La pasionaria toma all'ovile

Il psi ripresenta Borghini Martinazzoli contro gli autoconvocati: non siamo il Paese dei campanelli La pasionaria toma all'ovile Rosy Bindi: «Io sono de» TRIESTE DAL NOSTRO INVIATO «E adesso Rosy che fai, vai dagli autoconvocati di Roma?». Chiede, quasi scherzando, Mino Martinazzoli, alla «pasionaria» Rosy Bindi. «No - risponde l'altra, accettando la presa in giro - oggi pomeriggio vado a trovare mia madre». Beh, qualcosa il segretario della de l'ha ottenuta in questa trasferta friulana trascorsa tra un discorso congressuale, decine di telefonate a Roma per la crisi di governo e un orecchio agli «autoconvocati» di Roma: lei, la Bindi, è tornata definitivamente all'ovile, anzi a sentirla non se n'è mai allontanata, tanto che non ha problemi a dire «io sono de». Quanti grattacapi per il segretario. Questa visita fra Pordenone e Trieste, in una terra che gli è tradizionalmente amica, è quasi un riposo, anche se continuamente violato. L'umore glielo hanno rovinato i giornali che gli hanno rimproverato il comportamento assunto in questa crisi di governo, quella girandola di incontri e di nomi. «Gli industriali - reagisce Martinazzoli, appellandosi al buon senso - fanno i nomi, i manovali pure, e anche i gelatai. Ma i politici no, non possono ragionare tra loro: lo trovo un po' strano». Il resto lo fa la linea telefonica con Roma, sulla quale la crisi di governo non gli dà tregua. Chiama Giuliano Amato, si fa sentire Scalfaro e tra il Friuli e la capitale, naturalmente, si susseguono i ragionamenti sui nomi, sul da farsi. La candidatura Ciampi? Per la de il governatore sarebbe un ottimo vicepresidente per dare più forza ad un presidente più politico. Napolitano? Sarebbe troppo per il quartiere generale democristiano, un'ultima delegittimazione alla delegittimata de. Spadolini? C'è il Capo dello Stato che da quell'orecchio non ci sente. Amato? Si è rovinato con quel discorso alla Camera, «dobbiamo essere grati a Bobbio - è la sentenza del segreta rio de - che ha reagito a quest'idea di classificare questi 45 anni come un regime, come una dissimulata eredità del fascismo». E Prodi? Anche questo nome suscita le perplessità di Scalfaro? No, le cose non stanno affatto così, anzi per Martinazzoli sarebbe bello un governo Prodi, magari con vicepre sidente il pidiessino Barbera e con dentro esponenti del pds tipo Vin cenzo Visco. E poi, ancora, c'è Leopoldo Elia e il sogno, su cui nessuno scommette, di un'attenzione del pds sul nuovo governo. Sì, in questa crisi che corre, for se neanche il segretario de crede più tanto nella possibilità di coin volgere in qualche modo il pds. E, in ogni caso, Martinazzoli non può avere la testa solo lì. C'è un partito da tenere in vita. A Roma dopo Modena, si sono fatti rivede re gli autoconvocati e per il segre tario è quasi un obbligo richiamare tutti alla calma. «Quelli che fanno più in fretta nel rinnovamento - sostiene - debbono atten dere i più lenti. Altrimenti il parti to si rompe». E per essere ancor più convincente Martinazzoli non risparmia qualche parola dura su questa storia degli autoconvocati «Mi sembra - dice - che stiamo diventando il Paese dei campanelli. Quando mi sento dire da quel consigliere di Belluno, che si è autoconvocato, che o sto con lui o lascia la de, allora mi sento di dirgli che se ne può pure andare». Una vicenda paradossale, che per il segretario della de fa il paio con il discorso che gli ha fatto l'altro ieri un altro de calabrese: «Mi ha chiesto prudenza nel cambio - racconta - dicendomi che bisogna avvalersi degli uomini d'esperienza. Poi quando ho