I sindacati: un passo avanti di E. Bac

I sindacati: un passo avanti I sindacati: un passo avanti Gli assicuratori: no, solo svantaggi Il sindacato è moderatamente soddisfatto del decreto legislativo. Parla Maurizio Agazzi della Fim-Cisl nazionale, esperto in materia previdenziale: «Il decreto dell'8 aprile è importante perché finalmente consente di partire con i fondi pensione. Certamente alcune questioni andranno poi viste nell'applicazione del provvedimento. E' tuttavia positivo il fatto che l'Italia si sia adeguata con altri Paesi che i fondi pensione li hanno già. La liquidazione? Non ci sarà più il capitale intero a fine rapporto di lavoro, ma avere alla fine una pensione realmente rivalutata può essere più vantaggioso». Un'esperienza dei fondi pensione è stata tentata proprio da un sindacato, dalla Firn di Torino che nell'87 ha dato vita a Previ-Fim circoscrivendo l'esperienza ai dipendenti del sindacato. L'iniziativa, in collaborazione con la Banca nazionale del lavoro, finora ha dato esiti positivi. Ma se il sindacato sembra guardare con occhio se non benevolo, almeno tollerante al decreto dell'8 aprile, di diverso tenore è il parere delle assicurazioni. Spiega Gianfranco Cremon, dirigente di un gruppo assicurativo torinese: «Vedo una grande confusione e poi non riesco a capire quale possa essere il vantaggio per il lavoratore. Con le nostre polizze, individuali o collettive che siano, il lavoratore alla scadenza contrattuale, che può anche essere di soli dieci o quindici anni, ha la possibilità di optare fra il ritiro del capitale investito o la sua trasformazione in rendita vitalizia. Coi fondi pensione, dopo una vita di lavoro, può ritirare al massimo il 50 per cento del capitale investito oltre alla pensione. L'impressione è che da questo provvedimento ci guadagni solo lo Stato. Ci perdono le aziende con la destinazione del 50 per cento della liquidazione sul fondo, ci perdono i lavoratori che investono soldi tassati». Ma le polizze di assicurazione potranno coesistere con i fondi pensione? «Certamente, sono due investimenti completamente diversi in teoria e in pratica». Sul fatto che parecchi soggetti possano gestire i fondi, Cremon è scetti¬ co: «Le assicurazioni hanno tabelle in grado di prevedere ad esempio che nel 2015 la donna vivrà fino a 85 anni, l'uomo fino a 79. Non mi risulta che sindacati, società di intermediazione finanziaria o società di fondi di investimento pratichino la matematica attuariale che consente di elaborare tabelle in maniera così attendibile». Ci possono essere rischi per i capitali investiti? «Bisognerà vedere come vengono organizzati i fondi e da chi vengono gestiti. Ci sono state alcune esperienze negative all'estero. Non dimentichiamo che i soldi dei lavoratori possono anche essere investiti in Borsa». Negli Stati Uniti, per fare un esempio, più di 3 mila miliardi di dollari amministrati per conto di 50 milioni di lavoratori sono investiti, per oltre la metà, in azioni. Ma in America succede anche che alcuni lavoratori vedano i loro risparmi andare in fumo perché investiti in azioni poco sicure. In Italia, assicurano le società di gestione di fondi comuni, i soldi verranno investiti solo nelle «blue chip», cioè nei titoli forti. [e. bac]

Persone citate: Cremon, Gianfranco Cremon, Maurizio Agazzi

Luoghi citati: America, Italia, Stati Uniti, Torino