Vento di crisi sulla moda di Luisella Re

I negozianti torinesi cercano strategie: «Consumatori cauti negli acquisti» I negozianti torinesi cercano strategie: «Consumatori cauti negli acquisti» Vento di crisi sulla moda In via Roma calo di vendite anche del 25% «La crisi investo tutto il commercio e il settore della moda, meno aggiornato di quello alimentare, ne risente di più. Ma siamo stanchi di piangerci addosso e di invidiare la grande distribuzione. Assodato che questa bufera affonderà ogni zattera, oggi è più difficile tenere a galla un transatlantico che una barchetta. Ciò che conta è riuscire a mantenere la rotta». Meo Torta, presidente Ascom dei commercianti di abbigliamento, crede in un futuro meno nero. Se il commercio è stato un mestiere facile «finché tutti avevano bisogno di tutto», adesso la crisi porta a galla vecchi squilibri e nuove esigenze. A partire dalla necessità di razionalizzare l'intero meccanismo distributivo, troppo «lento e complesso», che congiunge la produzione dei tessuti alle boutiques. E' il traguardo che ha riunito in un recente convegno alla Camera di Commercio, «dopo anni di distacco non privo di contrasti con i nostri gruppi d'acquisto», gli agenti-rappresentanti dall'associazione «Moda-meeting» con i dettaglianti del ramo. Ed è su questa linea che domani i negozianti torinesi incontreranno a Milano gli industriali tessili, per affrontare l'annosa questione degli spacci aziendali e della loro concorrenza. Spiega Torta: «E' un fenomeno enfatizzato dalla crisi in quanto le ditte, vendendo direttamente non solo ai propri dipendenti ma a tutti i consumatori, puntano a sbloccare i magazzini stracolmi di merce». Ovvio che ai dettaglianti l'andazzo non piaccia. «Ci preoccupano soprattutto gli spacci pseudolegali che stanno proliferando con una formula semplicissima. Basta che la ditta acquisti con una dozzina di milioni la licenza di una merceria e si provveda di registratori di cassa, per evitare grane fiscali». Le aziende che si mettono a vendere in proprio sono il test inequivocabile di una crisi che, nel settore dell'abbigliamento, non risparmia nessuno. Da via Roma (dove da quattro mesi non trova acquirenti un negozio con due vetrine quotato oltre due miliardi) sino al Centro Commerciale «Lagrange 15» dove i 44 negozi denunciano un calo tra il 15 e il 25%, più limitato ma «con un bilancio in sofferenza» anche alla Rinascente. Questione di prezzi troppo alti? Spiega il direttore Ferrari: «Oggi i consumatori, soprattutto le donne, spendono magari di più ma con estrema cautela. Vengono, tornano, ci ripensano. E poi anziché due o tre capi ne acquistano uno solo, badando non tanto al prezzo quanto a qualità e durata». Torna di moda la testa sul collo, insomma, e a Porta Palazzo nessuno si stupisce. Dice Valeria Saccomanni, presidente del mercato coperto di abbigliamento: «Non vediamo un'anima, ma ora è normale: quando ci sono le elezioni, chissà perché, la settimana prima del voto i torinesi non comperano niente. Qui solo gli spacciatori di droga, purtroppo, continuano a lavorare senza pause. Paura della crisi? La gente pensa al "mangiativo" e poi al resto, se ha ancora qualche soldo. Ma di soldi in giro non ce ne sono più, anche se ne abbiamo viste di peggio». Meno problemi per gli «stecchisti» che comprano a peso l'invenduto, con un giro d'affari e di clienti che prospera nei tempi difficili. Sostiene il presidente Torta: «Aparte pochi capi firmati in taglie e colori il più delle volte importabili, si tratta di una produzione di scarto invendibile nei normali negozi». Anche a questo livello, però, attenzione ai falsi risparmi. «Gli stecchisti hanno una grossa professionalità e i loro inospitali e caotici capannoni periferici sono creati ad arte. Crisi o non crisi, niente invoglia la gente più di poter rovistare tra montagne di cianfrusaglie, strappandosele di mano a caccia di chissà quale tesoro». Luisella Re

Persone citate: Torta, Valeria Saccomanni

Luoghi citati: Milano