I'angelo Chechi torna a volare

Primo italiano nella storia, ha conquistato l'oro degli anelli ai Mondiali di Birmingham Primo italiano nella storia, ha conquistato l'oro degli anelli ai Mondiali di Birmingham I/angelo Cheihi torna q volare Nove mesi fa si ruppe il tendine d'Achille BIRMINGHAM. Non era mai successo nella storia dei campionati mondiali: un azzurro ha vinto la medaglia d'oro in una gara di ginnastica. Non si sentiva più suonare l'inno nazionale italiano dai tempi delle Olimpiadi di Tokyo 1964 quando Franco Menichelli, il silenzioso acrobata romano, fu il migliore al corpo libero, proprio in Giappone, terra di acrobati. Ieri una lunga tradizione avversa si è finalmente interrotta: Juri Chechi è stato il più bravo del mondo nella prova agli anelli, la stessa in cui ha già due volte trionfato in sede di campionato europeo. Il toscano, un ginnasta ventitreenne alto 162 centimetri per 58 chili di muscoli veri, una testa rosso-fuoco che sembra una fiamma che arde di volontà e di idee, si presenta ai piedi dell'attrezzo a cui affida in pochi secondi la sua ansia di rinascita. E' un uomo, Juri Chechi, che deve risalire dalla polvere. Si trova sotto a un altare su cui potrebbe anche essere santificato, ma il palco su cui sta per esibirsi potrebbe tramutarsi definitivamente in un patibolo. I palchi hanno sempre qualcosa dj crudelmente opposto, proponendo come alternative estreme gloria o vergogna, trionfo o morte. Juri non trema. E' figlio di gente rude della Maremma più povera, originari di quelle valli misere ma ricche di miniere che hanno sempre offerto lavoro du- ro ai suoi abitanti. Precipitò nella polvere poco più di nove mesi fa: 6 luglio 1992, stava rifinendo il lavoro (iniziato almeno 17 anni prima, quando bambino fu condotto dal padre a fare un po' di sport alla palestra pratese deH'Etruria) che l'avrebbe portato ai Giochi di Barcellona come uno dei grandi favoriti. Nel provare un banale esercizio al corpo libero, una delle tante piroette che sono il pane quotidiano di un ginnasta, avvertì un sinistro rumore: «Si è rotta la pedana», racconta di avere allora pensato. E invece il suo volo, senza un dolore, terminò a terra, come quello di un uccello ferito. Si era lacerato di netto il tendine di Achille destro. Fu ovviamente soccorso, poche ore dopo intervenne per rifargli un tendine nuovo il prof. Perugia che questi miracoli effettua per lavoro ogni giorno all'Università La Sapienza di Roma. Speranze di guarire? «Tutte - decretò Perugia -. Se si parla di guarigione clinica». Per la ripresa agonistica restava invece il dubbio che avrebbe avuto risposta solo dopo mesi e soltanto •nella crudezza di un vero impegno agonistico. «Non mi volevo rassegnare» confessa Juri sùbito dopo aver terminato un esercizio cui il pubblico, ancor prima delle giurie, decreta il trionfo con un solo, incessante applauso. Un esercizio che i giurati valutano 9,625, ancora di più di quanto Juri meritò nella fase eliminatoria. «Non mi volevo rassegnare e due giorni dopo l'operazione, con la gamba ancora ingessata, mi recai in segreto in palestra. Provai ad effettuare una squadra agli anelli. Mi sembrava di sollevare il mondo, tanto la gamba era pesante, ma alla fine ci riuscii. In quel momento pensai che nulla mi avrebbe potuto fermare, che sarei ritornato un ginnasta». Fu un inverno lungo. La guarigione fu sollecita, ma la rimarginazione della ferita richiese tempi più lunghi del previsto: succede negli individui di pelo rosso e di carnagione chiara. «Mi sembrava che i mesi non passassero più - confesssa Juri e affrontavo quasi di malavoglia le stesse cure che mi riabilitavano muscolarmente. Sentivo le gambe deboli; ma il cuore era ancora forte e le braccia diventavano ogni giorno sempre più potenti. Lavoravo soltanto, praticamente, su di loro. Con Bruno Franceschetti, il mio allenatore che non mi ha mai tradito, studiavamo nuovi esercizi, sempre più difficili, sempre più elaborati. Inventammo un volo che ci sembrava qualcosa di glorioso. Decidemmo, meno di un mese fa, di tentare il ritorno all'agonismo. Sostenni un test a Milano: era il 2 aprile. Mancavano dieci giorni alla cerimonia d'apertura dei campionati di Birmingham. Non avevo più fatto neanche un salto. Tutti pensarono che fossimo • pazzi: ma io sapevo che avrei dovuto superare un solo ostacolo, quello delle qualificazioni. Lì si fa di tutto, si deve anche correre in certi esercizi. Ma una volta conquistato il mio posticino nella finale degli anelli, seppi che avrei riscosso con gli interessi quello che avevo perso a Barcellona. Proprio all'Olimpiade mancata ho pensato quando i giudici hanno acceso la luce verde che dava il via al mio esercizio. Sono qui, solo sul mio cavallo vincente, ho pensato, e questa volta nessuno mi sbatterà giù di sella». Ed ha iniziato il suo esercizio: un preziosismo, un vocalizzo degno d'un grande tenore; tutta una serie di do di petto. Un alternarsi di squadre, di croci, di verticali, con collegamenti volanti. «Ho controllato tutto, attimo dopo attimo. Nulla del mio cor¬ po, dei miei muscoli è sfuggito al mio controllo. Son stato obbediente a me stesso. Questo deve essere un ginnasta. E sono felice, commosso. So di aver avuto il premio di una vita di lavoro, di quei quasi vent'anni trascorsi in palestra nutrendo un sogno. Ma sapete cosa vi dico? Non sarebbero stati anni buttati anche se qui non avessi vinto. Ma certo, così è più bello». Vanni Loriga Juri Chechi, 23 anni, è reduce da un grave infortunio che gli ha impedito di partecipare alle Olimpiadi di Barcellona v

Persone citate: Achille Birmingham, Bruno Franceschetti, Franco Menichelli, Juri Chechi, Vanni Loriga Juri

Luoghi citati: Barcellona, Birmingham, Giappone, Milano, Perugia, Roma, Tokyo