Tornano i catto-comunisti e vanno all'assalto della dc

LA SINISTRA CRISTIANA ALLA RISCOSSA Tornano i catto-comunisti e vanno all'assalto della de LA SINISTRA CRISTIANA ALLA RISCOSSA CROMA ONOSCENDOLI così austeri e composti, se si vuole perfino un po' pedanti, non gli farà nessunissimo piacere sentirsi dire che sono ritornati di moda. Di moda? Orrore. Allo stesso modo, con le opportune «forzature giornalistiche», non gradiranno affatto di essere raffigurati come cattocomunisti alla conquista della de. O, almeno, di quel che della de rischia di rimanere. «Catto-comunisti»: detto così, tra virgolette, per abitudine, per pigrizia, per capirsi. In ogni caso ieri faceva un po' impressione leggere sul Popolh una «lunga» - così, impietosamente, la presentava il quotidiano de - lettera di Adriano Ossicini, sei legislature nella Sinistra indipendente del Senato, al nuovo capogruppo de di Palazzo Madama, il senatore e professore Gabriele De Rosa. A colpire non era ovviamente la lunghezza, che anzi l'articolessa era solo un po' fluviale, quanto il momento, la sede come dire «ufficiale» e l'occasione per cui veniva resa pubblica. Dietro la forma di lettera personale c'era un appello, proprio nei giorni in cui la crisi de è più evidente, a considerare chiuso per sempre il ciclo degasperiano e a recuperare l'eredità di Sturzo trasferendola nel nuovo Partito Popolare promesso da Martinazzoli. Un appello, oltretutto, da parte di chi de non lo è mai stato. Ma ancora di più la lettera faceva il suo effetto se solo si poneva mente alle storie politiche dei due personaggi che si conobbero nel 1944, dopo la liberazione di Roma: «Io dirigente della sinistra cristiana - ha ricordato Ossicini mi incontrai con te dirigente di cristiani sociali». Ecco, da quel lontano incontro nacque anche, per confluenze, influenze ed esperienze varie, il Partito della Sinistra Cristiana, di cui sia De Rosa che Ossicini furono attivissimi dirigenti. E di cui oggi rimangono in pratica tra i superstiti. Va da sé che nella cultura politica italiana il psc, frutto appunto dell'unificazione tra il movimento dei cattolici comunisti (nato nel 1941, con giornale, «Pugno chiuso», armi, martiri e perfino un inno, Guerra alla guerra della borghesia) e un'ala dei cristiano-sociali guidata proprio da De Rosa (il leader, Gerardo Bruni, già collega di De Gasperi alla biblioteca Vaticana sarà poi eletto alla Costituente) si configura come il cuore del cuore, l'origine e la fonte di quello che poi fu chiamato, non amichevolmente, «catto-comunismo». Più che una dottrina definita, un'esperienza politica brevissima, poco più di un anno, dal settembre del 1944 al dicembre 1945, e dal punto di vista ecclesiale contrastata fino alla diffida formale, con terribile nota dell'Osservatore romano. E tuttavia fondamentale per il retaggio culturale e la statura dei personaggi che del psc fanno parte. Franco Rodano, per dire, l'inventore del compromesso storico. Il filosofo Felice Balbo o l'economista Giorgio Sebregondi, che fu anche uno dei primi studiosi moderni di scienze sociali. Aristocratici non solo dal punto di vista culturale, pensatori robusti, con una certa anche consapevole vocazione pedagogica, intellettuali appartati, ma al tempo stesso personaggi di cerniera, in collegamento con altri mondi, spesso insospettabili. E basti pensare al filo che attraverso Rodano collegava Togliatti con un banchiere laico come Mattioli e entrambi a Santa Romana Chiesa. Una rete di rapporti che dal 1945 in poi ha permesso a un ipotetico «cattocomunista medio» di trovarsi, quasi sempre a suo agio, in ogni luogo: in Chiesa, alla Rai, a casa di Manca, nel salotto di Guttuso con monsignor