BERTOLUCCI I miei giorni con BUDDHA

BERTOLUCCI Nel cuore del Nepal: il regista ci parla del film, le lunghe traversie e la «pace» firmata con i religiosi BERTOLUCCI / mìei giorni con AKATMANDU BBIAMO lasciato Katmandu nella notte per arrivare dopo molti chilo 1 metri a Bhaktapour, cittadina irta di statue e di templi, lungo una strada accidentata. L'alba ha i suoi fantasmi. Nella nebbia ghiacciata, saltellano ombre indistinte. Un po' più tardi, quando si dirada, si affaccia la nuda realtà del Nepal attraverso una serie di scivolamenti progressivi, di spostamenti improvvisi, di rivelazioni multiple. Il cinema si è impadronito di questi luoghi isolati e sacri che pure la benedizione mquinante del turismo ha già toccato: Bernardo Bertolucci sta girando le scenechiave del suo film epico e misterioso: Il Piccolo Buddha. E' un film che porta dentro di sé da molto tempo. Il suo primo viaggio a Katmandu avvenne nel 1974, è prima della realizzazione del Tè nel Deserto alcuni produttori di Hong Kong gli proposero di adattare per lo schermo una vita di Buddha. Bertolucci rifiutò, perché non gli interessava l'approccio storico, ma accettò come un segno del destino uno strano regalo che gli fece John Malkovich in pieno deserto: un piccolo Buddha d'avorio. Lo agganciò immediatamente al visore che porta sempre al collo, quasi fosse una premonizione. Dopo molti dubbi, e molte esitazioni, dopo aver scartato due progetti concorrenti - uno in Giappone e l'akro in India -, dopo essersi lungamente documentato al Musée Guimet a Parigi e al British Museum di Londra ed essersi assicurato l'appoggio di esperti e di consiglieri religiosi tra cui il celebre Dzongsar Khyentse Rinpoche: e, ancora, dopo essere andato a consultare lo stesso Dalai Lama a Vienna, Bertolucci, con il suo collaboratore Mark People e lo sceneggiatore americano - e buddhista Rudy Wulitzer, traccia finalmente le linee portanti del suo Piccolo Buddha. Il film sarà la storia di un Lama carico d'anni e di saggezza (interpretato dall'attore cinese Yink Ruocheng, il governatore nell'Ultimo Imperatore), che lascia il suo monastero per andare a Seattle, Usa, dove un picco- _ , io e svegussi- Le prime mo americano x •ìLx0 weSn- mentre sclanger) potrebbe rivelarsi come l'incarnazione del suo maestro, morto molti anni prima. Il marmocchio andrà con il padre (Chris Isaac) in Nepal a cercare la conferma di questa verità soprannaturale e si troverà a dover affrontare altri due bambini - uno sciuscià di Katmandu e una ragazza dell'alta borghesia nepalese. Prove e iniziazioni decideranno chi è l'eletto, mentre la vita di Buddha, dalla nascita all'illuminazione, verrà raccontata ai tre piccoli contendenti. Così il passato, magnifico e dell'albail ciceron ricco di significato, è destinato a congiungersi con il presente confuso e violento; così Bertolucci prosegue nella sua ricerca personale ed esistenziale, ma in un modo nuovo, sembra, incantato e sereno. In esilio volontario dal suo Paese, , dalla sua epoca, come in crisi di fiducia con l'oggi, Bertolucci è andato dalla Cina di Pu-Yi al Marocco di Bowles per arrivare ancor più lontano, al paese del Buddha, al cuore di una leggenda illuminante condivisa da 600 milioni di Terrestri. E al mattino, mentre aspetta che la nebbia si levi, Bertolucci dice a mezza voce: «Sono il cicerone delle rovine». Su questa frase enigmatica, il cielo si schiarisce e un luogo fiabesco appare bruscamente, in un esplosivo splendore. Non lo sapevamo, ma c'è un'intera folla, là, in silenzio. Il principe Siddharta, futuro Buddha, fa la sua prima comparsa fuori dal suo palazzo-prigione, «richiamato - dice Bertolucci - da una canzone sconosciuta che parla delle bellezze e delle tristezze del mondo...», per scoprire poco a poco la vecchiaia, la malattia, la morte. Tutti mali a lui sconosciuti fino ad allora. Vestito di stoffe preziose, Siddharta viene portato su un monumentale palanchino di legno dorato. Lo circondano elefanti, cortigiani, ragazze e tamburini. Su uno di loro si avventa una truccatrice, armata di rasoio elettrico. Senza una parola, gli taglia i baffi. La comparsa ha uno sguardo terribile, di umiliazione e di rassegnazione. Adesso la scena è pronta. Nessun grido, calma assoluta: comincia a partire una sorta di balletto dalla