Cario Azeglio banchiere-letterato

Cario Azeglio, banchiere-letterato Il Governatore è un tranquillo intellettuale con due figli, due lauree e la passione per Flaubert Cario Azeglio, banchiere-letterato Così ha superato quindici anni di imboscate DA VIA NAZIONALE A PALAZZO CHIGI LE agiografie dicono che ama Goethe e non stentiamo a crederlo. Ma pensiamo di poter fare ima rivelazione: se costretto, scambierebbe volentieri Goethe con Gustave Flaubert. Carlo Azeglio Ciampi, quell'omino anzianotto (avrà 73 anni a dicembre) e un po' grigio che, a dispetto del nome monumentale (ma mai come quello del nonno materno Temistocle Azeglio), ama remare in «moscone» nel mare grigiastro di Santa Severa, alle porte di Roma, e che ha percorso ieri sera i cento metri che separano il suo studio di Palazzo Koch dal Quirinale per immolarsi a questa Repubblica morente, lo scorso Natale ha regalato agli amici Bouvard e Pecuchet. I due stupendi idioti di Flaubert, in raffinata edizione rizzoliana, sono l'agghiacciante piramide innalzata all'invincibile idiozia umana, che circonda lui come noi tutti. Non abbiamo prove, ma sentiamo che quel libro l'ha scelto non la Segreteria generale, non il Cerimoniale della Banca d'Italia, ma il Governatore in persona. «Per me diceva Flaubert - l'indignazione è lo spiedo che hanno le bambole nel culo, lo spiedo che le fa stare in piedi. Quando non sarò più indignato cadrò bocconi». Dopo quindici anni di quest'Italia goduta e sofferta da palazzo Koch sotto i Fanciulli allo studio del post macchiaiolo Armando Spadini e non come vuole l'oleografia ufficiale sotto il San Sebastiano trafitto dalle frecce - quale spiedo avrà consentito a Carlo Azeglio Ciampi di non cadere bocconi? La nostra ipotesi è questa: una segreta, colta, insondabile ironia. Non conosciamo bene il Governatore, dobbiamo dirlo, ne siamo stati ricevuti privatamente e formalmente una sola volta, alla fine •degli Anni 70, subito dopo la nomina, quando era ancora fresca la ferita di Paolo Baffi, quel monumento morale quasi consegnato alle patrie galere, da Andreotti, Evangelisti e dai loro soci in magistratura, il giudice Vitalone, il giudice Alibrandi... Eppure, già da allora ci sembra di conoscerlo intimamente. La prova l'abbiamo avuta l'agosto scorso, quando il fatuo ministro delle Finanze Giovanni Goria si rosolava sollazzante al sole dei Caraibi, mentre i suoi disgraziati amministrati si cuocevano in fila dinanzi agli uffici delle imposte. E fu proprio allora che scattò l'intesa cordiale, come si dice, con l'altro vecchio moralista cattolico, quell'ex magistrato un po' irrigidito che pensa si possa salvare la Repubblica con qualche semplice, modesta azione di Buongoverno, come si diceva una volta. Ciampi ama la montagna e le passeggiate a San Vigilio di Marebbe, ma dal 1987, quando la lira subì un insidioso attacco della speculazione, trascorre il Ferragosto a Santa Severa, a non più di mezz'ora d'auto dalla sede della Banca d'Italia, in via Nazionale. Scalfaro, stupito, lo scoprì presente, l'agosto scorso, mentre la fiducia popolare nei governanti si spezzava rovinosamente é andò a rendergli omaggio, primo caso nella storia della Repubblica, a Palazzo Koch, sotto i Fanciulli allo studio di Spadini. Piccole cose, è vero, ma fu una specie di metafora ferragostana dell'Italia responsabile, calvinista e angosciata dai suoi destini contrapposta a quella un po' volgare, superficiale e yuppista del decennio craxiano, che andava consumandosi nell'ultimo fuoco. Craxi cercò d'infilzare per la prima volta il banchiere-letterato nel luglio 1985. La lira stava per svalutare. L'Eni pensa subito di farci un buon utile, nel famoso venerdì nero del 19 luglio, speculando al ribasso. Comincia a comprare miliardi di dollari. Quando interverrà la Banca d'Italia? E' questione di minuti. E invece la lira sale, sale, sale... Fino a 2200 contro il dollaro. Carlo Azeglio tace, forse divertendosi alla sinistra idiozia, come Bouvard e Pecuchet. L'Eni fa il peggior affare della sua vita. Craxi vuol far fuori il Governatore, quell'omino grigio così autonomo dai partiti, così «spocchioso», incapace di capire che chi governa deve necessariamente «sporcarsi le mani». Così insensibile alla «primazia» del potere politico. Soltanto otto anni dopo si saprà, ad opera dei giudici di Mani pulite, che le speculazioni in cambi dell'Ente petrolifero erano, come dire?, il pane e il companatico di Craxi, del suo partito e dell'intero sistema politico. Le imboscate subite dall'omino grigio in tre lustri non si contano. Se è ancora in sella e si appresta a trasferirsi a palazzo Chigi da salvatore della Patria in una specie d'intreccio d'amorosi sensi con il Presidente della Repubblica, vuol dire proprio che è inattaccabile. A un certo punto, uno dei suoi due figli, Claudio, che lavorava per la Banca Nazionale del Lavoro a New York, fu segnalato sullo yacht di Chris Drogoul, l'uomo della truffa di Atlanta. La disinforma- tia dei nostri servizi segreti, sempre attivissimi in questi casi e supersensibili alle esigenze di Regime, fecero circolare «veline» che volevano lo stesso Governatore sul ponte del motoscafo. Ma la conclamata passione del «pattino» di Santa Severa