Angelini, dalle monache di via Piemonte che curavano l'ultimo Sturzo (sempre più critico con la de), «a studio» da Andreotti, alla Banca commerciale, con Moro ed Elia, in Inghilterra a discutere di Gramsci con Piero Sraffa, e ancora da don Giussani, a casa dei costruttori Marchmi, con certi sovietici a lambiccarsi sulle sorti di Paese Sera, all' Unità e adesso pure sul Popolo. Stratificazioni anagrafiche che nel ceppo originario comprendevano Tonino Tato, ombra di Berlinguer e si riproducevano per i rami. Idee, movimenti e personaggi omogenei e al tempo stesso diversi tra loro. Adorati da una squadra di storici amici che ne hanno seguito e descritto ogni bisbiglio e banalizzati da parecchi giornalisti, demoniz- zati da alcuni politici, Craxi ad esempio, (che però non li distingueva troppo dagli altri cattolici democratici, di sinistra e «dell'intesa» come Elia) e protetti da Andreotti, fin da quando sotto il fascismo il giovane Ossicini si trovava in galera e il coetaneo presidente dell'Azione cattolica si faceva in quattro per tirarlo fuori (amicizia ricambiata in più di un'occasione, ad esempio quando Ossicini si rifiutò di considerare le responsabilità andreottiane sul caso Sindona). Figure, comunque, sempre più sorprendenti di quel che si potrebbe pensare. Per quarant'anni se n'è parlato in relazione al pei (e poi anche al pds: il più stretto collaboratore di Occhetto, Massimo De Angelis, è un rodarli ano). Adesso, improvvisamente, ti ritrovi questi due vecchi amici belli e pronti dinanzi all'imminente big bang della de. E così, come se fosse la cosa più normale del mondo, eccoti Ossicini che ormai da postdemocristiano a post-democristiano invita a dimenticare De Gasperi («il suo ruolo storico si è definitivamente concluso»), rivendica l'affetto anche personale per Sturzo (da strappare ai federalisti, a Segni) e scrive: «Siamo di fronte a quelli che all'epoca della sinistra cristiana eravamo abituati a chiamare doveri ignoti ad altre età». E anche qui, in questo frasario iniziatico (nell'ambiente ci sono dispute su particelle, aggettivi, sostantivi: partito «dei» cattolici o «di» cattolici? «scrittori cattolici» o «cattolici scrittori»?), come nel richiamo al personaggio di Giuseppe De Luca, grande storico, straordinario sacerdote, amico di Papini, Bottai, Rodano, Togliatti, artefice dei primi contatti tra Santa Sede e Urss, un uomo che prima di morire Giovanni XXIII volle andare a trovare, ecco, anche in questa lettera aperta del vecchio Ossicini (che ha mollato il pds) al vecchio De Rosa (che ha sostituito Gava) si continua ad avere una prova di vitalità di questo strano mondo «catto-comunista», che in fondo era da tempo fuori dagli schemi e insieme li costruiva, gli schemi. Un cenno a Rodano e a Balbo, e poi Miglioli e Ferrari per il passato e Rosy Bindi per il presente. «La de, come una creatura che si è staccata dalle proprie radici, cade e si frantuma» osserva Giovanni Tassani, storico dei movimenti cattolici. La necessità di ritrovarle, quelle radici, e quindi di scavare nel profondo. «Meglio, comunque - aggiunge lo storico con un progetto». Filippo Ceccarelli Mtmm%m Lo storico Tassarli «La de cade perché ha perso le radici Bisogna ritrovarle» In prima pagina sul «Popolo» una lettera di Ossicini (sinistra indipendente) al compagno di gioventù De Rosa: m recuperiamo l'eredità di Sturzo A M v Wm A Qui sopra Gabriele De Rosa a destra Tato con Berlinguer Qui a sinistra Don Luigi Sturzo in ultimo sempre più crìtico con la democrazia cristiana e sopra Adriano Ossicini Don Giuseppe De Luca, storico straordinario sacerdote Qui a sinistra il cardinale Tardini •

Luoghi citati: Inghilterra, Qui, Rodano, Roma, Segni, Urss