Andreotti e gli omissis domani Caselli decide

L'ex premier: «Non voglio andare a Palermo perché temo per la mia vita» L'ex premier: «Non voglio andare a Palermo perché temo per la mia vita» Andreotti e gli omissis domani Caselli decide ROMA. Domani la Procura della Repubblica di Palermo deciderà se inviare alla Giunta per le immunità del Senato le parti di verbale del pentito Baldassarre Di Maggio coperte da «omissis», relative al nome di uno dei partecipanti al presunto incontro tra il senatore Andreotti, il boss Totò Riina ed il defunto esattore Ignazio Salvo. Là richiesta della Giunta sarà valutata domani dal procuratore Caselli. L'«omissis» riguarda l'identità di una persona che, assieme a Di Maggio, avrebbe assistito all'incontro. Secondo indiscrezioni si tratterebbe di un presunto mafioso di Salemi. Spunta anche un altro pentito, Marino Pulito, boss tarantino che sta svelando i segreti dei clan pugliesi: nel 1991 il maestro venerabile della loggia P2, Licio Gelli, chiese ad Andreotti un intervento per favorire la revisione del processo contro Gianfranco e Riccardo Modeo (i capiclan di Pulito) condannati definitivamente a 22 anni per omicidio. Da un albergo romano il capo della P2 avrebbe telmefonato: «Ciao, ciao Giulio, tutto a posto per Lecce?». Poi: «Allora per Lecce possiamo stare tranquilli». Infine: «La prossima volta ci vediamo alla mia villa di Arezzo con le persone qui presenti» disse Gelli. Marino Pulito racconta che il maestro della P2 si congedò «con l'intesa di incontrarci tutti noi e Giulio Andreotti presso la villa di Arezzo». In cambio chiedeva i voti dei clan perché si sarebbe candidato in Calabria nella Lega meridionale, di cui era rappresentante in Puglia Serraino, attualmente imputato in un processo per estorsione. Proprio durante questo processo sono emerse le dichiarazioni del pentito. L'aw. Odoardo Ascari, legale di Giulio Andreotti, ha intanto chiesto che nella vicenda che riguarda l'ex presidente del Consiglio faccia «piena luce il giudice naturale e cioè il Tribunale dei Ministri, che secondo la legge costituzionale del 18 gennaio del 1989 è competente ad indagare su tutti i reati ministeriali senza bisogno di alcuna autorizzazione del Parlamento». Ascari ricorda che questo collegio «costituito da magistrati sorteggiati in ogni Corte di Appello e quindi secondo regole di assoluta imparzialità, deve concludere, a termini di legge, i suoi lavori in 90 giorni». E sottolinea che Andreotti «reclama giustizia, vuole la verità. Se fosse stata rispettata dall'inizio la Costituzione, giustizia sarebbe già stata fatta e non saremmo ancora qui a discutere». Giudicatemi pure, ma non a Palermo, è dunque l'appello di Andreotti. Che in un'intervista di ieri alla Voce di Mantova specifica di aver paura, più che dei giudici del Palazzo dei Veleni, dei killer della mafia. «Mi è stato detto - dichiara Andreotti al giornale lombardo - che, essendo infondate le accuse, non lasceranno che l'eventuale processo inizi o continui. Mi farebbero fuori. Non è una prospettiva allegra ma non mera vignerebbe». {r. i.] jH Anche un pentito di Lecce accusa il senatore Giulio Andreotti A lato, Francesco Cossiga e, sotto, Tommaso Buscetta