Presi i gangster al soldo della mafia

Presi i gangster al soldo della mafia Presi i gangster al soldo della mafia II delitto Pecorelli pesa sulla banda della Magliana ROMA. Tra loro si chiamavano «rospetto», «il secco», «er pantera», «il pupo», «il catena», «er negro». Adesso, dopo la retata dell'altra notte, quelli che non sono morti ammazzati sono tutti in galera. E' finita così la «banda della Magliana», un'organizzazione di gangster all'italiana che in oltre lù anni ha messo le mani sul traffico di droga e di armi, sulle scommesse e sull'usura a Roma, seminando morti a decine. Con un blitz notturno organizzato dalla Squadra Mobile, dalla Criminalpol Lazio e dalla Digos sono state arrestate 55 persone: killer e mandanti di omicidi, fiancheggiatori, spacciatori, strozzini, riciclatori di denaro sporco. Nell'elenco figurano nomi che riportano alla mafia, alla P2, all'eversione nera: Ernesto Diotallevi, Massimo Carminati, Enrico Nicoletti, solo per fermarsi ai più noti. Il rapporto di polizia di oltre 200 pagine disegna un intreccio nel quale potrebbero trovare spiegazione alcuni dei misteri ancora insoluti della storia d'Italia, come ad esempio l'omicidio di Mino Pecorelli. A far crollare quello che restava della «Magliana» sono state le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, prima boss e ora pentito, arrestato più di un anno fa a Caracas, in Venezuela, estradato nell'ottobre scorso. I suoi amici, quando hanno saputo che la polizia se l'era «bevuto», si sono mostrati subito preoccupati. «Quando vai da lui digli che stesse tranquillo, che qui gli amici lo sanno che lui non ha parlato e che non parlerà mai», telefonava dall'Italia al Venezuela la moglie di Abbatino a suo suocero, che doveva andare in carcere pei' visitare Maurizio. Invece Abbatino ha parlato. Ha svelato i legami della «Magliana» con la mafia. (Amico del De Pedis - racconta in uno dei suoi interrogatori - era Danilo Abbruciati, il quale consentì di prendere contatto con fornitori del calibro di Stefano Bontade e Pippo Calò». Abbruciati fu ucciso nel 1982 a filano, mentre stava sparando al vice-presidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone, una vicenda t; rgata P2. Racconta Abbatino eh di quella storia «fu chiesto cónto ,.!la componente "testaccina" della banda: De Pedis e Pernasetti : limitarono a dire che era stata un'iniziativa personale di Abbruciai;, dia quale loro erano estranei, pr isando che doveva esserci nolo • he l'Abbruciati aveva legami, tramite il Diotallevi e il Calo, con gruppi di mafiosi siciliani ai quali, su R una, aveva in precedenza dovui dere dei favori anche tramite loro». Da queste confessioni spera di cavare qualcosa di utile anche il giudice Giovanni Salvi, che indaga sul delitto Pecorelli, e che ha già spedito un avviso di garanzia per concorso in omicidio a Pippo Calò. Abbatino spiega che fu proprio Abbruciati a presentargli Ernesto Diotallevi come «tramite con la mafia siciliana». Cosa Nostra aveva affidato alla «Magliana» parte dei suo traffico di droga su Roma, ma anche le altre organizzazioni criminali ('ndrangheta e camorra) facevanmo riferimento alla banda. Il pentito racconta dei suoi incontri con Enzo Casillo agli ippodromi di Tor di Valle e delle Capannelle, e con il suo boss Raffaele Cutolo, ai tempi in cui il «re di Ottaviano» era latitante: «Una volta gli facemmo sparire una Bmw 737 sporca di sangue. Da Selis appresi che lì il Cutolo aveva personalmente ammazzato due persone, e che i cadaveri erano stati gettati in mare». Contatti c'erano anche con la 'ndrangheta. Secondo il pentito era Gianfranco Urbani, un altro degli arrestati di ieri, a tenerli in vita, attraverso i boss Giuseppe Piromalli, Paolo Di Stefano e Pa- squale Condello. Lo stesso Urbani era in affari, in Thailandia, con il grossista di droga Koh Bak Kin, uno dei principali testimoni d'accusa al maxiprocesso di Palermo. Ma la «Magliana», vera e propria agenzia del crimine, ha esteso i suoi collegamenti anche all'eversione nera, attraverso quel Massimo Carminati arrestato perché ritenuto uno degli artefici del depistaggio nelle indagini sulla strage del 2 agosto 1980. Carminati, racconta fra l'altro Abbatino, si rivolse alla banda «per ottenere ospitalità a favore di persone del suo ambiente e con lui in stretti rapporti, quali i fratelli Fioravanti e Pasquale Belsito. A queste persone offrimmo ospitalità in un appartamento di via degli Artificieri». Uno dei sequestri di persona orchestrati dalla «Magliana», quello del duca Grazioli Lante della Rovere, nel 1977, finì con la morte dell'ostaggio anche se era stato pagato un riscatto di 2 miliardi: il duca aveva riconosciuto uno dei rapitori. Gli altri omicidi si sono susseguiti nella guerra interna alla banda, decisi a tavolino per sgarri nel traffico di droga o per semplici gesti di maleducazione, come un mancato saluto. Angelo De Angelis, per esempio, fu ammazzato nel 1983 perché tagliava la cocaina che gli veniva affidata. Lo aspettarono nella casa di uno degli uomini arrestati ieri, Vittorio Carnovale. «Io mi appostai dietro la porta d'ingresso - racconta Abbatino - mentre Toscano e Roberto Fittirillo restarono nella sala biliardo. Non appena il De Angelis varcò la soglia io sparai contro dì lui, ma il colpo non esplose; intervenne allora il Toscano che lo uccise con una rivoltella». In questa guerra è morto il fratello di Maurizio Abbatino, Robert, ammazzato dopo essere stato torturato perché rivelasse dove era nascosto il fratello. Ora Maurizio l'ha vendicato. [gio. bia.] Plppo Calò Maurizio Abbatino