La Quercia si spacca su Segni premier

Occhetto apre, D'Alema frena: lo schieramento del Sì non è una maggioranza politica Occhetto apre, D'Alema frena: lo schieramento del Sì non è una maggioranza politica La Quercia si spacca su Segni premier Ma per il pds il vero dilemma resta l'ingresso o meno nel futuro governo ROMA. Fabio Mussi, livornese verace, lo dice papale papale: «Mariotto Segni a palazzo Chigi? A noi non creerebbe alcun imbarazzo, ma provate a chiedere a piazza del Gesù...». Sono le sette della sera a Botteghe Oscure ed esattamente sei ore prima dell'apprezzamento di Mussi, nei corridoi di Montecitorio, Massimo D'Alema aveva fatto un ragionamento più sottile, l'anticamera di una bocciatura per Mariotto: «Segni - aveva detto D'Alema - sarebbe un candidato naturale per la guida di un governo referendario, ma in questo momento non sarebbe corretto trasformare lo schieramento trasversale che ha vinto i referendum in una maggioranza politica». Non si sa ancora se riceverà l'incarico di formare il governo, eppure Mario Segni divide già il pds: Occhetto da una parte, D'Alema dall'altra. L'altro ieri, tre ore dopo la prima stima Doxa, Occhetto si è precipato al quartier generale di Segni, con la mano protesa e il bicchiere in mano. Neanche 24 ore dopo il gesto del segretario, D'Alema frena, pone condizioni, scoraggia la scalata di Segni a palazzo Chigi. E dietro le quinte si muove qualcosa di più: una settimana fa, in casa del professor Pietro Scoppola, Achille Occhetto e Mario Segni finalmente si sono parlati a cuore aperto. Un incontro pieno di simpatia, che ha permesso di superare molte incomprensioni, al punto che Occhetto ha strappato un impegno di massima a Segni: il doppio turno - che sta molto a cuore al pds - non è un tabù, se ne può discutere. Nella bella casa al quartiere Prati del professor Scoppola, Occhetto e Segni hanno parlato anche delle intese elettorali a breve termine tra i Popolari di Mariotto e il pds. Ma per i prossimi giorni la scommessa di Occhetto su Segni è un'altra: perché il pds deve dirgli di no? Perché togliere le castagne dal fuoco alla de? Dice Davide Visani, coordinatore della segreteria, il «numero due» della gerarchia del Bottegone: «Nei confronti di Segni noi non abbiamo veti, ma siamo curiosi di vedere cosa dice la de». Già: se la de dice no a Segni - questa la scommessa di Occhetto - si accelera la spaccatura della democrazia cristiana e Mariotto si avvicina sempre più all'orbita della sinistra. E che la frenata di D'Alema non piaccia a Occhetto lo conferma la «velina rossa», la raccolta di voci ufficiose di Botteghe Oscure che ieri suggeriva: Segni premier può andar bene al pds perché «è uscito dalla de dopo aver sollecitato un rinnovamento che non è stato portato a ter- mine» e perché «non ha fatto il Pannella di turno», «ha tenuto un atteggiamento unitario». Ma Occhetto sa bene che il nome di Segni evoca nel pds antiche diffidenze, ostilità molto forti come quella del vecchio Ingrao, che pur sconfitto, non disarma: ieri sera, nella riunione del coordinamento politico, ha detto che «del futuro governo lo interessano il programma e le persone che lo comporranno e su questi aspetti tra le forze referendarie vedo soltanto nebbia». E il nome di Segni - Ingrao lo ha detto tante volte ai suoi - non gli piace. E c'è di più: per conoscere appieno gli umori del pds, il capo dello Stato parla con Occhetto, ma parla molto spesso anche con Massimo D'Alema. Ma al di là del caso-Segni, per il pds il vero dilemma resta quello di sempre: entrare o no al governo? Ieri i capi del partito ne hanno discusso nella riunione del coordinamento politico. Il dibattito è durato soltanto due ore, anche se la spinta «entrista» sta crescendo: lo ha confermato l'intervento molto esplicito del segretario del pds bolognese La Forgia. E da sempre il «partito emiliano» è l'ago della bilancia, l'antenna più sensibile della macchina organizzativa di Botteghe Oscure. «Sì - conferma Gianni Pellicani, uno dei leader del gruppo riformista - nel partito c'è un dibattito molto positivo sulla questione del governo. E su quattro nomi - Napolitano, Spadolini, Segni, Elia - è possibile trovare un'intesa». Ma alla fine dell'ennesima giornata di fibrillazione dentro il pds, Occhetto incaricava Visani di raccontare ai cronisti le condizioni della Quercia: «Il pds - ha spiegato Visani - non entrerà in nessun governo che non abbia in programma una legge elettorale a doppio turno per la Camera e un meccanismo sostanzialmente convergente per il Senato». Che è come dire alla de: o accettate le nostre condizioni o non se ne parla. Fabio Martini QUESTI I RISULTATI DEFINITIVI SI NO Votanli Valid! Blanche Nolle SENATO 82,7 17,3 77,1 94,8 3,3 1,9 FIN. PAR1ITI 90,3 9,7 77,0 94,6 3,5 1,9 DROGA 55,3 44,7 77,0 94,3 3,6 2,1 USL 82,5 17,5 76,9 94,1 3,8 2,1 BANCHE 89,8 10,2 77,0 93,9 4,1 2,0 PART. STATALI 90,1 9,9 76,9 94,2 3,9 1,9 AGRICOLTURA 70,1 29,9 77,0 94,3 3,8 1,9 TURISMO 82,2 17,8 76,9 94,3 3,8 1,9 M I dati definitivi che sanciscono la vittoria del SI negli otto referendum con la percentuale dei votanti, i voti validi, le schede bianche e nulle

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