«Farò di Parigi il centro del calcio» di Fabio Vergnano

Il tecnico portoghese del Psg ammira Trap ma avverte la Juve: vuole arrivare alla finale di Coppa Uefa Il tecnico portoghese del Psg ammira Trap ma avverte la Juve: vuole arrivare alla finale di Coppa Uefa «Farò di Parigi il centro del calcio» \jorge: non giochiamo più un football da spiaggia PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Certo, se il Paris Saint-Germain aspira a diventare il Milan di Francia, dovrà cominciare a dotarsi di strutture all'altezza della situazione. Altro che clubhouse di stampo berlusconiano. Il locale adibito a spogliatoio nel centro sportivo di Camp des Loges è un fabbricato basso e grigio che mette tristezza. Un qualcosa di simile al vecchio Filadelfia. Il presidente organizzativo del 'Psg, Michel Denisot, si scusa con la stampa italiana: «Guardate dove vi riceviamo. Milan e Juventus per noi sono ancora su un altro pianeta, ma stiamo crescendo. Per ora con Canal Plus siamo esperti in comunicazione, ma abbiamo grosse ambizioni anche nel calcio». Denisot e il boss Lescure sono il Galliani ed il Berlusconi di Parigi. Il modello Milan li perseguita, tant'è che per il prossimo anno faranno le cose in grande. Rosa allargata a 24 giocatori, istituzione del famigerato turnover, voglia di insidiare l'impero di Bernard Tapie. Il tutto sotto la guida di Artur Jorge, il tecnico della resurrezione, l'uomo che è riuscito a far innamorare del calcio anche i parigini più snob. Quando gioca il Psg, il Parco dei Principi si riempie come l'Opera e sarà così anche domani sera con 46 mila spettatori pronti a trascinare Ginola e compa- gni verso una finale storica. Un entusiasmo che non contagia Jorge, uno che sta sempre fuori dal gregge, uno che non ama pensare e parlare come gli altri perché è «pericoloso». Roi Artur, come lo definiscono i giornali francesi, crede molto nella filosofia del lavoro. In due anni al Paris ha fatto miracoli. Per questo tutti lo adorano. Ma lui sceglie la strada della prudenza: «Per noi non è il momento top, è un buon momento e basta. Certo, siamo avanti con i programmi. Sette mesi fa avrei dato del pazzo a chi mi avesse parlato di semifinale di Coppa ma, visto che ci siamo, proveremo ad arrivare fino in fondo». E' un duro il nostro. Comunista convinto, nel '76 lasciò il Portogallo per andare a diplomarsi alla Scuola dello Sport di Lipsia, dopo aver preso due lauree: una in filosofia tedesca e l'altra in letteratura anglo-americana. Alla guida del Porto ha vinto due campionati e una Coppa Campioni, poi la prima sfortunata avventura parigina con il Matra. Tornato in Portogallo a causa della morte della moglie, nel '91 accettò un contratto di tre anni con un Psg desideroso di uscire dall'anonimato. Ieri mattina, altro evento unico nella storia del club, Jorge ha portato la squadra in ritiro per due giorni a Clairefontaine, a ca¬ sa della Nazionale. Ma tutto è così straordinario in questo momento che la Pazza Idea va coltivata nei minimi dettagli. Jorge ha fatto osservare la Juve contro il Milan dal suo vice, Bats: «Il 50% della riuscita in Coppa passa attraverso una buona conoscenza dell'avversario» spiega assediato da decine di tifosi, sotto un sole abbagliante. Tutto sotto controllo, quindi. Pensate, Bats ha visto giocare dieci volte il Real Madrid, eliminato in semifinale. Ma non basta. La vecchia volpe portoghese adotta tecniche di spionaggio particolari. A volte manda in giro sulla stessa partita tre persone che non si conoscono tra di loro. Poi tira le somme. E questa volta siamo davvero alla resa dei conti: «La Juve è più forte di quindici giorni fa. Recupera giocatori importanti e crede di potercela fare. Del resto, se vinci a Milano vuol dire che stai bene. Noi non pensiamo più alla brutta partita giocata a Torino, anche se il rammarico c'è ancora. Abbiamo sprecato un'occasione unica per colpa nostra». Ammira Trapattoni: «Un grande motivatore di uomini. Ha Baggio e Moeller, ma penso a tutta la Juve, squadra esperta e da grandi appuntamenti. Ma anche noi siamo cresciuti. Il nostro calcio non è più quello di Platini. Prima si giocava come in spiaggia, oggi incontrare i francesi non è più una pacchia per nessuno, anche se Parigi vive al centro d'Europa, ma resta alla periferia per quel che riguarda il pallone». A far crescere la capitale ci penserà il professore di Oporto. Spiega: «Abbiamo bisogno di tempo e di una panchina lunga. Ci servono tre o quattro grandi giocatori. Il prossimo anno arriverà Rai, fratello di Socrates, ma è ancora poco per lanciare la sfida al Milan». Ha un altro anno di contratto. Resterà? Jorge è possibilista: «Può succedere di tutto, ma penso di restare. L'avventura mi eccita e qui il lavoro non manca. Anche vincendo la Coppa non chiuderemmo un ciclo». Fabio Vergnano Col Porto, Jorge ha vinto 2 scudetti e una Coppa Campioni