I pareri ci serve un ministro forte Ok al dicastero dell'agroalimentare

Dopo-referendum, agricoltori sconcertati Dopo-referendum, agricoltori sconcertati «Davanti all'Europa come figli di nessuno» Ipareri: ci serve un ministro forte Ok al dicastero delVagroalimentare ROMA. L'Italia non ha più un ministero dell'Agricoltura. Lo ha deciso una settimana fa il 70 per cento degli elettori e nel palazzo umbertino di via XX Settembre regna un clima di assoluta incertezza: qualche funzionario si domanda persino se sia consentito, per i circa cinquanta giorni che restano per decidere chi prenderà le consegne del dicastero, usare la carta intestata con su scritto «ministero dell'Agricoltura e foreste». La stessa incertezza regna tra gli imprenditori agricoli, che non sanno a che santo votarsi. Nascerà un nuovo ministero con un altro nome? Arriverà un ministro senza portafoglio? Si creerà un ispettorato alle dipendenze della presidenza del Consiglio? L'agricoltura sarà inglobata in un superministero dell'Economia? Tutte domande a cui, ora, è troppo presto per rispondere, ma che non fanno dormire sonni tranquilli a milioni di coltivatori. Adesso cominciano le consultazioni, mercoledì saranno le grandi cooperative a dire la loro su chi dovrà raccogliere l'eredità del ministero soppresso, intanto si vive alla giornata, con appuntamenti importanti alle porte in sede Cee. «Lunedì scorso è stato un giorno triste per l'agricoltura - dice Giuseppe Nazzarri, allevatore dell'Agro romano -; se non riuscivamo a capirci fra noi, e a farci capire dagli altri, quando c'era un ministro, figuriamoci ora che ci saranno venti assessori da mettere d'accordo. E' vero che c'erano molte cose da cambiare, ma tra questo e abolire il ministero ce ne corre. Che abolizione poi! Per adesso l'unica cosa abolita è il nome del ministero». «Comunque - prosegue Nazzarri - visto che le cose stanno così, c'è solo da sperare che le Regioni riescano a trovare un minimo comun denominatore. Io non credo che si possa accettare di essere rappresentati da un altro ministero, come qualcuno propone. L'ipotesi meno dannosa è che si costituisca un ministero dell'agroalimentare, altrimenti d'ora in poi, alla Cee, saremo proprio figli di nessuno». E Giovanni Laratore, direttore dell'Asprofrut di Cuneo, ribadisce il concetto: «Un'attività delle dimensioni dell'agricoltura senza un rappresentante diretto nel governo è un passo indietro per il Paese, un segno di minore attenzione per un settore che rappresenta, indotto compreso, circa il 30 per cento della produzione nazionale». Anche dalla Calabria arrivano sensazioni di sconcerto. «E' chiaro che la situazione ci preoccupa - dice Francesco Rao, agrumicoltore di Rosarno -, la soppressione del ministero rappresenta una grave perdita, soprattutto per la Calabria, travagliata, a livello di Regione, da crisi politiche, economiche e di funzionamento pratico. Olio e agrumi sono settori in forte crisi, abbiamo occupato ferrovie e autostrade senza arrivare a grandi risultati, ma almeno avevamo un interlocutore nazionale, ora non c'è più nemmeno quello». ' Anche il mondo del vino dice la sua, a parlare è Angelo Dezzani, direttore dell'Associazione produttori moscato d'Asti: «Il risultato del referendum è la dimostrazione che l'agricoltura non riesce a farsi ca¬ pire. Quel che sconcerta maggiormente, nel settore vinicolo, è la definizione delle questioni internazionali, assolutamente preponderanti. Poi, sul piano interno, ci sono decisioni da prendere: la legge 164 sulle doc e le docg, ad esempio, prevede una serie di adempimenti a livello di decreti ministeriali. Chi se ne occuperà ora? Le Regioni possono andar bene, ma ci vuole un momento unificante». «Il problema è che la politica agricola italiana si fa più a Bruxelles che a Roma - dice Vincenzo De Nicola, direttore dell'Unapro -, serve un ministro e un ministro forte. A questo punto consideriamo il settore agroalimentare nel suo complesso e vediamolo come corpo integrante della nostra economia. Dunque, variamo finalmente questo "superrninistero" economico di cui si parla da tempo». «L'esempio dato finora dalle Regioni non è certo brillante - commenta Marco Crotti, produttore piacentino - soprattutto sotto il profilo dell'efficienza. D'altronde, lottizzate politicamente come sono, non vedo in che modo potrebbero esserlo. Comunque, chi sta elaborando il futuro della nostra agricoltura deve capire una cosa: siamo schifati e stanchi di speculazioni politiche sulla nostra pelle. Se si vuole davvero cambiare qualcosa chiedano a noi quali sono le nostre necessità, gli steccati da abbattere e gli errori da evitare». Vanni Cornerò

Persone citate: Angelo Dezzani, Francesco Rao, Giovanni Laratore, Giuseppe Nazzarri, Marco Crotti, Nazzarri, Vanni Cornerò, Vincenzo De Nicola

Luoghi citati: Bruxelles, Calabria, Europa, Italia, Roma, Rosarno