Occhetto festeggia con «l'amico Segni» di Francesco Grignetti

e dal balcone di Botteghe Oscure: il governo? Adesso non ci possono riproporre Amato e dal balcone di Botteghe Oscure: il governo? Adesso non ci possono riproporre Amato Octhetto festeggia con «l'amico Segni» «Ilpds in prima posizione dietro la valanga di sì» ROMA. Nazareno batte Bottegone, uno a zero. Nel giorno in cui trionfa il maggioritario e muore il partito come è stato inteso dal 1945 ad oggi, il trapasso si vede subito. Achille Occhetto alle 17 sparisce, lascia il palazzo di Botteghe Oscure e va allo stato maggiore di Mariotto Segni dove i due resteranno a colloquio per trenta minuti. E' un segno di omaggio al comitato promotore del referendum. Ma è anche il riconoscimento che la politica ormai passa da lì, dalla sala collettiva. Più tardi, Occhetto lo dirà apertamente a un centinaio di suoi militanti, radunati sotto il palazzo come ai vecchi tempi: «Considero simbolico il fatto, quando mi sono recato al Corel e c'erano centinaia di fotografi e tutte le televisioni mondiali, che 10 e Segni eravamo lì insieme. Dimostra che il pds è in prima posizione». Non sarà un caso, allora, che la lunga giornata di attesa del Bottegone - iniziata un minuto dopo la chiusura delle urne - è tutta sottotono e orientata verso 11 largo del Nazareno. Un luogo che la gente si deve abituare a considerare come uno dei nuovi Palazzi che contano. Al piano dove Occhetto attende di conoscere i risultati, c'è appena una pattuglia di fedelissimi: Reichlin, Mussi, Visani, Petruccioli, Fassino. Gli altri sono altrove. Massimo D'Alema viaggia verso Milano, per partecipare alla trasmissione di Gad Lerner. Cesare Salvi, Augusto Barbera e Paola Gaiotti sono nella sede del comitato referendario. Walter Veltroni, direttore dell'Unità, è ospite delTgl. Da là dove si trovano, è un trionfo di dichiarazioni, pronunciamenti, indirizzi che ricadono su un palazzo quasi inerte, snobbato persino dai giornalisti. Barbera divulga il testo di una telefonata al segretario: «Il risultato del voto deve dimostrarti che bisogna andare avanti sulla strada tracciata con la svolta della Bolognina». Gaiotti esulta: «E' una rivoluzione pacifica. Le vecchie alleanze parlamentari si svuotano da sole. Per il pds, il problema di entrare al governo è un'espressione vecchia». Salvi è persino sorpreso dal successo: «Adesso la parola spetta al Parlamento, dove ognuno sosterrà le sue idee nel rispetto delle indicazioni di fondo che sono venute dal corpo elettorale». Il fatto è che, a differenza del passato, il Bottegone è praticamente deserto. Non ci sono riunioni. Fuori, ci sono pochissimi militanti. Cinque bandiere in tutto. D'altra parte, il segretario rientrerà in sede soltanto alle diciannove. E soltanto allora si affaccerà allo storico balcone dove un tempo compariva Berlinguer a commentare i trionfi elettorali. Il suo è un discorso stringato di appena sei minuti. «La valanga di Sì ha detto sì a una Repubblica fondata sul cittadino, sui partiti rinnovati e su ampie alleanze». Tiepidi applausi. «Il pds era nato per cambiare le regole. Per riformare le regole del partito e della società. Lo dico con orgoglio». Altri modesti applausi. «Il Sì non solo non ci isolava, ma persino la maggioranza della Rete o di Rifondazione ha votato Sì. Ecco chi dimostra la vera capacità di egemonia sulla sinistra». Finalmente gli applausi arrivano convinti. Diventano ancor più forti quando Occhetto conclude: «Adesso andiamo con le nostre bandiere a piazza Navona, a festeggiare con l'amico Segni». Sì, è più importante l'appuntamento con «l'amico Segni» di ogni altra cosa. Si ragiona già di nuovi governi. A una domanda volante, Occhetto risponde in corsa: «Dopo questa valanga di Sì, sarebbe ben strano rispondere: vi ridiamo Amato». E Segni? Occhetto non si sbilancia: «Io sono per una maggioranza istituzionale, diretta da uomini degni. Se il governo è quello che chiediamo noi, è improprio dire che il pds "entra" perché non entrano i partiti, ma personalità autorevoli che si possono trovare anche fuori dai gruppi parlamentari». Anche Claudio Petruccioli, nei corridoi del Bottegone, torna a chiedere un governo «istituzionale». Ma un voto così schiacciante aiuta questa ipotesi, o no? «Una vittoria striminzita dei Sì sarebbe stata un formidabile ostacolo. Ma è uno scampato pericolo». Gli «ostacoli» che Petruccioli può gettare alle spalle, senza neppure citarli, erano soprattutto i compagni pidiessini del No. Ingrao e Rodotà in testa, un gruppetto di irriducibili affezionati alla proporzionale ha remato controcorrente. Gli stessi che frenavano in tema di governo. E allora Fabio Mussi non resiste alla tentazione di una critica al vecchio Ingrao: «Ha sbagliato a prendere quella posizione. E ha tanto più sbagliato quando, concludendo la sua campagna elettorale, ha annunciato la permanenza anche oltre il voto dei Comitati per il No. Dei quali, francamente, non capisco l'utilità, la funzione e il senso». Francesco Grignetti I segretario del pds, Achilie Occhetto, brinda assieme al leader referendario Mario Segni

Luoghi citati: Milano, Roma