«Avvenire» divorzio da Milano

La Curia penserebbe a un suo quotidiano potenziando il settimanale «Nostro tempo» La Curia penserebbe a un suo quotidiano potenziando il settimanale «Nostro tempo» «Avvenire», divorzio da Milano ^r ^ Il giornale della Cei prepara il trasferimento a Roma ROMA. Acque agitate nell'editoria cattolica. Le voci circolano da settembre, ma negli ultimi tempi sono diventate assordanti: l'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, sarebbe sul punto di fare fagotto e di trasferirsi a Roma. Il motivo? Nessuno lo vuol dire chiaro, ma tutti lo sussurrano. All'arcivescovo di Milano VAvvenire non piace per niente: ormai, per il quotidiano cattolico, l'aria del Duomo si sarebbe fatta molto difficile. • Il cardinal Martini, dicono i ben informati, pensa da tempo a un giornale tutto suo. Lo proverebbero i piccoli dispetti ai cronisti di Lino Rizzir che hanno ricevuto il testo del Lembo del mantello per ultimi, dopo che la lettera pastorale era già arrivata sul tavolo di tutti i concorrenti. Lo dimostrerebbe la sopravvivenza della testata L'Italia, quella del vecchio quotidiano diocesano, che ogni anno va in edicola con un numero civetta per non perdere i diritti legali. O i sondaggi fatti qualche tempo fa per valutare l'acquisto della Prealpina di Varese, con l'intento di farne un baluardo ant i-Lega agli estremi confini della diocesi ambrosiana. Lo confermerebbero soprattutto le pagine dedicate alla diocesi che Martini ha voluto sul settimanale torinese Il nostro tempo. Pagine inutili, sostengono i maligni: sia perché vendono poco, sia perché a quello scopo c'era già Milano Sette, supplemento domenicale allo stesso Avvenire. Inutili sì, ma pesanti sul piano politico, insistono le malelingue, visto che il settimanale di Beppe Del Colle, presentandosi come il giornale dell'arcivescovo, vola spesso dove l'Avvenire, che pure è il giornale della Cei, non riesce ad arrivare. Voci, certo, ma di una qualche consistenza. Tant'è che nei giorni scorsi una rappresentanza sindacale dell'Avvenire ha bussato alla porta del direttore. I giornalisti hanno chiesto spiegazioni, e Rizzi ha dato una smentita che sembra non aver convinto. «Forse se se andrà a settembre - si mormora nei corridoi del giornale -, cos'altro poteva rispondere?». Per il trasferimento, infatti, sarebbe addirittura già fissata .la data: 1° settembre 1994. E sarebbe già nata la società per curare l'amministrazione del nuovo giornale, da gestire in pool con gli altri due quotidiani diocesani della Lombardia: L'Eco di Bergamo e il Cittadino di Lodi. Beppe Del Colle, direttore del Nostro Tempo, smentisce tutto con una risata: «Va bene che i direttori sono come i mariti, e sono sempre gli ultimi a sapere - scherza -. Ma giuro che è la prima volta che sento questa "notizia". E poi noi non abbiamo la struttura per diventare un quotidiano». Ma le strutture si possono costruire: «Sì, ma secondo me l'Avvenire non lascerà mai Milano. In Lombardia ha un pubblico, una base di lettura. Il trasferimento a Roma sarebbe un suicidio». Le tensioni tra la Curia di Milano e l'Avvenire, però, restano. E' una ruggine di vecchia data, dai tempi in cui il quotidiano dei vescovi era diretto dal ciellino Guido Folloni. A placare l'ira di Martini non è servita la nomina di Rizzi, ex direttore del Giorno, né la scelta del vicedirettore Dino Boffo, un uomo targato Azione Cattolica, voluto dal cardinale Ruini, presidente della Cei. A Roma, si dice, tutto sarebbe pronto: Ruini sarebbe disponibile a rilanciare il giornale: si parla di un investimento di almeno dieci miliardi. I «sussurri», insomma, tro¬ vano molte conferme. Qualcuno solleva pure un dubbio malizioso: da sette anni i redattori dell'Avvenire chiedono di essere ricevuti in udienza privata dal Papa. Ci riusciranno per la prima volta sabato prossimo. Forse per loro, al di là del Tevere, sta davvero cambiando qualcosa. Guido Tiberga Trasloco nel '94 Il cardinale Ruini pronto al rilancio della testata Il cardinale Carlo Martini arcivescovo di Milano Sotto il direttore deH'«Awenire» Lino Rizzi