PINOCCHIO MAZZINI E IL CARDINALE

PINOCCHIO MAZZINI E IL CARDINALE LA POLEMICA SU COLLODI PINOCCHIO MAZZINI E IL CARDINALE IL cardinale Biffi torna sulla sua tesi di un Pinocchio che simboleggia l'Italia cattolica contro l'Italia risorgimentale, di un Pinocchio che incarna «l'eterna sostanza dell'autentica concezione cristiana», contro quelle che vengono definite le «deviazioni» degli ideali ottocenteschi. E riapre la polemica con noi, quella polemica che già fu ospitata sulle colonne della Stampa nell'ottobre del 1990. «Niente in comune fra le pagine di Pinocchio - è la tesi dell'arcivescovo di Bologna - e le stucchevoli letture educative dell'Ottocento». «Se quest'ultima fosse la sua vera anima, l'opera non avrebbe oggi più lettori di quanto non ne'abbiano / doveri dell'uomo di Giuseppe Mazzini». Un momento. Il Dio di Carlo Lorenzini fu e rimase fino all'ultimo giorno il Dio di Mazzini (al di là della maggiore o minore diffusione delle opere dell'apostolo: e in ogni caso il mazzinianesimo - lo diceva Jemolo - è l'unico ruscello di religiosità laica dell'Italia dell'Ottocento, tale da convivere con la maestosa preminenza della fede cattolica tramandata dai padri). E la costruzione dell'Italia unita, contro la quale Carlo Lorenzini reagisce - una crisi su cui il cardinale di Bologna è tornato più volte - non è altro che la crisi dell'Italia moderata, così diversa dalla patria sognata e sperata nel 18481849 (quando Carlo Lorenzini combatteva a Cuitatone e Montanara o dirigeva il giornale satirico anticlericale fiorentino, nettamente repubblicano e unitario, che si chiamava TV Lampione). «Oh non per questo...»: aveva cantato Carducci, interprete massimo di quella frustrazione e di quella amarezza. C'era la rivolta contro il fiscalismo eccessivo (Sella sarà uno dei bersagli di Lorenzini). C'era la denuncia dei legami - male antico fra gruppi politici e gruppi affari stici. C'era la scontentezza verso i partiti, verso la loro frantumazione in gruppi personalizzati e quasi lottizzati. C'era la sfiducia nelle riforme, ritardate o tradite anche dopo l'avvento della sinistra al potere. E' rimasta celebre la lettera aperta di Collodi a Michele Coppino, ministro della Pubblica istruzione: «Date retta a me che sono insegnante: meno chiacchie- Giovanni Spadolini CONTINUA A PAGINA 8 PRIMA COLONNA

Luoghi citati: Bologna, Italia