saputo che da 43 anni faceva il sindaco sono rimasto di sasso». Ah, questa de, croce e delizia di Martinazzoli. Il segretario ripete che è «sfigurata», ma non manca di rivendicarne le idee del passato. «Quelle - non si stanca di dire non sono neanche adesso sbagliate, o superate, sono stati i mezzi, gli styunenti che qualcuno ha usato a deturpare la de». Lui è convinto che la de deve continuare ad essere un partito di «centro», come voleva Sturzo, («Perché non sta scritto da nessuna parte che deve esserci un polo progressista ed uno moderato e nel mezzo il deserto»). No, Martinazzoli può cambiare il presente, ma non può dimenticare quel passato. Il pranzo con lui è tutta una lunga serie di «aneddoti», belli e brutti dei suoi anni nella de. Una carrellata inesauribile di ricordi. E di personaggi. «Mi ricordo - si diverte Martinazzoli -, l'ultima sfilata del 2 giugno da ministro della Difesa: Cossiga in piedi sulla Flaminia vecchia decappottabile del Presidente della Repubblica e io e il segretario generale Berlinguer, seduti accanto a lui, a sostenerlo sulle gam¬ be, visto che quell'automobile, ormai senza frizione, procedeva a sbalzi». E ancora: «Nessuno sa scherza - che nelle dimissioni dei ministri della sinistra de dal governo per il decreto Berlusconi, fu determinante il fatto che io non volevo, per la mia paura di volare, partecipare ad una rassegna di truppe in elicottero a cui mi aveva obbligato Cossiga, fissata per la settimana successiva. Mi ricordo ancora la scena: Andreotti che si spazientisce per le nostre rimostranze; io che scrivo la lettera di dimissioni, la metto in una busta mentre Misasi boffonchia: "Mica le daremo davvero...". E poi Mattarella che mi consiglia di farne una fotocopia, altrimenti, mi dice, "Andreotti se la mangia"». E poi l'ammirazione per il «vecchio Pie cioni». «Intelligentissimo. Ricordo ancora la scena di lui seduto con il capo poggiato su una mano sul banco del governo, preso di mira da un senatore comunista che lo rimprovera: "Qui il governo dorme". E lui, che senza alzare la testa, risponde: "Il governo cerca di dormire perché qualcuno lo disturba"». Ma Martin a zzoli è il pruno a sapere che quel passato non tornerà e che la de per avere un futuro deve assolutamente diventare un'ala tra cosa. «So che è difficile - ammette -. So che per cambiare i vecchi, potremmo perdere qualcosa soprattutto al Sud. E che gli inquisiti che non presenteremo nelle liste elettorali forse si presenteranno in qualche altra cosa, magari con la formazione che ha in mente Pannella, io la chiamo "conto protezione". Ma per salvare la de bisogna andare avanti». E allora avanti con il rinnovamento. Parla di Bassetti candidato della de per il Comune di Milano e intanto, se i socialisti rinunceranno a Borghini, accarezza la possibilità di fare una Usta, dei due partiti, capeggiata dall'attuale direttore del Sole 24 Ore, Gianni Locatela. E se l'opera sarà vana? Se gli impediranno di rigenerare la de? «Tutti sanno che non mi interessa restare a tutti i costi, farò qualche' altra cosa: una volta avevo una passione in comune con il povero senatore Adolfo Sarti, mi piaceva curiosare nei cimiteri per leggere gli epitaffi strani sulle lapidi. Ne ricordo una di un vecchio sindaco de, diceva tra l'altro: "... Il 14 luglio del '69, essendo lui sindaco, due uomini cascarono sulla luna". Augusto Minzoiini Le idee del segretario per Palazzo Chigi Prodi al governo con Barbera (pds) vice Ciampi? Potrebbe essere un ottimo numero 2 Qui accanto Rosy Bindi che ha disertato l'incontro . «autoconvocato» di Roma Sotto: Mino Martinazzoli Romano Prodi