Cagliari ordine d'arresto
Cagliari, ordine d'arresto Cagliari, ordine d'arresto Resta in carcere il presidente Eni Il legale: disparità di trattamento MILANO. Linea dura dei magistrati di «Mani pulite» contro Gabriele Cagliari. L'ex presidente dell'Eni, in carcere dal 9 marzo, ha ricevuto un nuovo mandato di cattura. Il provvedimento, firmato dal giudice Ghitti, riguarda i fondi neri dell'Eni. Falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, le accuse. Per Cagliari rimane chiusa la porta della cella, anche se lunedì il Tribunale della Libertà decidesse di accogliere l'istanza presentata dal suo difensore contro il primo mandato. Commenta duro l'avvocato Vittorio D'Aiello: «Sfugge la logica di questo secondo provvedimento, visto che Cagliari, nei suoi interrogatori, si è assunto la piena responsabilità. Se ci sono chiarimenti ulteriori, li fornirà». Ma l'avvocato D'Aiello non si ferma qui e parla di disparità di trattamento. «Se sono vere le notizie riportate dall'Espresso secondo cui un alto esponente Fiat ha dichiarato che Cesare Romiti era al corrente del sistema vigente all'interno del gruppo sul finanziamento illecito alle forze politiche, l'anomalia è che Romiti sia stato sentito come testimone mentre altri, in forza di accu\> se analoghe, hanno subito la carcerazione preventiva. La consapevolezza di Romiti gli comportava l'obbligo giuridico di impedire gli eventi delittuosi poiché, come amministratore delegato, il finanziamento illecito comportava anche la falsità del bilancio della Fiat». Gabriele Cagliari era stato arrestato per ima tangente da 4 miliardi per la fornitura di turbine a gas per le centrali Enel. A pagare era stato il Nuovo Pignone di Firenze (azienda gruppo Eni). E con Cagliari, in manette, era finito pure Franco Ciatti, presidente dell'impresa toscana che a suon di mazzette, concordate con i vertici del gruppo, aveva vinto l'appalto miliardario. Uno ad uno sono finiti poi a San Vittore i vertici dell'Eni e delle aziende collegate, Agip, Snam, Saipem. Singole mazzette, anche a nove zeri, le accuse iniziali. Fino alle prime ammissioni sull'esistenza di fondi neri. «Ungeva» i partiti, de e psi in testa, il colosso petrolifero. Accuse dettagliate, confermate da altre dichiarazioni e riscontri. «Esistono da sempre i fondi neri Eni, il "sistema" l'ho ereditato, ma erano i manager a compiere tutto», confessa Cagliari. E un avviso piomba sulla testa di Franco Reviglio, predecessore di Cagliari alla guida dell'Eni e ministro delle Finanze. In carica e costretto alle dimissioni. Ma l'inchiesta va avanti anche su altri filoni. Ha già confessato, nella sua cella Rodolfo Salciccia, imprenditore, titolare della Cosfer, mazzette per avere appalti dalle Ferrovie dello Stato. Salciccia ha dichiarato di aver Versato, nell'86, insieme ad altre 15 imprese, centinaia di milioni al «sistema» dei partiti. Soldi finiti alla de, al psi ma anche al pei. E' durato oltre tre ore, infine, l'interrogatorio di Francesco Pa zienza, il «faccendiere», come è stato definito, vicino all'ex presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi, ai servizi segreti e alla loggia P2. Pazienza è stato interrogato, in veste di imputato, su uno dei tanti stralci ancora aperti del processo per il crack della Banca di Calvi. Si tratta dell'operazione di finanziamento che permise a Giuseppe Ciarrapico, per questo condannato a 5 anni e 6 mesi di carcere, di acquistare la Fiuggi acque minerali. Pazienza, già condannato a 14 anni e 8 mesi al processo Ambrosiano, ha respinto le accuse, dichiarando di essere solo stato un intermediario. Fabio Paletti
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