DUE RUSSIE IN GUERRA TRA LORO di Giulietto Chiesa

APRI CON CAME... E CHIUDI ALLE SPALLE IL MONDO. DUE RUSSIE IN GUERRA TRA LORO campagna a sostegno del Presidente (condotta senza esclusione di colpi, in violazione - va detto di tutte le regole del pluralismo dei mass media statali), nonostante i toni da ultima spiaggia usati dai «democratici» (o noi o il comunismo; o noi o la fine delle libertà; o noi o la guerra civile), l'eventuale vittoria di Boris Eltsin sarà una somma non solo di consensi attivi, ma anche di molti «turiamoci il naso», di sconsolate constatazioni della mancanza di un'alternativa credibile, di paura di un ritorno all'indietro che ben pochi vogliono. Se così stanno le cose - e così la pensa ad esempio anche uno dei più stretti consiglieri di Boris Eltsin, Serghei Shakhrai - chiunque vinca dovrà non dimenticare che c'è «l'altra parte» del Paese con cui fare i conti dopo il referendum. Si riproporrà, insom- ma, lo stesso problema che c'era prima: la necessità di trovare una qualche forma di compromesso tra forze politiche e gruppi sociali in lotta. Se prevarrà, al contrario, la tesi che il voto serve per «fare i conti finali» con l'avversario, i rischi saranno grandi. Tanto più che le due parti - Presidente da un lato, Parlamento dall'altro già annunciano che interpreteranno il voto ciascuna con diversi criteri politici. In queste ore i segnali che giungono dall'entourage presidenziale e dallo stesso Eltsin sono altamente contraddittori. Si parla di «misure energiche», ma «senza l'uso dei fucili automatici», si nega l'intenzione d'introdurre il regime presidenziale appena chiuse le urne, ma lo stesso Shakhrai annuncia che, in caso di vittoria di Eltsin, sarà messo in atto il de¬ creto del 20 marzo scorso che la Corte Costituzionale ha equiparato a un colpo di Stato. Può trattarsi di «pretattica», potrebbero essere segni di incertezza, oppure diversi scenari presi in esame a seconda degli esiti del voto: dai più favorevoli ai più negativi. In ogni caso sono segnali inquietanti. Eltsin ha reso noto il proprio progetto di nuova Costituzione. Ma non ha chiarito quali procedure egli intenda mettere in atto per la sua approvazione. Fa sapere che, se l'elettorato voterà «sì» alla quarta domanda (che prevede l'elezione anticipata del Congresso), egli stesso prenderà l'iniziativa (che formalmente non gli spetta) di sciogliere il Congresso e indire nuove elezioni (affidandone la data al Consiglio della Federazione, organismo non previsto dalla Costituzione e dai poteri indefiniti). Ognuna di queste eventuali decisioni è fuori dal terreno costituzionale. Se questa è la dire¬ zione di marcia che il Presidente intende intraprendere, non c'è dubbio alcuno che «l'altra parte» la contrasterà con tutte le sue forze. Il «Comitato per la difesa della Costituzione», formatosi giovedì con l'intesa di tutte le opposizioni estreme, dal Fronte di salvezza nazionale a Vladimir Zhirinovskij, ha già annunciato che resisterà a ogni atto in contrasto con la legge fondamentale del Paese non solo attraverso i mezzi legali, ma anche usando la forza e chiamando alla disobbedienza civile gli organi dello Stato. Tutto ciò dimostra, tra l'altro, che questo referendum «non s'aveva da fare». Può essere utile solo in un caso: se servirà a far capire al Presidente e ai suoi avversari che ci sono ormai due Russie che si fronteggiano, e che l'unica cosa da fare è intavolare un negoziato tra loro. Prima che lo Stato affondi nel caos e nel disordine. Giulietto Chiesa

Persone citate: Boris Eltsin, Eltsin, Serghei Shakhrai, Shakhrai, Vladimir Zhirinovskij