Il pianeta frammentato

Il futuro secondo P. Kennedy Il futuro secondo P. Kennedy Il pianeta frammentato A I può a ragione stabilire una analogia (ma, natuW ralmente, le analogie l 1 storiche vanno prese cum hJj grano salis) tra la situazione determinatasi a cavallo fra i secoli XVIII e XIX e quella che va maturando fra il XX e il XXI. Allora come ora, uno straordinario mutamento nelle basi della vita, una rivoluzione tecnologica e produttiva impetuosa, conseguenze sociali di rivoluzionaria portata, il rinnovarsi profondissimo delle differenze fra zone dello sviluppo e zone dello sviluppo marginale o bloccato, interrogativi insieme esaltanti e assai inquietanti sulle prospettive e in particolare sulla capacità di governare quanto uscito dal vaso di Pandora dell'avventura umana. L'analisi dei significati che possono essere attribuiti ai processi in atto sta alla base dell'ultimo libro, edito da Garzanti, di Paul Kennedy, il cui titolo parla da solo: Verso il XXI secolo. Kennedy è uno storico che ama le analisi di vasto respiro. Si ricordi solo Ascesa e declino delle grandi potenze del 1987. Questo, dato il suo argomento, è un libro sul presente e sui problemi aperti, quindi non propriamente un libro di storia; ma è tale, nel suo «taglio», che così avrebbe potuto scriverlo solo uno storico. Infatti le questioni che si presentano oggi preparando il futuro sono trattiate con una sistematica analisi delle loro radici. Insomma, una sorta di censimento, documentato e «ragionato», delle alternative del nostro tempo. Da un latoi l'autore, adottando un termine che Toynbee ha reso comune nel nostro linguaggio, indica le «sfide»: l'esplosione de- mografica; la rete, che avvolge ormai il mondo intero, costituita dalla finanza internazionale, dalle comunicazioni, da quei centri di potere che sono le società multinazionali; l'esplodere della nuova rivoluzione industriale fondata sulla robotica e sull'automazione; la minaccia costituita dai nodi tanto difficilmente risolvibili posti dalla questione ambientale; la crisi dell'ordine bipolare e il contrasto sempre più grave fra il crescere dell'interdipendenza e gli interessi della nazione-Stato. Dall'altro lato, Kennedy esamina la capacità che i singoli soggetti, in cui il mondo si divide, hanno di far fronte a ciò che incombe. E a riguardo tanto dell'uno quanto dell'altro versante Kennedy mostra le più gravi preoccupazioni. Mentre i problemi si aggravano, numerosi fattori che tra loro si saldano fanno ostacolo ad affrontarli. Anzitutto, circa le molte minacce che ci sovrastano, troppi sono i disaccordi sulla loro effettiva natura e sulla portata delle conseguenze. Per cui la mobilitazione delle forze si trova già frenata in partenza. E poi interessi assai potenti bloccano le strategie comuni che si impongono. Al crescente potere dei «principali creatori e controllori di tecnologia», vere potenze mondiali, «non corrisponde però un adeguato grado di responsabilità». Gli Stati nazionali difendono la loro sovranità in materie in cui dovrebbero Lo storico Paul K ennedy operare in senso opposto. Il divario fra Nord e Sud del mondo aumenta incessantemente, consegnando al nostro futuro tensioni e conflitti politici, sociali, etnici, religiosi ed economici di grandi dimensioni. Venendo ai grandi «soggetti» che si trovano a confrontarsi con la sfida del XXI secolo, Kennedy ne registra la totale diseguaglianza nella capacità di mobilitare le risorse materiali e culturali. Lo studioso stabilisce una scala, che ai posti privilegiati vede in primo piano il Giappone e la Germania, in secondo piano la Comunità europea nel suo insieme, gli Stati Uniti e i nuovi Paesi emergenti dell'Asia. Dopo di loro, si colloca il mondo debole e debolissimo: l'ex Unione Sovietica, la Cina, l'India, l'America Latina e il continente africano, la zona senza difese e del sottosviluppo dirompente. Sennonché anche per le zone più forti, data l'interdipendenza crescente delle varie componenti del mondo, si pone la domanda: potranno «mettersi al riparo» sfuggendo alla degradazione planetaria? Accennavo sopra ai due termini della contraddizione che formano una tenaglia. L'autore così li indica: uno è la necessità di capire «le interazioni che il variegato sviluppo umano - demografico, economico, sociale è venuto a creare»; l'altro è l'essere la vita dei popoli «sempre più determinata» da forze dominate dai propri interessi particolaristici. Se così si delinea la situazione, ebbene le prospettive risultano davvero drammatiche. E il dramma sta anche, e in maniera cruciale, in questo: nel divario tra l'esigenza di una politica nuova e le resistenze enormi della politica vecchia. Kennedy conclude il suo discorso registrando il dato di fatto che il nostro è «un pianeta insicuro e frammentato» e auspica l'emergere di uomini e donne capaci di «guidare i prò pri Paesi» in modo da «affron tare le sfide del secolo che sta per arrivare». «In caso contrario - conclude -, l'umanità dovrà prendersela unicamente con se stessa». Mi viene in men te che con parole non sostati zialmente diverse Toynbee aveva chiuso il suo libro II racconto dell'uomo del 1976: «L'uomo ucciderà la Madre Terra, o la ri scatterà? Può ucciderla con il cattivo uso della sua crescente potenza tecnologica. Ma può anche riscattarla (...). Questo è l'enigma che l'Uomo si trova ad affrontare». Sì, occorre agire. Ma come? Mi pare che un ruolo unico, in questa epoca di interdipenden za, possa, anzi debba avere la costituzione di un «governo mondiale». Esso non è più una utopia, è una necessità: uno strumento che occorre costituì re per contrastare le sovranità particolaristiche degli Stati governare - mediante il confronto fra gli Stati, una politica di compensazioni sulla base dei loro bisogni, l'attivazione di responsabilità comuni - l'interd pendenza planetaria. L'Onu è i fondamento esistente di questo governo di cui ha bisogno XXI secolo. Senza di esso, di che cosa stiamo parlando? Massimo L. Salvatori Lo storico Paul Kennedy

Luoghi citati: America Latina, Asia, Cina, Germania, Giappone, India, Stati Uniti, Unione Sovietica