«Spoon River» per una collina perduta di Edoardo Ballone

«Spoon River» per una collina perduta LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.B. «Spoon River» per una collina perduta I torturatori delle aree verdi Gentile signor Del Buono, su La Stampa (Torino Sette) ho letto un bello scritto di Edoardo Ballone «Con Pasquetta tutti nei prati» che mi ha messo un po' di tristezza perché, oltre a rimpiangere giustamente le bucoliche Pasquette del passato, mi pare che accenni con un pochino di antipatia ai pochi prati «quelli belli, spaziosi e verdi» che sarebbero tutti recintati. lo ho un piccolo prato che non è recintato, ma è protetto dal lato strada da un boschetto piuttosto fitto e allora riesce a salvarsi, ma posso assicurare che un prato calpestato ha ben poche speranze di rimanere prato. Non per niente le Comunità montane hanno apposto ai limitari dei prati tanti cartelli che portano la scritta «Rispettate la natura, non calpestate i prati». Solo il prato artificiale fatto di gramigna tipo quello che riveste i campi da gioco del pallone regge lo scalpiccio, ma il prato naturale no. lo penso che si dovrebbe impara re a rispettare la bellezza e purtroppo questo tipo di educazione non è ancora diffuso. L'altra domenica sono stata a vedere gli aironi nel parco della confluenza fra Stura e Po. C'era una quantità di uccelli bellissimi e tanti nidi sugli alberi alti contro il cielo e un nibbio dalle grandi ali spiegate, e le anatre sul fiume, belle, di tante specie. Ma la terra era un disastro, immondizia dappertutto, dallo sporco minuto fatto di cartacce, lattine e ogni sorta di rifuti, ai mucchi enormi in cui si vedevano materassi, pezzi di elettrodomestici, cose rotte arrugginite. L'unico prato verde, bellissimo, faceva parte di una cascina e io spero davvero che nessuno ci si butti a fare merenda e ad abbandonarvi i risultanti rifiuti. Anche il bellissimo «prato di Superga» pubblico è inaccessibile perché ricoperto di rovi. E allora bisognerebbe che tutti quanti, leghe per la tutela dell'ambiente e singoli cittadini amanti della natura, ci si attivasse a ripulire e a rendere «belli, spaziosi e verdi» i tanti, tantissimi parchi e prati pubblici e dopo acco¬ starsi ad essi con rispetto come con rispetto si entra nella propria casa, dove penso a nessuno verrebbe mai in mente di schiacciare un vaso di fiori per sedercisi sopra o di camminare con le scarpe chiodate sul tappeto. E ci vorrebbe un po' di rispetto per chi coltiva la terra e di quei prati verdi, orti, piccole vigne e campi arati che imbelliscono il paesaggio, è l'artefice. E allora, forse, avremmo di nuovo le rimpiante «abbuffate domestiche e caciarone presso i parenti in cascina», perché adesso, veramente, in «cascina» passa proprio la voglia di stare, visto che la società fa di tutto per allontanare la gente dalla campagna con minacce di esproprio a chi vuol mantenere orti e campi, che vorrebbero sempre e solo condannare a diventar campi di gioco o, voga recente, da golf... Anna Marcano, Torino «Amarcord» della trebbiatura Gentile signor Del Buono, vorrei dedicarle un breve «amarcord» che serve anche a me stessa per capire quanto sia motivata dal profondo la battaglia che tanti collinari torinesi stanno combattendo da quasi un anno, lo ho dei ricordi bellissimi delle mie estati in collina; appena finiva la scuola, a giugno, si contavano i minuti alla partenza: si andava «alla villa». Mi sono resa conto solo molto avanti negli anni che passavo per una presuntuosa a chiamare cosi la nostra casa in collina, perché per noi era una parola che non possedeva ostentazione, andare «alla villa» voleva dire erba, animali, libertà assoluta... Sparivamo ai grandi per ore ed ore e a turno eravamo indiani e cowboys, guardie e ladri, tutti complici. Eppure è strano, i nostri genitori erano tranquilli, liberi dagli affanni che abbiamo noi per i nostri figli che non possono socializzare neppure nei cortili. La vera vacanza era in Val San Martino. La festa della trebbiatura. In cortile arrivava l'immensa mietitrebbia che svolgeva il suo lavoro in un gran polverone, lasciando un cumulo di paglia, da cui facevamo lo scivolo, e dove poi si andava a cercare la cucciolata che la gatta regolarmente faceva dopo poco tempo. Il giorno della trebbiatura si mettevano poi all'aperto dei lunghi tavoli e si mangiava e si faceva festa: venivano tutti i mezzadri della zona che erano in buona parte parenti, e poi sarebbe toccato a loro il rito della trebbia. Signor Del Buono, sa che mi sembra incredibile che quello che le sto scrivendo appartenga alla mia vita, tanto è cambiato tutto quanto, eppure ho solo 43 anni, non due secoli. E' diffìcile adesso credere che abbiamo sempre mangiato il pane del nostro grano e bevuto il vino fatto «alla villa», non sapevamo cosa fossero i frutti fuori stagione (ma le marmellate le faccio ancora e le'mie estati sono dedicate a metter via le verdure). E' diffìcile adesso che sei colpevolizzato perché coltivi l'orto, perché te lo vorrebbero togliere, ma per farne che? Adesso che cerchiamo con immensa fatica di mantenere a questa povera collina le sue coltivazioni dove ancora ci sono o si ha il desiderio fortissimo di riportarle di nuovo do- ve non ci sono più, adesso ci propongono l'urgenza di campi da golf, di cliniche di lusso, di villette a schiera al posto dei bei prati, se no la nostra città non sarà all'onor del mondo: ma che razza di onore è quello che non è in grado di capire cosa è la bellezza? Vorrei che per tanti anni ci potesse essere qualcuno che, come me da piccola, sia ancora in grado di fare «provviste di felicità»: mi riempivo gli occhi di verde tutt'intorno, respiravo l'erba, poi chiudevo gli occhi e mettevo questo ricordo nel cuore per i tempi duri, che pare ormai sia¬ no arrivati, purtroppo. Se avessi la bacchetta magica, certo riporterei questo territorio alle sue tradizioni agricole in quattro e quattr'otto, ma, se fossi un politico, cercherei di valutare questa ipotesi almeno come possibile e desiderata da tanta gente e comincerei a fare delle proposte in questo senso, poi da cosa nasce cosa: è un'utopia? Mi fermo qui perché mi sembra di avere aperto una porta ai miei ricordi che vorrebbero venire tutti fuori, e uno tira l'altro, ma mi danno tanta tristezza e rabbia. Bianca Sozzi De Albertis, Torino Notizie ufficiali dalla collina non mi sono arrivate in questi tempi, ma mi arrivano, sempre più intense e commoventi, le risposte all'invito che avevo rivolto a quanti mi scrivevano a proposito della collina in pericolo di metter, nero su bianco, il loro amore in un libro collettivo che non permetta di dimenticare. Il libro promette di diventare davvero molto bello. to.d.b.]

Persone citate: Anna Marcano, De Albertis, Del Buono

Luoghi citati: Torino