Andò Rete e Criminalpol è polemica sui pentiti

Andò, Rete e Criminalpol è polemica sui pentiti I SOSPETTI DI COMPLOTTO Andò, Rete e Criminalpol è polemica sui pentiti IROMA L ministro Andò tira in ballo il capo della Criminalpol, e questi reagisce con una secca smentita. La polemica si apre nel primo pomeriggio, con una nota della Rete che chiede l'intervento del Viminale per «la gravità delle affermazioni» di Andò. Il ministro aveva sostenuto che il direttore centrale della polizia criminale, il prefetto Luigi Rossi, gli aveva detto che «i pentiti sono manovrati», rivelandogli anche il contenuto delle testimonianze di alcuni pentiti. «Queste testimonianze - dice la Rete sono coperte da segreto istruttorio». Poco dopo la replica di Rossi. Secca: «Preciso di non aver rivelato al ministro della Difesa contenuti di dichiarazioni di pentiti, trattandosi di atti di esclusiva pertinenza della magistratura». Da Catania, intanto, è partita la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Andò, accusato di voto di scambio con la mafia dai giudici della procura di Catania. Dal Palazzo di Giustizia trapelano poche indiscrezioni sulle esatte motivazioni che hanno spinto i magistrati della direzione antimafia a mettere sotto inchiesta il politico siciliano. Alle dichiarazioni del pentito Claudio Severino Samperi, che ha raccontato di un ordine della mafia di Nitto Santapaola a far votare Andò nell'83 e nell'87, si sono aggiunte quelle di altri due collaboratori: Carmelo Grancagnolo e Giuseppe Licciardello. Grancagnolo è cognato di Samperi. I tre avrebbero fornito ai giudici versioni che coincidono e che hanno spinto la procura a iscrivere, tre settimane fa, il nome del ministro nel registro degli indagati. Uomini vicini ad Andò, quando questi era ancora un semplice deputato del psi e consigliere comunale a Catania, secondo l'accusa si sarebbero incontrati con esponenti del clan di Santapaola per concordare una strategia per le elezioni. I magistrati catanesi ne avrebbero le prove, cercate e trovate dopo i racconti dei pentiti, definiti «molto attendibili». Ieri si è appreso che l'ordine di votare Andò sarebbe arrivato per primo nel malfamato quartiere di San Cristoforo, regno di clan mafiosi, dove fu eseguito in mas¬ sa. Sembra perfino che un analogo invito sia stato imposto all'interno del carcere catanese di piazza Lanza. Ma per questa circostanza i magistrati non avrebbero trovato sufficienti riscontri, tanto da non averla voluta inserire fra le motivazioni per la richiesta di autorizzazione a procedere. I pentiti avrebbero anche spiegato perché Andò è finito nel mirino della mafia: «Non dava garanzie perché non voleva più fare favori e ogni richiesta restava ferma». Dopo l'indignata autodifesa del ministro, che parla di «sofisticata mascalzonata» nei suoi confronti con il sospetto che ad orchestrarla sia stata la «Rete», il principale «indiziato» della manovra, il deputato regionale Enzo Guarnera, respinge ogni accusa: «Non conoscevo nemmeno il contenuto di quelle dichiarazioni, perché non ho assistito a quegli interrogatori». Guarnera, esponente del movimento di Orlando, è il difensore dei tre pentiti che accusano Andò e di altri quindici, in pratica quasi tutti i collaboratori della giustizia di Catania, Gela e Messina: «Per quanto mi riguarda, l'attività politica e quella professionale sono due cose ben distinte. Chi cerca di metterle in relazione, è in malafede». E aggiunge: «Sarebbe molto più semplice difendere i mafiosi, anche perché i pentiti non li vuol difendere nessuno. Io ho fatto una scelta professionale e di vita, che mi costa anche dal punto di vista economico. Ma nulla a che vedere con la mia attività di parlamentare regionale, anche se non ho difficoltà a riconoscere che la Rete è sempre stata molto critica nei confronti della vecchia classe politica siciliana, della quale Andò è esponente». A Catania la tensione resta molto alta. Una telefonata anonima alla sede locale dell'Ansa, da parte di un presunto esponente di «Falange armata», ha messo in allarme le forze dell'ordine. Nel messaggio, «avvertimenti» per Mancino e Spadolini, per il capo della polizia Parisi e per l'onorevole Martelli. E ieri mattina, un'altra telefonata anonima ha segnalato la presenza di una bomba, non trovata, negli uffici della pretura. [f. a.] Secca smentita del prefetto Rossi «Non ho mai detto al ministro che sono manovrati Non gli ho neppure parlato degli interrogatori» ministro della Difesa Salvo Andò

Luoghi citati: Catania, Gela, Messina, San Cristoforo