Raina Kabaivanska eroina di Cilea «Prima» il 20, dirige Daniel Oren di Armando Caruso

ADRIANA LECOUVREUR ADRIANA LECOUVREUR Raina Kabaivanska eroina di Cilea «Prima» il 20, dirige Daniel Oren VENT'anni: tanti ne compie il Nuovo Regio ricostruito nel '73 dall'architetto Carlo Mollino. Con la gestione Tessore-Majer, si festeggia l'avvenimento mettendo in scena un'opera del grande melodramma italiano: quell'«Adriana Lecouvreur» di Cilea, appannaggio di grandi voci e di sicure esperienze artistiche. Il sipario si aprirà puntualmente alle 20,30 del 20 aprile. Sul podio Daniel Oren, direttore israeliano che in Italia ha fatto parlare molto di sé: conosce bene la partitura, ha segnato mille particolari, ha una sua precisa idea dell'opera, è un accompagnatore intelligente, al servizio della musica. In scena un gruppo di artisti di livello mondiale: senza alcuna discussione. Adriana Lecouvreur è Raina Kabaivanska, vale a dire la più grande interprete di questo ruolo (nella foto piccola con Oren; a destra, in scena); il Conte Maurizio di Sassonia, Giorgio Merighi, uno dei tenori più eleganti vocalmente e scenicamente che il repertorio lirico spinto possa vantare: canta in tutto il mondo, «Turandot», «Cavalleria», «Chénier», «Manon Lescaut», «Tosca», «Trovatore». Un personaggio per certi versi scomodo, che non disdegna - lui, unico cantantedirettore artistico (del Teatro di Jesi) - di polemizzare con il ministero per il modo con cui si conduce oggi l'intera vicenda LA STORIA DELL'OPERA A TORINO SINGOLARE il destino torinese di «Adriana Lecouvreur», in novant'anni di vita già rappresentata sei volte nella nostra città con il costante favore del pubblico, un po' meno della critica. Mila, per esempio, dichiarava di appartenere a quel ristretto gruppo di «persone che ascoltano quest'opera digrignando i denti per furore contenuto, e reprimendo a fatica la tentazione d'incendiare il teatro». Certamente più meditato il giudizio di Della Corte, che riconosceva aH'«Adriana Lecouvreur» i caratteri di «opera determinata, sobria, delimitata, e mai svagata, sfuggente e sconclusionata». Queste parole recano la data del 4 febbraio 1933, «prima» al Regio dell'opera di Cilea, che coincide con il suo ritorno sulle scene torinesi, quasi trent'anni dopo il battesimo del Vittorio Emanuele (13 ottobre 1904), direttore il 26enne Tullio Serafin e protagonista per quattro recite l'argentina di origine italiana Amalia De Roma, poi sostituita per le restanti quindici dalla fine e intelligente Bice Corsini. Entusiasmante fu certamente, proprio nel '33, Giuseppina Cobelli, senza dubbio la più grande Adriana del periodo pre-Olivero, che tornerà nell'ottobre 1941. Logico passaggio del «testimone», quindici - • del teatro lirico in Italia. Nel ruolo di Michonnet, amico devoto di Adriana, c'è il basso-baritono spagnolo Charles Chausson, che denota origini francesi: toni caldi, voce rotonda, canta all'antica. Come? Con ottima tecnica é col cuore al suo personaggio. Nelle prove è stato eccellente. La principessa di Bouillon, rivale dell'attrice, è Stefania Toczyska, il Principe di Bouillon è Alfredo Zanazzo; Mauro Buffoli è l'Abate di Chazeuil; Quinault è Matteo Peirone. Bernadette. Lucarini è Jouvenot; Dangeville, il bravo soprano torinese Silvana Moyso, artista sensibile, che torna al Regio dopo qualche anno di as- anni più tardi, alla cóncittadina (di adozione) Madga Olivero, che aveva ripreso la carriera nel dicembre 1950 per accondiscendere al desiderio di Cilea. Sarà poi la volta, nel '62, di Renata Tebaldi, splendida voce più che penetrante interprete, e infine, nel maggio 1980, di Maria Chiara, che si muove autonomamente nel solco tracciato dalla grande Magda. E' ora il turno (20 aprile, per sette recite), di Raina Kabaivanska, ossia colei che ha raccolto, affinandola con la propria personalità, la magistrale lezione oliveriana. Va anche detto che in due recite (4 e 7 maggio) verrà tenuta a battesimo una promettente cantante italiana, Francesca Patané, figlia d'arte (suo padre è il compianto direttore d'orchestra). Regista dello spettacolo è Alberto Fassini, che lunedì 19 (ore 18), al Circolo della Stampa, riceverà la Targa triennale degli «Amici del Regio». Una delle caratteristiche dell'«Adriana» è di proporre (primo e terzo atto) l'uso del «teatro nel teatro». Ne fa menzione, fra i pochi casi analoghi, Piero Mioli, autore di un recentissimo e utilissimo Manuale del melodramma edito dalla Bur, che verrà presentato giovedì 22 (ore 17,30) al Piccolo Regio. Giorgio Gualerzi senza. Maestro del Coro è Massimo Peiretti. L'«Adriana Lecouvreur» è affidata alle cure di un regista che per l'opera ha una passione intensa: Alberto Passini è gran suggeritore di idee, uomo che plasma l'attore-cantante. Vederlo agire in scena è un piacere: scambia le idee con gli artisti, discute i punti di vista, con quel tratto signorile che lo distingue, ottiene apprezzabilissimi esiti. «Che mediti, Adriana?» canta con voce sommessa Michonnet-Chausson. E Fassini interviene: «Chausson ascolta. Io credo che si tratti di una riflessione. Non c'è bisogno di girarti, di cercare con lo sguardo Adriana. Resta seduto sul divano e rifletti, quando canti "Noi siam gente povera"...». Raina Kabaivanska si muove con la sicurezza dell'attrice consumata: in scena si illumina, accenna ai recitativi del secondo atto con straordinaria eleganza. Nel palazzo del Conte di Sassonia manca soltanto Giorgio Merighi, altro veterano di quest'opera tratta dal dramma di Eugéne Scribe e Ernest Legouvé, sicuramente la più viva di questo grande, umile compositore che, ricordiamolo, non esitò a scrivere un biglietto alla grande Magda Olivero per convincerla a ritornare in scena proprio per farle cantare la sua Adriana. Armando Caruso

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