ridicolizzò quasi subito la «rivelazione». Viene da Livorno, Ciampi, dove ha imparato a credere in Dio dai padri gesuiti del Liceo San France- sco Saverio. E' nato il 9 dicembre 1920, la famiglia possedeva due botteghe di ottica, gestite poi dal fratello Giuseppe. Ironia della sorte, fu scartato dall'Accademia Navale per un'infiammazione agli occhi. S'iscrisse alla Normale di Pisa ed ebbe come maestro il filosofo Guido Calogero. Reduce dal reparto autieri dell'esercito, partecipò alla fondazione del Partito d'Azione a Livorno. Che altro dire per una biografia tradizionale? Che tutti s'aspettavano che il letterato cattolico, ma amico di grandi laici come Vittorio Foà e Riccardo Lombardi, si presentasse al concorso per professore di ruolo in Lettere. E invece, dopo la seconda laurea in Legge nel 1946, entra in Banca d'Italia. Ma che c'è di strano? Questo è il Paese dei banchieri-letterati e dei politici grezzi gestori di Potere senz'anima. E' la scuola di Raffaele Mattioli e dello stesso Guido Carli, scomparso nei giorni scorsi, il quale attrezzò un intero settore della Banca d'Italia a rintracciare le citazioni più dotte e significative per guarnire i testi aridi delle relazioni del 31 maggio. Goethe o Flaubert? Ciampi legge correntemente il tedesco, che fu costretto a imparare - così dice quando nel 1939 vinse una borsa di studio e dovette trasferirsi a Lipsia. Le Elegie Romane e L'Ifigenia in Tauride erano il suo pane quotidiano, ma crediamo che lo Sciocchezzaio di Flaubert gli riempia di più la vita di presunto piccolo-borghese. La domenica a San Saturnino, chiesa piccolo-borghese della media periferia romana, qualche partita a carte con Giorgio La Malfa e Umberto Colombo, altro signore toscano che s'incontrò col grande Potere partitico quando per pochi mesi, anni fa, fu presidente Eni, prima di essere violentemente espulso dal Sistema. La trasgressione del banchiere è il premio Campiello, di cui è pars magna, il volto misterioso che occorre dissimulare. E' massone il neo-presidente del Consiglio? La Finanza, da noi, è «laica» per definizione. Nonostante le visite domenicali a San Saturnino, Carlo Azeglio veste forse il grembiulino, come dicono i suoi detrattori impressionati dai «Poteri Forti» della Grande Industria e dell'Alta Banca? Per puro caso, qualche giorno fa abbiamo avuto occasione di chiederlo all'ex Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Armando Corona, il quale ci ha giurato di no. Non che sarebbe una colpa, ma i nemici dei «Poteri Forti» pare non possano appigliarsi neanche a questo. Vi confessiamo che di aneddoti sul neo-presidente ne circolano pochini. Uno dei più divertenti vuole l'onorevole Clemente Mastella, ex braccio destro di De Mita, agguerrito in Banca d'Italia per perorare le ragioni della Cassa di Risparmio di Ceppaloni, suo paese natale, cui erano stati posti i sigilli chissà per quale irregolarità. «Ma certo, onorevole, che riapriamo la banca, basta coprire quel buco di dieci miliardi». Mastella - narrano - s'involò. E poi la storia del professor Fausto Vicarelli, consulente della Banca d'Italia, che, poverino, muore in un tragico incidente sul raccordo anulare di Roma, a bordo della sua 500. Bisogna dare un contributo alla famiglia, che ha qualche difficoltà. Come capitò per Ezio Tarantelli. «Ma che c'entra? - fa il governatore -. Tarantelli è stato ucciso dalle Br. Se mai, posso dare qualcosa di tasca mia...». E tirò fuori il libretto d'assegni. Carlo Azeglio Ciampi è un uomo ricco, non per i beni di famiglia ma perché lavora da una vita alla Banca d'Italia, la Tecnostruttura per definizione, che paga assai bene i suoi dipendenti. Ha rinunciato allo stipendio, ma ha una pensione di circa 400 milioni lordi all'anno. Alcuni suoi predecessori alla Banca d'Italia, come Menichella e Carli, pensavano con scetticismo che il Potere politico fosse comunque una presenza con cui fare obbligatoriamente i conti: «Cheste sò 'e ccarte», diceva sconsolato in napoletano Menichella. Lui, come Bouvard e Pecuchet, con apparente candore e innocenza, ai politici in qualche modo ha tenuto testa. Ma di che partito è? Non è democristiano, non è socialista, neanche repubblicano. E' il banchiere-letterato schivo che la domenica va a San Saturnino e a chi lo invoca per salvare le sorti della nazione replicava, fino allo stremo: «Ma se uno ha dimostrato di saper far bene una cosa, non è detto che sappia far bene anche l'altra». Da domani vedremo se il banchiere-letterato combattuto fra Goethe e Flaubert saprà fare un'indolore rivoluzione einaudiana. Alberto Staterà Non è democristiano non è repubblicano e neanche socialista La sua arma? L'ironia Ha 73 anni, nato a Livorno studi dai gesuiti e alla Normale Famoso il diverbio con Mastella cui negò aiuto per la sua banca Carlo Azeglio Ciampi (a destra), il Governatore-letterato, continua la scuola dei grandi banchieriumanisti che hanno segnato la storia della finanza italiana, da Raffaele Mattioli (sopra) a Guido Carli (a sinistra) Il giudice Alibrandi (sotto) e l'«uomo di Atlanta» Drogoul Lo scorso Natale Ciampi ha regalato agli amici «Bouvard e Pecuchet» di Gustave Flaubert (a lato), agghiacciante piramide innalzata all'invincibile idiozia umana