Libertini, Mariotto fascista Garavini: svolta moderata di Pierluigi Battista

Libertini, Mariotto fascista Garavini: svolta moderata Libertini, Mariotto fascista Garavini: svolta moderata LA REAZIONE DEGLI SCONFITTI AROMA LTRO che innovatori. Altro che riformatori dalla faccia buona, nuovi dal volto umano. Dietro il gruppo che esulta alle spalle di Mario Segni s'acquatta il nuovo fascismo. Le mani che si agitano con le dita a formare la V della vittoria nascondono il saluto romano. Ci manca soltanto il fez, la camicia nera, gli stivaloni dei gerarchi per fornire un profilo riconoscibile e dare sanzione simbolica all'avvento del nuovo regime autoritario e liberticida. Segni come Mussolini? Lo sostiene una parte del fronte del No travolto dalla valanga referendaria del 18 aprile. Lo suggerisce soprattutto Lucio Libertini, uno dei leader di Rifondazione comunista, che non ha esitato un attimo prima di esprimere il suo scoramento per la fragorosa affermazione dei Sì. Per la verità Libertini quella parolina cattiva, «fascismo», non la nomina mai. Ma affida il suo commento velenoso a una sapiente citazione di Togliatti, con un modo di alludere a uno dei padri fondatori del pei che ha, o ha avuto, una sua non trascurabile importanza nella liturgia comunista. «Oggi è stata posta una pietra basilare per l'edificazione di un regime reazionario di massa», ha infatti sentenziato Libertini quando i primi exit polis già snocciolavano impietosi i primi dati sulla disfatta del No. Solo che la formula «regime reazionario di massa» è tutt'altro che neutra e indolore, ricalcando alla lettera la celeberrima definizione usata da Palmiro Togliatti nelle Lezioni sulfascismo del 1935 per racchiudere l'essenza del regime mussoliniano: regime dispotico, certo, ma ancor più pericoloso e ingannevole perché fondato sul consenso passivo e sull'appoggio plebiscitario di vasti strati popolari. Con il «plebiscito» che ha consacrato Segni, sembra dire Libertini, ecco nuovamente le masse che approvano all'unisono il nuovo «regime reazionario», quello che abolisce la democrazia e instaura un sistema dai tratti autoritari. Circolano dosi massicce di umor nero nelle frange seconfitte del No. E lo spettro del fascismo non sembra agitare i sonni del solo Libertini. Àncora più esplicito è .stato il commento di Gianni Ferrara, giurista ed ex deputato del partito comunista, che al manifesto ha suggerito un'analogia inequivocabile tra il «segnismo» e il «mussolinismo»; «il 24 marzo del 1929 il popolo italiano fu consultato su una legge proposta dal Gran Consiglio del Fascismo che eliminava l'elettività del Parlamento: ebbene, in quel voto i Sì furono l'89 per cento». Dunque: 18 aprile 1993 uguale 24 marzo 1929, Segni uguale Duce, comitato per il Sì uguale Gran Consiglio del Fascismo. Davvero siamo alla vigilia di una nuova marcia su Roma? E guidata, poi, proprio dal politico dal volto rassicurante, aperto, ben visto negli ambienti progressisti e per di più alleato nel referendum proprio con il pds, il partito almeno in parte erede di Palmiro Togliatti? Sergio Gara- vini, leader di Rifondazione comunista, coglie in pieno il senso della scelta lessicale di Libertini ma sottolinea la divergenza con il suo compagno di partito: «Regime reazionario di massa? No, questo che stiamo vivendo non è il fasciamo», risponde infatti Garavini, «ma non nascondiamoci i rischi reali per la nostra democrazia acuiti dal plebiscito del 18 aprile». E cioè? «Si è operata sicuramente una sterzata conservatrice, una svolta moderata incoraggiata e consacrata dal plebiscito dei giorni scorsi. La campagna condotta dalla quasi totalità degli organi di stampa ha battuto in modo martellante su un messaggio rassicurante: avete il cambiamento a portata di mano, approfittate dell'occasione». «E invece», prosegue Garavini, «l'adesione plebiscitaria al Sì ha avuto come effetto una delega in bianco ai gruppi moderati che sicuramente pensano a una svolta preoccupante per le sorti della nostra democrazia». Si riaffaccia lo spettro dell'autoritarismo. Con Libertini e Ferrara che già pensano a una nuova Resistenza? Pierluigi Battista Èffe, -v Il presidente dei senatori comunisti Lucio Libertini ha parlato di «regime reazionario di massa»

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