Giulio e la fine del mondo

Giulio e (a fine del mondo Giulio e (a fine del mondo «Sì, ora posso dire che abbiamo sbagliato» UN PROVINO SEGRETO LA fine del mondo incombe, e Giulio Andreotti si accomoda su una sedia a rotelle, al centro di un fascio di luce, mentre la telecamera lo scruta. L'obiettivo si avvicina: il volto è terreo, le rughe contratte, l'espressione corrucciata, rivolta verso l'interno. Le pupille strette guardano basso, le labbra si serrano in un disappunto più forte, molto più forte del solito. Fuori campo, qualcuno lo inteiroga: «Lei, si sente responsabile?», «Di chi fu la colpa?», «Mentre si compiva il disastro, sentiva il peso di quello che stava accadendo?». E Andreotti, da statista, si discolpa: certo la responsabilità è di chi prende le decisioni politiche, ma la vera responsabilità è più diffusa, è di tutti. «Per quel che riguarda la mia vita pubblica, adesso griderei a tutti, se potessi, di mettersi d'accordo, perché i conflitti e le rivalità ìon producono né vinti, né vincitori. Ma certo, col senno di poi...». No, non è il filmato che tutte le reti televisive del globo avrebbero voluto girare, e tutti i telespettatori del mondo vedere, non è la testimonianza in technicolor resa da Giulio Andreotti al gran giurì, non è la telecronaca clandestina del crollo di uno statista in quel di Sant'Ivo alla Sapienza. No, questo redde rationem, questo anticipo del giorno del giudizio, è solo un provino. La sua testimonianza sulla fine del mondo l'onorevole Giulio Andreotti l'ha resa per la prima volta in un tardo pomeriggio del luglio del ] 983 in un seminterrato della circonvallazione Clodia, a Roma. Lì, nello studio oscuro e angusto di una piccola' casa di produzione cinematografica Andreotti ha recitato per la prima volta la disfatta del potere, ha mostrato come crolla un uomo di Stato e con lui un mondo intero. L'occasione, in quell'afoso imbrunire, gliela offerse un giovane regista, uscito dalla scuderia di Ermanno Olmi: a Giacomo Campioni che allora non aveva ancora trent'anni venne in mente di chiedere a varie persone quale messaggio avrebbero voluto lasciare all'umanità travolta dall'esplosione atomica. Erano i tempi in cui si discuteva dell'installazione dei missili Pershing a Comiso, e dunque il tracollo universale allora nessuno s'immaginava che potesse venire dall'interrogatorio di Buscetta e compagni: alla fine di questo Millennio sarebbe certamente scoppiata lei, «La Bomba», come dal titolo del film. Operai, impiegati, studenti, un generale come Cappuzzo, una scienziata futuro premio Nobel come la Montalcini, un intellettuale come Siciliano... E il potere?, si chiese il giovane regista, il potere da chi lo facciamo rappresentare? Interrogativo retorico: da Giulio Andreotti. «Lui disse subito di sì, fu pronto, disponibile, puntuale, preciso. Al contrario di altri, che dovemmo pregare. Con qualcuno, ci toccò addirittura fingere di far parte di un'organizzazione internazionale, tipo Onu o Unesco. Ma con lui non ce ne fu assolutamente bisogno». Così, fissato l'appuntamento, Andreotti si presentò senza scor¬ ta, ma con la signora Enea al suo fianco. Si accomodò sulla sedia a rotelle, in un'atmosfera lugubre, mentre vibravano note da thrilling insolitamente ed appositamente composte da Lucio Dalla: nel complesso, un'atmosfera inquisitoria stile Br. Nel pieno della finzione, quello stato d'animo che accomuna il politico più abile al grande attore, Giulio Andreotti si fa l'esame di coscienza: per lui è davvero la fine del mondo. Un attimo, le mani che stringono nervosamente i gomiti, in un gesto familiare alle attrici di Hollywood quando sono preda delle proprie nevrosi, poi parte la dichiarazione. Il mondo crolla, e Andreotti è pensoso: «Finirà anche la mia lunga carriera politica». E' il momento della deflagrazione, il divo Giulio sta al gioco della finzione, ma si vede benissimo che riflette sulla propria fine, che non può essere che una fine politica, e sul tracollo, con lui, di tutti i filistei. Ricorda dunque anzitutto di essere ancora ministro degli Esteri. Lo dichiara a chiare lettere e precisa: «Oggi ho capito che abbiamo sbagliato. Ho avuto una vita politica piuttosto lunga, e sono in condizioni di vedere quello che siamo riusciti e quello che non siamo riusciti a fare. Ci gloriavamo di aver tenuto l'Italia in serenità, mentre invece il pericolo incombeva su tutta l'umanità...». E' a questo punto, ricorda Già-: corno Campioni che in questi giorni si sta rivedendo alla moviola tutto il materiale girato, circa mezz'ora, e non solo i pochi minu¬ ti montati nella versione definitiva della «Bomba», che la signora Enea, in sala regia, è intervenuta energicamente. Perché mentre Giulio Andreotti parlava, la telecamera serrava implacabile su di lui l'inquadratura rendendo il viso una maschera. Pochi secondi, un'ombra appena. E poi il divo Giulio è tornato, anche in quell'oscura stanzetta, una fredda ombra cinese. Teresa Raffo Qui a fianco: il pentito Tommaso Buscetta Foto sotto: Lucio Dalla Un regista lo aveva invitato a fìngere l'apocalisse e dire le sue ultime parole

Luoghi citati: Comiso, Hollywood, Italia, Roma