Referendum raffica finale contro Eltsin di Cesare Martinetti

10 Sotto inchiesta due fedelissimi del Presidente che ammette: al vertice ci sono traffici illegali Referendum, raffica finale contro Eltsin S'indaga sui corrotti, accuse di golpe MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'insidia di una tangentopoli russa si apre davanti a Eltsin a due giorni dal referendum. La procura ha aperto un'inchiesta sulle corruzioni denunciate dal vicepresidente Rutzkoi la settimana scorsa al Soviet Supremo: sotto accusa due fedelissimi del Presidente, il ministro della Difesa Graciov per abusò di potere e traffici non limpidi nel ritiro della truppe della Germania, e il «suggeritore» politico presidenziale Burbulis per la leggendaria esportazione del fantomatico «mercurio rosso» che avrebbe coperto svendite illegali di minerali pregiati. Colpi di scena a ripetizione in una giornata aperta dall'annuncio del Soviet Supremo secondo cui tutto sarebbe pronto per il golpe perché Eltsin ha saputo dai servizi informativi che prenderà al massimo il 32-40 per cento dei voti. Dal ministero della Sicurezza il colonnello Alexeij Kondaurov poco dopo smentisce via Tass: «Non abbiamo avuto nessun ordine di regime speciale nei giorni del referendum». Il Presidente intanto era a Izhevsk, capitale dell'Udmurtia, terra di industria bellica, dove ha ammesso: «la corruzione c'è, anche agli alti liveli del potere. Saranno necessarie misure dure e severe, ma senza usare i fucili mitragliatori, come dicono alcuni per seminare panico». Ma intanto il Fronte di Salvezza (nazionalisti e comunisti) insieme al «duce» Zhirinovskij annuncia la costituzione di gruppi di «difesa costituzionale» non escludendo l'uso della forza. Questo è il clima nell'embrione democratico russo che si prepara a dare o no il suo voto di fi- ducia al Presidente acclamato trionfatore appena un anno e mezzo fa sulle barricate del golpe di agosto e già arrivato al bivio della stanchezza e della crisi. Domenica 104 milioni di russi sono chiamati al voto. Ma le previsioni dicono che andranno ai seggi il 55-60 per cento. Se non fosse per il dollaro che ha toccato un nuovo record (795 rubli al cambio ufficiale; 820 a quello nero) segnalando che la frana svalutativa continua, tutto sembra normale. La tensione pre-elettorale si legge sui giornali, nelle dichiarazioni contrapposte dei leader politici. Non certo per le vie di Mosca dove non appare alcun segno dell'imminente elezione. Solo qualche striscione nella vie centrali messo dal comune in appoggio al Presidente: «Referendum: da». Cioè sì a Boris Nikolaevic. Però il ministero dell'Interno ha fatto sapere che domenica ci sarà una mobilitazione straordinaria per prevenire provocazioni e turbative: solo a Mosca ver¬ ranno schierati 10 mila miliziani. Dalle province arrivano segnalazioni di possibili imbrogli. A Vladivostok sono state trovate centinaia di schede in bianco. La procura indaga. Nella regione di Stavropol invece sono alle prese con un problema molto «sovietico»; mancano le penne a sfera con cui per legge si dovrà scrivere sulla scheda. La campagna elettorale, la prima dopo la caduta del comunismo e lo scioglimento dell'Urss, non risparmia colpi: Eltsin e i suoi uomini evocano lo spettro del ritorno del comunismo; i suoi avversari dicono che la dittatura presidenziale è vicina. Tra i due fronti si spara, a parole. Eltsin: «Il mondo tremerà se perdo il referendum su cui posa il destino della Russia». Khasbulatov, presidente del Soviet Supremo, grande avversario di Boris: «Il popolo deve capire che il pericolo della dittatura esiste». Egor Gajdar, ex premier eltsiniano: «Il 25 aprile dovremo rispon- dere a una semplice questione: se ci troveremo o no di fronte a un plotone di escuzione». Andreij Kozyrev, ministro degli Esteri: «L'alternativa a Eltsin sarà il caos, la dittatura e la Jugoslavia a confronto della Russia sembrerà un giardino d'infanzia». Viaceslav Kostikov, portavoce di Eltsin: «Se il Presidente non vince il referendum, potrebbero esserci severe restrizioni nella libertà di emigrazione degli ebrei». Aleksandr Rutzkoi vicepresidente all'opposizione del Cremlino: «Il Presidente e il governo sono controllati dai gruppi criminali». Sergheij Shakrai, vice primo ministro, uno dei bracci destri di Eltsin: «Nessun stato d'emergenza cadrà sulla testa dei russi, né il 26 aprile, né in altre notti». E Gorbaciov? Ha detto che non voterà: «Il referendum è solo una perdita di tempo. Invece c'è bisogno di elezioni anticipate, senza perdere una sola ora». Cesare Martinetti Bambine scherzano attorno alla statua di Lenin nel 123° anniversario [foto epa]

Luoghi citati: Germania, Jugoslavia, Mosca, Russia, Urss, Vladivostok