IL BASKET KO

r— IL BASKET KO r— IL BASKET KO Colpa degli arbitri alibi troppo facile BISOGNA saper perdere», cantavano una trentina d'anni fa i Rokes, un quartetto inglese che aveva fatto fortuna in Italia. Ma Skansi, a quei tempi, si divertiva ad infilar palloni nel canestro e la musica italiana era tanto lontana dai suoi pensieri quanto quel complesso di persecuzione che invece ora turba le sue giornate. Così non solo ha perso (complici nel misfatto gran parte dei suoi trevigiani) ima Coppa Campioni che aveva già in mano, ma soprattutto ha rovinato l'immagine sua e della Benetton con assurdi tentativi di sminuire il successo del Limoges e di Maljkovic. Nessuna paura: il basket non è morto giovedì sera, né la finale di Atene è stata un incontro di catch, come ha sostenuto il tecnico croato-trevigiano. Scaricare le colpe sugli arbitri è antica usanza degli sconfitti, e purtroppo non accenna a morire: l'hanno prontamente seguita Paok, Real Madrid e Benetton, quasi a giustificare il fallimento dei loro grandi investimenti in soldi e uomini di nome. Troppe accuse agli arbitri, e da sponde opposte, non fanno che testimoniare l'ininfluenza dei fischietti. Il ripetersi di queste lamentele da parte italiana, dai club e dalla Nazionale, dovrebbe invece portarci a un esame di coscienza, ad adeguare il metro dei nostri arbitraggi a quello internazionale, senza pretendere di essere l'esempio con una presupponenza che né i risultati né lo stato di salute del nostro basket ci consentono più. Non è difesa, ma catch, quella organizzata da Maljkovic? Ci par di sentire le accuse che lanciava a Nikolic chi veniva stritolato dalla maschia difesa dell'epica Ignis: squadrone d'altro livello rispetto al Limoges, non si discute, ma tanti successi varesini furono costruiti intimidendo l'attacco rivale. Non è basket quello francese? Certo era più divertente vedere Dacoury agitarsi a vanvera e Young mitragliare a raffica (in Italia) facendo so- I avai 10 atto di presenza nella propria metà campo, più facile bollare Zdovc come mediocre gregario; ma nello sport conta vincere, e loro, plasmati da Maljkovic, ci sono riusciti. Skansi va rispettato per aver vinto molto, ma per Atene deve recitare il mea culpa: ha snaturato il gioco di una squadra comunque costruita male in estate (Kukoc inventa gioco ma non lo si può caricare a priori di quel peso: l'avvicendamento Teagle-Corchiani in campionato ne è la prova), non ha fatto quello che giustamente aveva ipotizzato alla vigilia, ha dato l'impressione a metà gara di sentirsi già vincitore, non ha saputo fermare i suoi e calmarli nel momento della bagarre. E con lui è mancato Kukoc, in lacrime per tutta la notte, hanno fallito Iacopini, Pellacani, Vianini. Un insuccesso che condizionerà il futuro. Gilberto Benetton è deluso: scudetto, Coppa Italia ed Euroclub avrebbero giustificato i faraonici investimenti (su tutti, i 24 miliardi in sei anni a Kukoc e i 20 miliardi per Rusconi), ma aver mancato il terzo e più importante traguardo indurrà 11 patron a «spingere» il croato verso Chicago. «Aspetto che venga a farmi un discorso serio», ha detto Benetton sul futuro di Kukoc: un chiaro invito, visto che Toni ha un ricco contratto fino al '97. Quanto alla squadra, molto dipenderà dal prossimo mese. Domani c'è lo spareggio dei quarti con Reggio Calabria (e oggi tocca a Milano ospitare Pesaro): se fallissero, i trevigiani sarebbero esclusi dall'Europa che conta e il preannunciato ridimensionamento sarebbe automatico, drastico. Solo lo scudetto potrebbe restituire al patron la voglia di ritentare la scalata all'Euroclub. Ma senza illusioni: c'è una rivale in più con cui fare i conti, la Francia, arrivata al grande basket in ritardo rispetto a Italia e Spagna, ma col vantaggio di trarre salutari lezioni dai loro eccessi ed errori. Guido Ercole ole |