Il vero inglese? Un'imitazione made in Italy

Il vero inglese? Un'imitazione made in Italy Londra si stupisce e sorride per la nostra anglofilia: l'idea di un Paese che non esiste più Il vero inglese? Un'imitazione made in Italy «Perfetti, ma solo nell'immaginazione dell'alta borghesia italiana» LONDRA ERA una volta l'anglofilia. Fioriva quasi ovunque, anche in quelle nazioni, come la Germania, per le quali l'Inghilterra era un'avversaria «storica» e tale era sovente la sua esuberanza che da filia diveniva mania, cieca e ardente. Ovviamente, c'era pure l'anglofobia, c'era chi avvertiva che Albione era insanabilmente «perfida» (già nel Seicento, Jacques-Benigne Bossuet, vescovo e storico, gridava: «LAngleterre, ah, la perfide Angleterre»): e non pochi, in Italia, rammentarono anche dopo la guerra l'invettiva «Dio stramaledica gli inglesi». Ma, proprio perché era accesa da passioni politiche, religiose o nazionalistiche, la fobia si rivelò più fragile ed effimera della filia, un sentimento che attingeva a profonde affinità elettive. Comunque, anche l'anglofilia si è adesso rarefatta e il motivo è ovvio: la Gran Bretagna non conta più come un tempo, il suo peso specifico internazionale è assai modesto, non è più tra i protagonisti della storia. Soltanto gli inglesi menzionano tutt'ora la Special Relationship con gli Stati Uniti; per gli americani, questa «relazione» è finita con la guerra e il dopoguerra e, interrogati su questo regno, pronunciano oggi lo stesso giudizio espresso da Dean Acheson nel '62: «La Gran Bretagna ha perso un impero e non ha ancora trovato un ruolo». Isole di anglofilia sopravvivono qua e là e una delle più solatie è in Italia, tra le file dell'alta borghesia. A quanto pare, nulla eccita questi italiani quanto l'immaginarsi inglesi. La scoperta ha destato la curiosità di una giornalista britannica, Anne Applebaum, che ne ha fatto il tema di un brillante articolo sul settimanale The Spectator, articolo ristampato, subito dopo, sul quotidiano Daily Mail. Il testo della Applebaum ha offerto a entrambe le pubblicazioni la chance di sfoderare due titoli autocompiaciuti. Lo Spectator descrive la «crescente ammirazione degli italiani per tutto ciò che è inglese»: e il Daily Mail annuncia: «D'improvviso, gli italiani ci ammirano e rispettano, vedono in noi gli esemplari ideali per una società civile». Anne Applebaum cita un signore di Parma: «Gli inglesi hanno disciplina... sono così imperturbabili, così calmi». La giornalista è troppo perspicace per non vedere l'irrazionalità di queste dichiarazioni d'amore. Scrive: «La Gran Bretagna, il Paese perfetto, è una nozione quasi ignota ai suoi cittadini ma è un fatto accettato dall'alta borghesia italiana». Una borghesia che cerca di vestire all'inglese, che ravvisa nel Westminster system la salvezza politica dell'Italia, che giudica tutt'ora quest'isola un faro di civiltà. «In realtà, per essere un anglofilo italiano - avverte Anne Applebaum -, non occorre conoscere bene la Gran Bretagna e tanto meno visitarla. Questa an¬ glofilia ammira una certa idea della Britishness. Scaturisce da un desiderio di maggior probità e efficienza, di servizi pubblici migliori e di treni puntuali. Coincide con un desiderio di essere "più europei"». E' una filia innocua e anche costruttiva: ma frutto più del cuore che della mente. L'Inghilterra immaginata da questi borghesi non esiste o meglio ne esistono soltanto frammenti e segmenti, qua e là. Quest'idea ita¬ liana della Gran Bretagna non è dissimile dalla vecchia idea britannica, o meglio nordica, dell'Italia: un Paese di gente sempre allegra e chiassosa, cattolicissima, con donne sensuali ma sottomesse, una terra baciata dal sole. (Ancora oggi, anche se parto d'inverno per la Pianura Padana, molti amici inglesi mi salutano: «Beato te, che vai al sole»). Gli inglesi «freddi, calmi, perfetti»? Suvvia, è ora di aggiornarsi. Proprio in questi giorni mi è giunta l'incandescente lettera di una signora, che in Inghilterra è vissuta e si è sposata. Per lei gli inglesi sono «gente maledetta», ora gelidi, ora violenti, con un unico adorato monarca, l'alcol. La verità? La verità non è così brutale come la dipinge la lettrice né così leggiadra e elegante come la concepiscono quei borghesi. Non basta. Le grandi virtù britanniche non sono quelle che seducono i nostri anglofili. Sono altre, con radici più profonde: una tolleranza, che può anche essere indifferenza, ma che rende più facile la convivenza sociale, e quella che gli inglesi chiamano decency, una certa correttezza, umana e istintiva. Mario Cimilo Abbaglio innocuo ma costruttivo, frutto più del cuore che della mente

Persone citate: Anne Applebaum, Applebaum, Dean Acheson, Jacques-benigne Bossuet, Mario Cimilo