Napoli-tangenti pds nella bufera

Arrestati 6 medici: per avere un posto-letto le partorienti dovevano pagare Napoli-tangenti, pds nella bufera E nuova bordata di accuse per Altissimo e Pomicino NAPOLI. Ancora arresti, ancora avvisi di garanzia e richieste di autorizzazione a procedere per i politici coinvolti nelle inchieste su Tangentopoli. Nel mirino dei giudici sono finiti ancora una volta il pli, la de, il psi e il pds. E' nei guai il segretario liberale Renato Altissimo, per il quale la procura della repubblica ha chiesto al Parlamento l'autorizzazione a indagare, ipotizzando il reato di corruzione continuata: l'inchiesta riguarda presunti finanziamenti e collegamenti fra esponenti del pli, camorristi e imprenditori per il controllo delle discariche nella provincia di Napoli. Stessa sorte è stata riservata a Paolo Cirino Pomicino, sospettato di concussione: i giudici vogliono indagare sul ruolo che l'ex ministro del Bilancio ha avuto nella ricostruzione dopo il terremoto dell'80. Novità anche nelle indagini sull'intreccio fra malavita e politica: il de Alfredo Vito avrebbe parlato nei giorni scorsi con i magistrati che indagano sui presunti rapporti intercorsi fra Gava, Pomicino, lo stesso Vito e altri parlamentari con il boss Carmine Alfieri. Il deputato avrebbe confermato un incontro avvenuto anni fa con Pasquale Galasso, il luogotenente di Alfieri che, con le sue confessioni, ha provocato un terremoto nella de. Vito, però, smentisce: «Non ho incontrato i giudici, né prevedo di farlo». Ma ieri il conto più salato da pagare alla giustizia è toccato al pds. Il terremoto per il partito a Napoli è cominciato di buon mattino, quando i carabinieri hanno bussato alla porta di tre persone, per arrestarle. Sono finiti in carcere Pasquale Mangiapia, ex assessore nelle giunte di sinistra che hanno governato Napoli fino all'83, e Renato Di Meo, ex consigliere circoscrizionale. Il terzo, il consigliere comunale Marino Demata, è latitante. Nelle stesse ore i militari hanno notificato due avvisi di garanzia: il primo porta il nome del deputato Berardo Impegno, ex segretario provinciale del pds e, alla fine degli Anni Ot- tanta, capogruppo del pei al Comune; il secondo lo ha ricevuto il socialista Giulio Di Donato, che fino ad oggi ha collezionato ben sette «avvisi». Arrestati e indiziati sono tutti coinvolti nello scandalo dei rifiuti d'oro: secondo l'accusa, avrebbero incassato mezzo miliardo. Sconvolta dall'improvviso terremoto provocato dai giudici di «Mani pulite» ai piedi del Vesuvio, la federazione del pds ha reagito con estrema durezza. Il deputato Antonio Bassolino, inviato da Achille Occhetto per mettere ordine nel partito a Napoli, parla di «fenomeni di vera e propria degenerazione del costume politico e personale», e di «piena fiducia nell'operato della magistratura». Bassolino, inoltre, preannuncia provvedimenti gravi: «Per quanto mi riguarda - dice - Marino De Mata è sin da ora fuori dal partito. Inoltre ho chiesto al capogruppo alla Camera D'Alema e al segretario del pds di valutare la posizione di Berardo Impegno». La pattuglia dei pidiessini coinvolti in una delle tante inchieste sulle tangenti a Napoli deve rispondere di corruzione e abuso d'ufficio. Di Donato, invece, è sospettato di concussione. I fatti risalgono all'88, anno in cui i partiti cominciarono a discutere del mega-progetto di privatizzazione del servizio della nettezza urbana: un appalto da 370 miliardi, da dividere in dieci lotti. I giudici sostengono che a pagare la tangente da mezzo miliardo fu l'imprenditore Nicola D'Abundo, buon amico di Di Donato, che in cambio ottenne l'inserimento della sua ditta in uno dei consorzi che si erano aggiudicato l'appalto. Il gruppetto dei pidiessini, guidato da Impegno, avrebbe «incassato il danaro senza che ne fossero informati gli organi del partito». Lo stesso D'Abundo, infine, sponsorizzato da Berardo Impegno che a sua volta avrebbe agito per conto di Di Donato, si sarebbe fatto consegnare dalle imprese consociate 200 milioni per acquistare quote del «Giorna le di Napoli». If. mil.]

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