Muore il presidente Ozal padre del miracolo turco di Foto Reuter

Stroncato da un infarto dopo un viaggio nelle «Repubbliche sorelle» dell'ex Unione Sovietica Stroncato da un infarto dopo un viaggio nelle «Repubbliche sorelle» dell'ex Unione Sovietica Muore il presidente Ozal padre del miracolo turco Secondo i suoi detrattori, voleva far rivivere l'Impero Ottomano. Lui aveva solo ammesso di sognare, per la Turchia, un ruolo di «grande potenza». Questo sogno ambizioso si è interrotto ieri nell'ospedale Hacettepe di Ankara dove Turgut Ozal, 65 anni, è stato stroncato da una crisi cardiaca. «Lo ha ucciso la fatica» ha detto il suo portavoce, Kaya Toperi. E in effetti Ozal era tornato giovedì da un viaggio stressante, durato due settimane, attraverso le repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale. Aveva percorso 12 mila chilometri in Uzbekistan, Kirghizistan, Kazakhstan, Turkmenistan e Azerbaigian per tessere la trama che, a lungo termine, avrebbe dovuto portare la Turchia in «primo piano» fra i grandi del mondo. Ora, in base alla costituzione turca, il presidente del Parlamento Husamettin Cindoruk eserciterà le funzioni di presidente della Repubblica fino a quando il Parlamento eleggerà il successore di Ozal. Non sarà una pratica sbrigativa e indolore. L'elezione richiede una maggioranza dei due terzi dell'assemblea, composta di 450 membri, e lo schieramento politico turco è sufficientemente composito da lasciar prevedere una discreta bagarre. Ozal era diventato presidente alla fine dell'89, mentre la caduta del Muro a Berlino sanciva ufficialmente la fine della guerra fredda. Per oltre quarant'anni Ankara aveva ricoperto, nella Nato, il ruolo di «avamposto orientale». Grazie alla sua dislocazione geografica, aveva goduto di tutti i privilegi destinati ad un alleato prezioso e strategicamente insostituibile: grandi fi¬ nanziamenti americani, grande «comprensione» nella sua diatriba territoriale con la Grecia. Ma era anche stata relegata al rango di Paese periferico, impossibilitato a svolgere una politica estera ed economica autonoma. La caduta del Muro e lo sgretolarsi dell'Urss avevano dato un colpo di spugna a questo scenario. E Ozal si era assunto il compito di «grande regista» dei nuovi destini turchi. Guardava a Est, verso le repubbliche turcofone e musulmane dell'ex Urss, emarginate da Mosca e corteggiate da Teheran. E a Ovest, verso i Balcani, che erano tornati ad essere una «polveriera». Nella guerra sanguinosa tra i cristiani armeni e gli islamici azeri, Ankara si era inserita pesantemente, con finanziamenti e forniture belliche a Baku. Nella vicenda bosniaca, aveva premuto sull'Onu e su Washington, per un intervento internazionale contro i serbi. Ozal immaginava la Turchia come polo di riferimento di una grande aggregazione musulmana, geograficamente disposta a cavallo tra l'Asia e l'Europa, da Samarcanda a Sarajevo. Ma il suo non era un sogno «religioso». Pur essendo un credente, aveva una formazione occidentale. Era laureato in ingegneria elettronica e si era specializzato negli Stati Uniti. Nel '71 era diventato consigliere della Banca Mondiale. Di affari e di finanza aveva continuato ad occuparsi negli anni successivi, fino al suo ingresso nella politica: era il settembre dell'80 quando i militari golpisti del generale Evren lo nominarono vice primo ministro. Ricoprì quella carica per due anni, poi, fiutando la fine del regime, si dimise per fondare una nuova formazione politi¬ ca, il «partito della madrepatria», con la quale sbaragliò nel novembre dell'83 tutti gli altri partiti. Nei sette anni in cui Ozal è stato primo ministro, la Turchia ha compiuto un prodigioso balzo in avanti in campo economico. «Grazie al libero mercato - diceva - siamo passati dall'arretratezza alla modernità». Eppure, in patria, la sua stella si era un po' appannata. Anche per ragioni di salute: nell'87 aveva subito negli Stati Uniti un difficile intervento al cuore, con un triplo by pass coronarico. L'anno successivo era rima- sto ferito nel corso di un attentato durante il congresso del suo partito. Mentre lui tesseva la sua trama per trasformare la Turchia in una grande potenza euroasiatica, il «partito della madrepatria» perdeva colpi. E nel novembre del '91 Suleiman Demirei, l'uomo dei conservatori, vinceva le elezioni e si insediava sulla poltrona di primo ministro. Da allora, Ozal ha intensificato le ambizioni «imperiali» e i viaggi all'estero. Troppi, per un cuore fragile come il suo. Silvano Costanzo Il presidente Ozal trasportato in ospedale [FOTO REUTER]