Dalla «Gang» canzoni contro i boss di Gabriele Ferraris
Palla «Gang» canzoni contro i boss LA DENUNCIA IN MUSICA Palla «Gang» canzoni contro i boss 7/ gruppo rock indica i mandanti di omicidi eccellenti MILANO. I Gang raccontano la mafia. Ma non con la solita canzone sulla mafia. Ne abbiamo ascoltate tante, vanno di moda, con parole di rapper arrabbiati e pure di cantantini di successo, quelli che fino a ieri s'ingrassavano con le rime cuore-amore. I Gang hanno scritto una canzone diversa. Sono una band politicizzata, li definiscono «i Clash italiani», e sono un piccolo rockcult: adesso pubblicano un album che s'intitola «Storie d'Italia». La musica è già sentita - immaginate un Dylan rockeggiante tradotto da De André - ma le storie, le canzoni, sono dure e assai esplicite. Una in particolare fa rizzare i capelli: è «Duecento giorni a Palermo», racconta dell'assassinio di Pio La Torre. Lo racconta come una volta raccontavano i cantastorie. Fa ipotesi, indica sospetti, mandanti, moventi. «La Storia comincia, sissignore quando Sindona va dai potenti / per togliere il sangue dal denaro: e da quel giorno iniziano i delitti eccellenti / Guerra di ap- palli e di tangenti tra Corleonesi e Bontade i moderati / i sicari sono al lavoro, cadono politici poliziotti e magistrati». E subito arrivano i nomi: «Nel regno di Lima e Ciancimino, garofani e scudo crociato / fanno fortuna i quattro cavalieri, Rendo Graci Costanzo e Finocchiaro/ C'è anche chi è sempre d'accordo tra i funzionari di partito / Russo e Sanfilippo sono i nomi, Cooperative rosse a Bagheria c'è chi ha capito». «Per ricostruire i duecento giorni di Pio La Torre a Palermo ci siamo serviti degli articoli di Michele Gambino pubblicati dalla rivista Avvenimenti dicono Sandro e Marino Severini, i fratelli marchigiani leader dei Gang -. La Torre era tornato in Sicilia dopo una lunga militanza a Botteghe Oscure con due obiettivi: combattere la mafia rilanciando la lotta fra la gente e liberare il pei e la sinistra da accordi compromettenti con la de di Lima e Ciancimino. Ma a Palermo, nel partito, trovò pochi amici, molti spettatori e alcuni nemici come Russo e Sanfilippo». Una canzone arriva anche a chi, di solito, non legge riviste, settimanali, inchieste giornalistiche: i Gang ritrovano l'idea della canzone-documento che in altri tempi fu del Cantacronache e del Nuovo Canzoniere Italiano. Con la differenza che i Gang sono un gruppo noto, fanno concerti affollati, i loro dischi passano in radio e in tv. E nel disco i Gang propongono una spiegazione del «caso La Torre»: «La base militare americana a Comiso si sta per fare / ma indaga Pio La Torre e scopre che si tratta di un altro brutto affare / Quello che adesso ho raccontato è solo una supposizione / ma segui il corso del denaro, troverai presto la soluzione». Anche nelle altre canzoni i Gang non s'accontentano di generici ribellismi: in «Via Italia» («In un primo momento l'avevamo intitolata "via Fani", ma abbiamo voluto allargare la visuale su tanti anni di stragi di Stato e di misteri») cantano: «In via Italia c'è un vicolo scuro, porta al ponte dei frati Neri... Bruto ha versato del vino, ora brinda con Giulio e Francesco; c'è chi bussa alla porta, chi è? E' arrivato Caino». E spiegano così «Il partito trasversale»: «E' ima canzone di Massimo Bubola, abbiamo pensato che fosse il modo giusto per salutare, o meglio festeggiare, la fine del regno di Craxi: con una grande risata». Ovvero, un bye bye Bettino fatto di macchiette ben note alle cronache, politiche e giudiziarie: «Billy era immodesto e un poco maldestro / ma a un cognato non si può negare un ufficio una stanza ima poltrona una pietanza / e così venne fatto borgomastro... Mentre Dodo cresceva tra spinelli e mascherate / era sempre pure il figlio del gran capo... Johnny il ricciolo era un duro, proprio un doge di provincia / dopo mezzanotte stava sempre in pista / nominò ambasciatori fece il grande Carnevale». Gabriele Ferraris A sinistra il finanziere Michele Sindona e qui a fianco il deputato del pei Pio La Torre
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