Avviso a Martelli carcere al segretario

Sergio Restelli avrebbe fornito gli estremi del conto svizzero. L'ex ministro nega tutto Sergio Restelli avrebbe fornito gli estremi del conto svizzero. L'ex ministro nega tutto Avviso a Martelli, carcere al segretario L'accusa: tangente da 400 milioni per appalti Enel MILANO. E tre. Arriva ancora da Milano la bufera per Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia, ex psi. Replica secco all'avviso in busta gialla: «Nego nel modo più netto qualsiasi coinvolgimento». E a San Vittore finisce il suo segretario particolare, Sergio Restelli, ex leader del «Movimento Studentesco» a Milano, fulminato nel '76 sulla via del Midas e del giovane Martelli, e ora nei guai per una mazzetta elettrica. Corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, le accuse dei giudici di «Mani pulite». Appalti per la centrale Enel di Brindisi, il filone, Quattrocento milioni, in due tronche, la tangente. Metà in contanti, e metà finiti su un conto svizzero aperto alla Pictet di Ginevra, la stessa banca finita nello scandalo Eni-Petronim. A pagare, e a raccontare tutto ai magistrati, Paolo Scaroni, amministratore delegato della Techint, arrestato per la seconda volta due giorni fa. Notte a San Vittore, faccia a faccia con il giudice, verbale. E via il nuovo mandato di cattura e la «busta gialla» per l'ex ministro. Risponde a muso duro Claudio Martelli, primo avviso per il conto Protezione, secondo avviso per i titoli rubati e finiti in Svizzera, terzo avviso per Tangentopoli. Dice Martelli: «Sono più che certo che ogni indagine non potrà che confermare la mia assoluta estraneità». E aggiunge: «Mentre si sgonfia la montatura del caso Kolbrunner, eccomi raggiunto da un nuovo avviso di garanzia per quel che mi riguarda altrettanto ingiusto ed infondato». Precisa Martelli: «Nonostante i ricorrenti tentativi di attribuirmene qualcuno non ho e non ho mai avuto conti in Svizzera, né miei né di mia disponibilità». Nega l'ex ministro, e afferma di non conoscere i protagonisti di questa storia di tangente: «Non conosco il signor Scaroni, né il signor Arlati, non ho mai trattato affari di alcun genere con il signor Bitetto, non so assolutamente nulla di questa storia, né Sergio Restelli me ne ha mai parlato». Parlerà, adesso Sergio Restelli? Che dirà ai magistrati, dalla sua cella tre per quattro, questo quarantasettenne in «politica» da quando aveva venti anni? Università, «Movimento stu¬ dentesco», servizio d'ordine, e poi regista di documentari, trasferta a Roma. Nuova vita e nuova «carriera», accanto a Martelli. Alto, ben piantato, abbronzato, sigaretta (meglio le aromatiche) sempre in mano. Sorrisi dall'uomo ombra dell'ex «delfino», diventato ministro e poi ex tutto, dal partito al dicastero, travolto da Tangentopoli. Sette ore era stato Martelli davanti ai giudici di Milano dopo il primo avviso per la bancarotta dell'Ambrosiano. Sette ore e non è finita. Brutta storia questa degli affari Enel con mazzetta. Tanti personaggi, e tutti, anni dopo, a raccontare particolare su particolare ai giudici milanesi. Apre le rivelazioni Valerio Leonardo Bitetto, ex consiglie¬ re Enel in quota al psi. Conferma Paolo Scaroni della Techint. Conferma già a gennaio. Ma è vago, troppo vago per Di Pietro che due giorni fa lo riporta a San Vittore. E Scaroni ricorda meglio. Ricorda tutto di quell'appalto per la realizzazione del nastro trasportatore del carbone dal porto alla nuova centrale termoelettrica di Brindisi. Ricorda Scaroni che 200 milioni finirono su un conto svizzero. A dare gli estremi per il versamento fu Sergio Restelli. Arrestato. Altri 200 milioni, su indicazione dell'amministratore Enel Bitetto, finirono, in contanti e in busta chiusa, a Roberto Arlati, ex ufficiale antiterrorismo dei carabinieri, riciclato come intermediatore di affari e di tangenti. Arrestato pure lui. Smentiscono tutti, invece, che nel corso dell'interrogatorio di Arlati, il giudice Piercamillo Davigo abbia chiesto, domanda fuori verbale: «Mi scusi, ma sarebbe lei quell'ex ufficiale dei carabinieri che mesi fa indagava su Di Pietro?». Indaga Di Pietro. E due manager dell'impresa Rabbiosi di Bolzano, di cui non si conoscono i nomi, finiscono a palazzo di giustizia con un mandato di cattura sulla testa. Mazzette sull'autostrada Milano-Serravalle, l'accusa. Per loro .niente cella singola, niente arresti domiciliari. Rimessi in libertà perché al giudice Italo Ghitti hanno confessato tutto e subito. Fabio Potetti E alla Farnesina spadroneggiava Casadei: pretese una poltrona con rullo per massaggi e le chiavi del cifrario segreto Ma i diplomatici risposero no Quando nel 1986 al congresso del pei Restelli urlava all'ex Guardasigilli «Claudio, è l'ora delle pillole» A sinistra l'ex segretario democristiano Arnaldo Forlani con Cresci Sotto, Vittorio Sbardella A destra Claudio Martelli con il suo segretario Sergio Restelli arrestato Sopra, Pino Leccisi A fianco, Casadei