, nei territori di competenza, il nome di Andò». Grancagnolo, «Melu sucasangu», cognato di Samperi, racconta di aver saputo in carcere da Santo Alleruzzo, nipote del boss pentito di Paterno Giuseppe, che «dopo gli aiuti ricevuti dal gruppo Ferrera durante le campagne elettorali, Andò non aveva restituito, così come avrebbe dovuto, i favori ricevuti». Giuseppe Ferrera è stato negli Anni Ottanta un alleato prezioso di Santapaola. Licciardello ha confermato indirettamente alcuni particolari forniti dagli altri due collaboratori e ha rivelato che la mafia ha messo una taglia di un miliardo su Samperi, per eliminarlo. Secondo il quadro ricostruito dai giudici catanesi nella richiesta di autorizzazione a procedere, Andò avrebbe usufruito di voti controllati dalla mafia nelle consultazioni elettorali per la Camera e per il consiglio comunale di Catania, comprese tra il 1983 ed il 1988. Il procuratore di Catania Gabriele Alicata, i suoi due aggiunti ed i cinque sostituti che hanno lavorato all'indagine sembrano aver quasi voluto prevenire ogni polemica quando scrivono: «Non vi è motivo di sospettare che le indicazioni fornite dai pentiti a carico dell'onorevole Andò siano frutto di una perversa strategia di Cosa Nostra, finalizzata al discredito del predetto uomo politico o, più in generale, per suo tramite, delle istituzioni». A questo proposito viene precisato che i pentiti non possono aver concordato tra loro le rivelazioni perché sono stati sempre rinchiusi in carceri diverse e, comunque, con quelle dichiarazioni i tre hanno messo in crisi Cosa Nostra catanese. La scorsa settimana Andò, saputo della richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti, aveva parlato di «mascalzonata» e di un complotto contro di lui da parte della rete. Sotto accusa, il parlamentare regionale Enzo Guarnera, avvocato difensore dei tre pentiti, il quale ha poi precisato di non aver mai assistito a quegli interrogatori e di non essere a conoscenza di quelle dichiarazioni. Cinque i «riscontri esterni» cui fanno riferimento i giudici catanesi: un cartoncino intestato della Camera dei deputati con su scritto, a mano, «cordiali saluti, Salvo Andò», trovato nella villetta di Mascalucia indicata da Samperi come rifugio di Santapaola e che i giudici ritengono indirizzato proprio al boss. Le «irragionevoli risposte» fornite dal proprietario della villetta, tale Grasso, commerciante di bombole di gas, sulla presenza di quel biglietto. I rapporti tra Grasso ed esponenti mafiosi del clan Santapaola. Un fax che, nell'estate di due anni fa, il gestore del supermercato «Superasse», di via Sgroppillo, Anastasio Caponnetto, poi arrestato per ricettazione, spedì all'addetto stampa dell'esponente socialista, Alfio Spadaro, e «all'attenzione dell'onorevole Andò», per sollecitarne «l'influenza politica» e «avere la certezza assoluta della promulgazione di un decreto interministeriale per la costituzione di una società fiduciaria». Tra l'addetto stampa e Caponnetto, considerato prestanome del nipote latitante di Santapaola, Aldo Ercolano, ci sarebbero rapporti di affari «la cui linearità costituisce oggetto di indagini». Fabio Albanese Il ministro: «Sono tranquillo, è tutta una mascalzonata» I giudici di Catania chiedono l'autorizzazione a procedere per il ministro Andò: voto di scambio con la mafia

Luoghi citati: Catania, Mascalucia