Marocchino massacrato, per una vendetta
Marocchino massacrato, per una vendetta Gli aggressori lo hanno bastonato e poi hanno dato fuoco alla sua baracca, lo ha salvato un connazionale Marocchino massacrato, per una vendetta Ridotto in fin di vita a Milano, i suoi compagni sono scomparsi MILANO. La baracca era in aperta campagna, isolata, nascosta dietro un muretto, ci si può arrivare solamente seguendo la puzza di bruciato. Sul terreno sono rimasti un paio di jeans, un fornellino, una macchia di sangue e quattro tizzoni. Qui, la sera di sabato, un immigrato marocchino è stato aggredito con un bastone, fino a essere ridotto in fin di vita. Poi gli aggressori, o l'aggressore ammesso che si sia trattato di una sola persona, hanno appiccato il fuoco. Forse pensavano di farlo scomparire definitivamente bruciandolo. E' arrivato invece un amico, Hassan Ridati, di 23 anni, ha scoperto il suo connazionale ferito, lo ha portato in ospedale e ha raccontato tutto alla polizia. Ha aggiunto che in quel tugurio vivevano altri due immigrati marocchini. Sono scomparsi, portando con sé quel poco che avevano, non c'è più traccia né di loro né delle loro cose. L'eventualità di una spedizione punitiva di stampo razzistico vie¬ ne «categoricamente esclusa» dagli inquirenti. La pista droga sembra davvero remota, perché, si fa notare, quelli che spacciano dispongono di un minimo di soldi sufficienti per non dovere vivere in posti simili. L'ipotesi ritenuta invece più credibile è quella di una lite, o di una vendetta, della quale potrebbero essere responsabili gli stessi giovani fuggiti. E' il più grave fatto di sangue finora successo fra gli extracomunitari ospiti di Milano. Nella zona se ne sono registrati altri, qualche anno fa: tre morti in un regolamento di conti fra malavitosi, due feriti in un assalto a un furgone blindato. Non c'erano documenti sul corpo del giovane, attualmente ricoverato al Policlinico e in coma nonostante l'intervento chirurgico cui è stato subito sottoposto. A quanto ricorda Ridati - che è un operaio con posto di lavoro fisso in un'impresa di pulizie di Binasco, e tutti i documenti in regola - la vit¬ tima diceva di chiamarsi Habderrhmann Massoudi, e di avere 22 anni. Ancora in base a questa testimonianza, i due che sono fuggiti si presentavano come Mohammed Shaid e Charki El Bouazadni. A carico di questi nominativi non risultano precedenti. L'operaio aveva conosciuto da qualche settimana i tre connazionali, cercava di aiutarli. A volte, di sabato, dopo il lavoro, raggiungeva la periferia Sud di Milano, percorreva tutta via Salvanesco fino all'altezza del palo 84, da qui si inoltrava lungo una strada sterrata e finalmente arrivava alla baracca. La comunità marocchina è, generalmente, molto solidale, E sta proprio qui, oltre al particolare degli effetti personali spariti, un altro elemento che aggrava, i sospetti sui compagni di baracca della vittima: sicuramente sarebbero tornati per verificare le condizioni del loro connazionale, se avant'ieri sera qualcuno li avesse costretti alla fuga dopo avere aggredito Massoudi. C'è pure chi fa notare che, anche in passato, gli atti di violenza commessi all'interno delle comunità degli immigrati tendono ad accentuarsi in questo periodo, in coincidenza con la necessità di rientrare nei rispettivi Paesi per trascorrervi, come minimo, i mesi che intercorrono prima dell'estate; parecchi extracomunitari infatti potranno tornare in Italia per lavorare o quali camerieri in alcune località turistiche, o come manovalanza agricola al Sud. Fra le persone ascoltate ieri dagli inquirenti, qualcuno abita in qualche cascina relativamente vicina; ricordano solamente che da qualche tempo vedevano, ogni mattina, i tre mentre uscivano, insieme, avviandosi verso la città. Si è presentato anche l'affittuario del terreno su cui sorge la baracca; la settimana scorsa si era recato dai tre immigrati per dire loro che dovevano andarsene. Omelia Rota
Persone citate: Hassan Ridati, Marocchino, Mohammed Shaid, Rota
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