PETRIGNANI: LE VITE INQUIETE di Bruno Quaranta

PETRIGNANI: PETRIGNANI: LE VITE INQUIETE SROMA ara il caso o la necessità, ma le donne di Poche storie (Theoria, pp. 170, L. 22.000), racconti «sofferti» da una donna, Sandra Petrignani, devono a un uomo il possibile conforto. Poche storie insegna la voce maschile del quadro che dà il titolo al libro : flagellarsi non giova, è una disciplina che corrode, distrugge. Come sapeva bene Niobe: gli dei le uccisero i figli, lei li pianse nove giorni, poi si ricordò del cibo «perciié si era stancata di piangere». Tutt'al più, se faticare è inevitabile, meglio inseguire nella fresca, quasi fredda Roma di aprile, l'eco di una trattoria moraviana, con la pergola, l'oste rosso in viso, spaghetti aglio e olio, ciriola fritta dorata, pecorino, vino di Grottaferrata... Nelle stanze di Poche storie si rincorrono «in fretta e lentamente» (il suggerimento di Salinger scelto come seconda epigrafe) nevrosi e malinconie, ira e dolore, eros e incubi. E, soprattutto, la morte, l'ombra indelebile che è, «l'unico spavento» capace di nobilitare la nostra esistenza, secondo il Bernhard della prima epigrafe. E invece - fustiga lo scrittore austriaco - (la nostra esistenza) è soltanto meschina». «Se non dimenticassimo mai il sensonon senso della vita, l'epilogo dei giorni avuti in sorte - riflette Sandra Petrignani - magari riusciremmo a fare qualcosa di meno ignobile. Come testimonia in "Descrizione di un addio" Marta: non rifiutando l'onda in arrivo, non sfuggendo lo sguardo della sorella agonizzante. Occorre allineare grandi e piccoli atti per raggiungere una vecchiaia serena, non sporcata e gravata dalla vergogna». Il viaggio da poco concluso intorno all'ultima stagione, per la collana «Geografia» della casa editrice Theoria, l'ha scossa: «Mi sono imbattuta in decine di vite deragliate. Saggezza, equilibrio, rassegnazione virile, ovvero i distintivi che siamo soliti individuare nella terza età, non abbondano». Sandra Petrignani fonda la speranza di conquistarli sulle figure sin qui conosciute: «Alberto Moravia: un curioso inesauribile. Giorgio Manganelli: così distaccato dal "ruolo" scrittore. E Lalla Romano, Anna Maria Ortese...». E forse quell'antico e leggendario conte della sua città natale, Piacenza, che rifiutò sempre di visitare Londra, Parigi, Roma opponendo un alibi letterario per eccellenza: «Me le immagino». Anziano, in Poche storie, è l'uomo che avverte, perentorio: «Il tragico esiste, è ciò su cui non si può esercitare alcuna ironia». Vecchio è il professore di «La nave per Bastia» che sprofonda «verso il ventre dell'allieva», assaporando, in finale di partita, una tenerissima ebbrezza. Avanti negli anni è «il nonno in giardino», indipendente, spettatore disincantato «dell'ostilità che lo circonda». Sono i tre uomini - setacciando meticolosamente gli smerigliati racconti potrebbero sfiorare le dita di una mano - che non deludono le donne di Sandra Petrignani, sino a toccarne «il cuore e la mente», come direbbe Cohen. Gli altri (uomini) vengono affogati nell'indifferenza o nel ridicolo o nella vendetta. Perché «non basta desiderare un corpo. Non sanno che toccare involucri, non conoscono la connessione con gli stati d'animo». Perché calpestano le favole (il rospo schiacciato da Fabrizio lungo la piscina, incidente che sconvolge le amiche in attesa del principe). Perché umiliano i desideri di Lei (Rosina voleva salire sul set, «era nata per essere una regina, non per quella miseria»: nessuno l'aiutò, «loro» furono massacrati). «Cattivi» e «maledetti», !m scrittrice Sandra Petrignani pubblica da Theoria «Poche storie» gli uomini. Ma insieme «compatiti»: «Per il carico di sofferenza che li opprime, giogo che li accomuna a noi donne» concede Sandra Petrignani. Le casalinghe, le popolane, le bambine, le borghesi di Poche storie sono folgorate da un testo di Battiate applaudono chi invoca «un centro di gravitazione permanente» («Talvolta le canzoni vanno diritte al punto»). Maria, visitata dal suo doppio, costretta quindi a reggere lo specchio, a scoprirsi, oscilla fra uscita di senno e salvezza. La ragazza rimandata in greco scopre la bussola nella lingua di Aristotele («L'attenzione ossessiva per la differenza fra effettivo e possibile mi affascinava, fra la realtà come davvero accade e il nostro sognarla»). Topazia si placa con «le esperienze sessuali del terzo tipo» («carezze elettriche, scosse praniche»). Sandra Petrignani modella la quiete «scrivendo e riscriven do». E accogliendo la rivelazio ne di parentele che neppure so spettava. «L'estate dei bambini morti», ad esempio, è un rac conto soffuso di atmosfere alla Dùrrenmatt, autore - assicura - «che non ho mai frequenta to». E dire che meriterebbe di inoltrarsi nella Promessa. La «ruvida» estetica che ne segna l'avvio le si intona: «Mandate alla malora la perfezione se volete procedere verso le cose, verso la realtà, oppure occupa tevi di inutili esercizi di stile». Bruno Quaranta

Luoghi citati: Grottaferrata, Londra, Parigi, Piacenza, Roma