Caro Amato quelle parole sono un'offesa alla storia di Pierluigi Battista

IT20-0 E REPUBBLICA Caro Amato, quelle parole sono un'offesa alla storia I offende, offende me e la democrazia quell'autentico strafalcione storico enunciato da Amato». Luciano Lama è offeso davvero. Quell'accenno di Amato al «partito-Stato introdotto in Italia dal fascismo e che la Repubblica ha finito per ereditare» è un rospo che il vice-presidente del Senato non riesce ad ingoiare. E che lo induce a tirar fuori gli artigli contro quel «passaggio stupefacente» del discorso pronunciato alla Camera. Senatore Lama, come giudica la tesi avanzata da Amato? «Come un falso storico, un teorema bislacco che mi indigna perché disegna 70 anni di storia italiana come se fossero un blocco di granito, senza l'ombra di una distinzione tra i 20 anni del fascismo e i 50 della Repubblica. Amato tiene lezioni di diritto costituzionale: mi preoccupo per i suoi allievi. Mi preoccupo anche per lui, quando gli toccherà confessare agli studenti di aver rappresentato con il suo governo l'epilogo di una tragica vicenda settantennale di oppressione e illibertà. Ho davvero l'impressione che quelle parole sciagurate non siano farina del suo sacco». E da chi sarebbe stato imbeccato Amato? «Questo non lo so dire con certezza. So soltanto che Giuliano 10 conosco bene e ricordo come un periodo di appassionante collaborazione gli anni in cui Amato era presidente dell'Ires, 11 centro studi della Cgil di cui al tempo, primi Anni Ottanta, era direttore Bruno Trentin. Quel sodalizio si sciolse quando Giuliano se ne andò a studiare in America per poi tornare in Italia a lavorare al fianco di Craxi. Ma posso affermare con certezza che l'idea strampalata enunciata alla Camera non appartiene alla cultura del Giuliano Amato con cui ho lavorato». Perché tanta indignazione? In fondo Amato ha detto che ereditando il partito-Stato fascista, la Repubblica democratica ha trasformato «il singolare in plurale». «Peggio, vuol dire che ha detto una cosa che urta con il buon senso. Quello fascista era un partito unico e chi osava ribellarsi al suo monopolio finiva davanti al Tribunale Speciale. Era talmente "singolare", l'onnipotente partito fascista, che per liberarcene abbiamo dovuto prendere il mitra. Oggi si può dire tutto .il male possibile dei partiti "plurali": che si sono trasformati in un'oligarchia, che sono penetrati con invadenza e arroganza nella società, che hanno stracciato senza misericordia ogni velo che separa il partito e le istituzioni. Insomma si può rovesciare tutto il disprezzo sui partiti per quello che hanno fatto nell'ultimo, maledetto decennio. Ma insomma, nel ventennio la magistratura non poteva muoversi, imprigionata, quella sì, nelle spire del partito-Stato. Oggi invece la magistratura ha scoperchiato Tangentopoli. E chi vuole cambiare i partiti non ha avuto bisogno di impugnare il mitra: gli è bastato votare il 18 aprile». Senatore Lama, davvero lei crede che mettendo le loro mani ben prima del «decennio maledetto» su banche, enti pubblici, Usi, informazione, eccetera, i partiti, tutti i partiti, non abbiano stabilito una perversa simbiosi con lo Stato? «Certo che lo credo. I partiti, tutti i partiti (un pochettino di più quelli di governo, consentitemelo), sono entrati dove non dovevano entrare, hanno invaso territori che non dovevano violare. Malgrado ciò, non ha nessun senso minimizzare o addirittura cancellare il cambiamento radicale che l'Italia ha vissuto tra il '43 e il '48 con la Resistenza prima e poi con i partiti, sì i partiti, che hanno costruito la democrazia». Strano che a lei, ex segretario della Cgil, non abbia fatto impressione l'allusione di Amato al sindacato. «Sarebbe a dire?» Ha parlato di «assonanze profonde» tra la crisi del partito-Stato e quella del sindacato. «Non ha parlato di "sindacatoStato", voglio sperare». Non proprio. Ma lei è così sicuro che i sindacati non abbiano partecipato alla spartizione dello Stato occupando i consigli d'amministrazione dell Inps e dell'Inail, dell'Inpdai e dell'Enpam e via siglando? Bertinotti l'ha definita la trasformazione del sindacato in ente parastatale. «E mi sembra una grande sciocchezza. Se si dice che i sindacati soffrono oramai di una crisi che non è minore di quella dei partiti, sono d'accordo. E sono pure pronto ad ammettere che anche i sindacati dovrebbero tenersi alla larga dai consigli d'amministrazione degli enti previdenziali (dove però siedono anche i sindacati padronali, e nessuno dice niente) occupandosi di controllo e non di gestione. Tutto vero. A patto che si ricordi che anche in Germania il sindacato amministra addirittura le banche e le assicurazioni sociali senza che nessuno osi sostenere l'enormità di un fantomatico sindacato-Stato». Senatore Lama, libera la democrazia italiana lo è stata certamente. Ma ammetterà che abbia sofferto un po' troppo della malattia consociativa. «Il consociativismo c'è stato, eccome se c'è stato. Qualche volta ha avuto persino un contenuto nobile». Cioè? «Quando c'è una guerra, che deve fare l'opposizione patriottica? Io rispondo così: collaborare. C'è stato un periodo, gli anni del terrorismo, in cui l'Italia ha dovuto subire una sfida che assomigliava a una guerra e l'opposizione ha giustamente collaborato perché erano in discussione valori essenziali della democrazia. Anche il sindacato si schierò senza esitazioni e non dimentico la collaborazione con lo Stato e con il ministro dell'Interno Cossiga per scambiarci reciprocamente informazioni che ci erano state segnalate dalle fabbriche. Dovevamo agire così: se il terrorismo fosse passato tra gli operai la storia d'Italia avrebbe preso una strada rovinosa. Quello era un "consociativismo" nobile. Poi c'è l'altro, più pedestre». Gli accordi sottobanco tra maggioranza e opposizione? «Intendo tutte le conseguenze del "muro" interno, quella tacita convenzione per cui la maggioranza doveva essere sempre quella e l'opposizione pure. Tutto questo ha viziato anche l'opposizione, inducendola a lucrare sulle circostanze e convincendola che in fondo restare all'opposizione non era poi così malaccio e che dunque bisognava prendere voti non per andare al governo, ma per scavare una nicchia più grande all'opposizione. Alla fine si è stabilito un riconoscimento reciproco, con la maggioranza che è arrivata a dire che bene o male bisognava pur concedere qualcosa a quella benedetta opposizione. Ecco il male consociativo. Ora per fortuna è finito anche quello e la sinistra può convincersi senza riserve mentali che al governo si possono fare cose anche migliori». Pierluigi Battista Gli oppositori al regime erano in galera «Oggi non c'è dittatura m Questi partiti hanno fatto la democrazia»

Persone citate: Bertinotti, Bruno Trentin, Cossiga, Craxi, Giuliano Amato, Luciano Lama

Luoghi citati: America, Germania, Italia