Complotto dietro ai falsi Modi

Livorno, una pista porta al traffico d'arte. Denunciata l'ex direttrice del museo Livorno, una pista porta al traffico d'arte. Denunciata l'ex direttrice del museo Complotto dietro ai falsi Modi Rivelazioni diFroglia, l'artista che scolpì le pietre «Ero solo un ingranaggio, ho coperto degli amici» LIVORNO NOSTRO SERVIZIO Livorno ha deciso di regalare all'intero mondo dell'arte un nuovo, deflagrante e misterioso giallo: si ritorna a parlare di Amedeo Modigliani, delle teste che la leggenda vuole siano state gettate nel 1909 nei fossi di Livorno e delle tre pietre ritrovate nell'agosto del 1984, durante l'operazione di dragaggio del Fosso Reale. Un giallo che potrebbe svelare un'incredibile Tangentopoli dell'arte. La beffa del secolo, dopo mesi e mesi di indagini, si arricchisce di nuovi particolari: una denuncia contro l'ex direttore del museo cittadino di Livorno, una sconvolgente confessione resa a Paolo Brosio del Tg4 da uno degli artefici dell'«operazione Modi», l'acquisizione di alcune foto e un nuovo ritrovamento di altre tre teste nei magazzini di un museo cittadino. Ripercorriamo la storia di queste teste. Tutto ha inizio nell'agosto del 1984, quando la città si prepara a festeggiare il centenario della nascita di Modigliani. Vera Durbé, l'allora direttrice del museo livornese di Villa Maria U'ideatrice dell'operazione di dragaggio dei fossi) e l'allora assessore alla Cultura del Comune, Claudio Frontera, riescono ad avere dallo Stato un contributo di circa 40 milioni per il progetto di dragaggio del Fosso Reale. E' qui che entra nella storia Angelo Fraglia, giovane artista che ha l'idea di scolpire due teste in granito usando l'inconfondibile stile di Modi per poi gettarle nel Fosso Reale. Lui dirà che pensava a una performance, ma le cose come vedremo - assumeranno ben altri rilievi. Dei suoi intenti Fraglia parla con due amici, Elisabetta De Paz, prima collaboratrice della Durbé al museo, e con Massimo 'Seghetti, dipendente comunale vicino all'assessorato alla Cultura. Fraglia esegue le due teste e filma le fasi dell'esecuzione, Ma ecco la prima sorpresa: dal racconto di Fraglia emerge che non fu lui a gettare le teste nel fosso, come sino a oggi s'era pensato. «In realtà - dice al Tg4 -, mi ero avvalso della collaborazione di due persone che collaborarono con me allora, che si chiamano Massimo Seghetti e Lido Bellandi. Massimo Seghetti era un dipendente del Comune, Lido Bellandi un pescatore; aveva una barca che fu utilizzata per quell'impresa nella notte tra il 13 e il 14 luglio, davanti agli scali olandesi». Lo stesso punto dove due giorni dopo, il 16 luglio, la chiatta che trasportava la benna escavatrice si piazzò: un punto indicato con precisione dalla stessa Vera Durbé. I lavori iniziano il 17 luglio, il 24 vengono ripescate due teste, la Modi uno, come verrà chiamata, e la testa realizzata per goliardia da tre ragazzi del «Black & Decker». Il dragaggio si arresta. Giuseppe Saracino e Carlo Pepi, autori della già citata denuncia nei confronti della Durbé, sostengono che a quel punto quelli che loro definiscono «gli organizzatori della truffa» credevano di avere già in mano le teste di Fraglia. Il 6 agosto il dragaggio riprende, il 9 viene ritrovata la Modi due; il 3 settembre i ragazzi del «Black & Decker» svelano à Panorama la loro burla. Il 13 settembre Fraglia esce allo scoperto. «Le altre due le ho fatte io», dirà alla stampa: La cronistoria si è aperta qui, dovendo lasciare spazio al raccontoconfessione che lo stesso Fraglia ha rilasciato a Paolo Brosio. Racconto che lascia intendere come tutta l'operazione sia una grave macchinazione che potrebbe nascondere interessi poco puliti. «I sospetti - dice Fraglia - mi sono venuti la sera che mi hanno interrogato i carabinieri. Io continuavo a sostenere di aver fatto tutto da solo, ma alla'fine dell'interrogatorio i carabinieri mi dissero: "Guarda, noi non crediamo che tu abbia fatto rutto da solo; crediamo che ci siano altre persone dietro e te lo dimostriamo in questo modo", e mi dettero una lettera in mano. Era una lettera anonima scritta a Jean Modigliani, figlia di Amedeo Modigliani (morta in circostanze poco chiare il giorno prima di partire per Livorno con l'intènto di fermare la mostra che avrebbe accreditato come vere le tre teste in questione, ndr). La figlia di Modigliani abitava' a Parigi e su questa lettera c'era scrìtto òhe sarebbero state ritrovate due teste nel fosso di Livorno e c'era anche il disegno di un parallelepipedo con tanto di misure e peso e il materiale di quella che poi sarebbe stata definita la mia prima statua». Qualcuno che sapeva tradì dunque Fraglia, che ora vuota il sacco citando luoghi e circostanze facilmente riscontrabili. Ma parallelamente alle indagini della magistratura, Giuseppe Saracino e Carlo Pepi, coadiuvati dall'aw. Antonio Filaste, hanno compiuto un cammino proprio acquisendo materiale - consegnato poi alla magistratura - interessantissimo. Oltre ad alcune foto che dovrebbero testimoniare che non fu il Fraglia a gettare nel fosso le teste in questione, c'è anche il clamoroso ritravamento, sino ad oggi taciuto, di altre sculture. «Sì, è vero - conferma Saracino - ci sono altre tre teste che siamo riusciti a recuperare e che, grazie all'aiuto dei dipendenti comunali, sono uscite fuori da un deposito di museo». Teste che, unite alle testimonianze di altri dipendenti comunali, contribuerebbero a chiarire l'intreccio. Ma una certezza c'è ed è quella che solo la beffa dei tre ragazzi livornesi che buttarono la loro testa nel Fosso Reale, svelando poi tutto, ha contribuito in maniera determinante a far saltare per aria un progetto inquietante. Forse, se verranno confermati tutti i particolari della vicenda, addirittura una grande Tangentopoli dell'arte, un disegno per accreditare opere false al grande Modigliani. A Livorno, ma anche altrove, qualcuno inizia a tremare. Francesco Gazzetta' La truffa serviva per vendere altre sculture contraffatte 1 Il dragaggio del Fosso Reale alla ricerca delle teste scolpite dall'artista livornese e da lui gettate, secondo la tradizione, nel corso d'acqua Nella foto sotto, Amedeo Modigliani e, qui accanto, sua figlia Jean, morta in circostanze poco chiare il giorno prima di partire per Livorno

Luoghi citati: Livorno, Parigi