«Rifiutò la dc perché voleva il federalismo e la lotta ai partiti» di Guido Tiberga

La Lega: siamo noi gli eredi di Don Sturzo Ma i cattolici contestano la tesi deU'«Indipendente»: i Popolari volevano promuovere il Sud La Lega: siamo noi gli eredi di Don Sturzo «Rifiutò la de perché voleva ilfederalismo e la lotta ai partiti» POLEMICA LE RADICI DEL CARROCCIO E Minutile che Mino Marti™ nazzoli cerchi di cambiare nome alla democrazia cristiana. La de non può essere il «nuovo partito popolare» per un motivo molto semplice: Don Sturzo, il sacerdote che nel ' 19 fondò i popolari, non era affatto democristiano. Era leghista. Gianfranco Morra, cattolico convinto, ex editorialista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, non ha dubbi: «Don Sturzo - ha scritto sull'Indipendente - era per il maggioritario e contro lo statalismo e il centralismo». Proprio come Bossi. Morra, che insegna sociologia all'Università di Forlì, si definisce «grande amico di Gianfranco Miglio». E con l'ideologo dei lumbard ha in comune il viaggio politico: dalla de, frequentata per anni, alla guerra ai partiti nelle trincee di Bossi. «La democrazia cristiana era il male minore - spiega -, ma oggi il mito dell'unità politica dei cattolici è finito. I credenti hanno tre possibilità: restare con lo scudo crociato per migliorarlo dall'interno; passare con Segni; battersi per lo scioglimento della de». La scelta migliore? «La Lega: è quello il partito dove sarà possibile portare i valori cristiani». Di qui l'idea di Sturzo precursore di Bossi, che l'Indipendente di ieri ha lanciato in prima pagina. «Quando Sturzo fu nominato senatore a vita, nel 1959 - spiega Morra - non si iscrisse al gruppo democristiano, ma a quello misto. Si era convinto che la democrazia cristiana avesse ben poco a che fare con l'ispirazione ideale del partito popolare. Nella de, Don Sturzo vedeva i tre grandi mah dell'Italia: lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico». La tesi dell'Indipendente, che lo stesso giornale definisce una «provocazione», ha sollevato la rivolta degli intellettuali cattolici. Sturzo, riassume Morra, «reclamava per il Sud non un assistenzialismo mafioso, ma una solu- zione autonoma dei suoi problemi, combatteva lo Stato accentrato in nome dello Stato federale...». Eh no, ribatte il filosofo Rocco Buttiglione: «Quello di Sturzo era un federalismo unitario, che non negava l'unità nazionale, come invece sembra sostenere il movimento leghista. Bisogna stare attenti prima di dare patenti di nobiltà a movimenti attuali richiamandosi a esperienze nate nel passato per rispondere ad esigenze storiche specifiche». Sulla stessa linea lo storico Pietro Scoppola. «Alcuni elementi potrebbero anche essere discussi - dice - ma Morra ignora che uno dei punti di forza del pensiero sturziano era il meridionalismo. Il partito popolare nacque per riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud». Ancora più radicale l'altro storico Francesco Malgieri: «Sostenere che la Lega Nord possa essere considerata un'emanazione del pensiero sturziano è a dir poco un'esagerazione». Morra non cambia idea: «La Lega - ribatte - ha tutto il diritto di richiamarsi a Sturzo: nella sua azione continua la grande tradizione popolare europea e liberaldemocratica, facendosi portatrice dell'antistatalismo, della difesa delle autonomie e del liberalismo temperato dal solidarismo cattolico». Con lui si schiera soltanto Gianni Baget Bozzo: «E' vero - dice il sacerdote genovese, sospeso a divinis dopo la sua nomina a parlamentare europeo con il psi Sturzo non fu democristiano, non amava il partito di De Gasperi e soprattutto quello di Fanfara. La Lega? Mi auguro che il partito di Bossi rivendichi esplicitamente l'eredità di Don Sturzo. Sarebbe una mossa estremamente intelligente». Guido Tiberga Don Sturzo il fondatore del partito popolare

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