Un milione di gay fischia il «disertore» Clinton

Un milione di gay fischia il «disertore» Clinton Il Presidente, da Boston, ha inviato un messaggio: sono al vostro fianco Un milione di gay fischia il «disertore» Clinton WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La più grande manifestazione gay di tutti i tempi si è snodata ieri per ore dal grande prato monumentale chiamato il Mail fino al Capitol Hill, sede del Congresso. Ieri è stata la giornata della marcia, oggi sarà quella della guerra delle cifre. Ma non c'è dubbio che gli omosessuali che hanno marciato ieri nel centro della capitale, se non erano un milione, come ha sostenuto il comitato organizzatore, erano sicuramente parecchie centinaia di migliaia. Ci sono stati fischi quando il corteo è sfilato per tre lati attorno alla Casa Bianca lasciata vuota da Bill Clinton, che ha rifiutato il pressante invito a partecipare, limitandosi a mandare un messaggio di solidarietà. Ma, almeno fino a sera, non erano stati provocati incidenti da parte dei gruppi più radicali, come per esempio «Act Up». Il timore c'era e, se questo fosse successo, la marcia avrebbe potuto produrre un effetto contrario alle intenzioni degli organizzatori. Ma, anche se i washingtoniani si sono dimostrati molto tolleranti, la manifestazione di forza di ieri da parte dei «gay» può produrre ugualmente dei contraccolpi. Gli americani, e soprattutto gli abitanti della capitale, sostengono in netta maggioranza la necessità di garantire agli omosessuali «pari diritti», l'obiettivo della marcia. Tuttavia, la simbolica celebrazione di un matrimonio di massa, svoltasi sabato, la presenza di tante coppie «gay» con bambini ha acuito l'opposizione degli americani, documentata da un sondaggio del «Washington Post», al permesso di adozioni e alla legalizzazione dei rapporti di coppia tra omosessuali. Già ieri mattina alle 8 il Mail era pieno di gente. Sotto il monumento a Abraham Lincoln, con le spalle alla grande vasca d'acqua rettangolare che va verso il Washington Memoria!, centinaia di persone assistevano ai primi comizi. Altri gay af¬ fluivano frettolosi, felici e variopinti, dai vialetti del parco. Scendevano dai taxi o dalle loro macchine, ricoperte di scritte e adesivi, con l'espressione estatica di chi è finalmente giunto alla meta sognata. Si potevano notare parecchi gruppi di persone vestite esattamente nello stesso modo, tutti neri, tutti viola, tutti gialli. Più avanti, avvicinandosi alla montagnetta d'erba che circonda la stele dedicata a George Washington («Oggi chiuso al pubblico», avvertiva un cartello), l'occhio veniva attratto da decine di tende bianche consacrate alla «Vendita dei materiali ufficiali della marcia». Bottoni, bandierine con i colori dell'arcobaleno e, soprattutto, grande varietà di «T-Shirt». Una, nera, aveva stampata al centro la foto di una coppia di gay intenti a compiere un det¬ tagliato atto sessuale. Andava a ruba. Molti degli uomini a dorso nudo esibivano i classici anellini d'oro infilati nei capezzoli, L'orecchino era quasi di rigore. I calzoncini dovevano essere cortissimi. Ma parecchie persone erano vestite in modo del tutto normale. Tutt'attorno grandi cartelli con scritte invocanti « ugual i diritti» («Equal rights now»), pronti per essere impugnati dai marciatori. Tutti si fotografavano o si facevano fotografare abbracciati. Dal grande palco, collocato sotto la montagnetta, verso la riva del Potomac, si diffondeva la musica di un complesso rock. Poi la marcia. Il battaglione delle donne sventolava cartelli con le scritte «Dyke visibility-the time is now», visibilità delle lesbiche-è il momento di uscire allo scoperto, oppure «Dykes for civil rights». Sul marciapiede accanto al corteo, con divise regolamentari e «majorettes», la «Banda delle Lesbiche di Philadelphia» eseguiva marce. C'era anche il gruppo dei veterani dell'esercito e quello dei militari gay costretti a abbandonare il servizio. I loro cartelli raffiguravano lo Zio Sani con il dito puntato e, in bocca, la frase «Io voglio che tu ponga termine al bando contro i gay nell'esercito». Per tutta la giornata di sabato, sul prato del Mail, erano state stese le coperte colorate di 90 centimetri per un metro e 80, confezionate per ricordare gli omosessuali vittime dell'Aids, una coperta un nome. C'erano anche alcune coppie di genitori dei giovani stroncati dalla terribile malattia che i «gay» considerano una specie di maledizione lanciata contro di loro non si sa da chi. «Sono qui per onorare la memoria di mio figlio Bob, morto a 29 anni dopo tre anni di lotta contro il male. Lo ha ucciso l'indifferenza», ha detto Geraldine Larson di West Hills, California. Distanziato di tre passi e in silenzio il marito Ross. «Vuole dire qualcosa anche lei?». «Io sono qui». E non è riuscito ad aggiungere altro. - Paolo Passarmi La parola d'ordine era «basta con le discriminazioni» Frale richieste «più fondi per combattere la strage dell'Aids» H ON WASHING Manifestanti gay sfilano nel centro della capitale americana Nel riquadro effusioni tra lesbiche (FOTO EPA E AFP]

Persone citate: Abraham Lincoln, Bill Clinton, Bottoni, California, Clinton Washington, Dyke, Frale, George Washington, Geraldine Larson, West Hills

Luoghi citati: Boston, Washington