grazia straordinaria. «Silenzio, motore, azione». Bertolucci ha lanciato i tre ordini uno dopo l'altro, aggiungendo: «Forza! Voglio tutti contenti!». Il palanchino si scuote, le porte si aprono, la gente urla. D'improvviso, nella strada stretta, colorata, allegra, fremente sotto una pioggia di petali, appaiono alcuni uomini, con la testa coperta, che portano delle torce. Su una ba¬ rella, sta un cadavere a viso scoperto. Siddharta, alla sua prima uscita, si trova faccia a faccia con la morte... Durante una pausa, Bertolucci va al primo piano di un piccolo caffè. Lo attendono le autorità locali. Gli mettono quasi a forza un piccolo mazzo di fiori tra le mani, gli offrono, cerimoniosi, due piccole sculture, popolate di deità dalle molteplici braccia ondeggianti. Lui dice, con un pizzico di solennità: «Ringrazio questa città, Bhaktapour. Spero che il mio film avrà un successo sufficiente per rendere giustizia nel mondo agli abitanti di questa città. Ma se me lo consentite, fate attenzione al turismo, imparate a controllarlo, a dominarlo, oppure il turismo finirà per uccidervi». Questa cerimonia, spiega Ber¬ tolucci, «è stata un po' come la firma di un trattato di pace. Sì, è stata dura. I buddhisti più integralisti non ammettevano che la parola "piccolo" potesse essere associata a Buddha e chiedevano che il titolo del film fosse cambiato in "Giovane Buddha". Le autorizzazioni per erigere delle strutture vicino ai monumenti più antichi venivano concesse e poi ritirate, da un giorno all'altro. I negoziati avviati con il re venivano rifiutati dai responsabili del partito comunista che controllano la città. Gli abitanti che non vivevano nelle zone dove si svolgevano le riprese chiedevano del denaro, le stesse cifre che erano state pagate a quelli che vivevano nelle zone usate come set. E costoro chiedevano altro denaro ancora». Il giorno dopo, si gira la finta zza, mbino, iuttosto cremazione, sconvolgente quanto la vera. La ragazza che impersona una morta è di un'impressionante bellezza, immobile: ha un fiore sulla bocca e delle monete sigillano le palpebre chiuse. Bertolucci, con tono leggero, dice: «Non si potrebbero trovare dei pezzi d'argento? Questi pezzi di bronzo sono troppo tenui, hanno lo stesso colore della pelle». La madre della «morta» è là, tutta fiera. Nel suo sari, protegge un bebé. Ancora più fiera, spiega che il neonato avrà l'onore di interpretare Siddharta al momento della nascita. E' un giorno da vertigine. Si vedono Buddha dappertutto. Là, c'è il Buddha appena nato, poi il Buddha di un anno, superbo tra le braccia del padre (che è tedesco), e il Buddha nepalese di otto anni, dagli occhi straordinari, e il Buddha di 28, Keanu Reeves. Bertolucci lo guarda, molto bello, truccato come un idolo, ed esclama: «Né uomo né donna né travestito, né bambino né ragaz¬ za, un'idea piuttosto interessante di Dio». Lentamente, percorre un vasto avvallamento dove sono ospitati malati, mendicanti e anziani, avvolti in stracci color della terra. Non c'è bisogno di trucco per questa corte dei miracoli senza età e di tutte le età. Quando passa davanti a loro questo Siddharta cinematografico, nel suo costume azzurro e oro, i mendicanti lo salutano, a mani giunte e a testa bassa. «Tagliate!», grida Bertolucci. Sgrida l'assistente francese. «Chi ha detto loro di salutare?». Nessuno. Hanno salutato spontaneamente questo personaggio senza tempo ed eccezionale, emerso dai recessi della loro memoria. Perché? Perché - dicono - «lui è un re». Un re di cosa? Un re e basta. Nella sua camera all'hotel Yack and Yeti, Bertolucci prepara il lavoro per il giorno dopo e sogna. «Dopo la Cina, il Sahara, il Nepal, e perché no? il massiccio Centrale». Guarda delle videocassette. «Ho bisogno di nutrirmi di film», la «Marseillaise» di Renoir, «Germania, Anno Zero» di Rossellini, «Medea» di Pasolini. Daniele Heymann Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» «Né donna, né ragazza, né travestito, né bambino, né uomo: un'idea piuttosto interessante di Dio» _ , « Le prime parole, x •* 7 mentre si dirada la nebbiadell'alba: «Io sono il cicerone delle rovine» ^ Bernardo Bertolucci a Katmandu: in ^ Nepal sta girando «Il piccolo Buddha». In basso un'altra foto del regista. A sinistra una grande testa bronzea di Buddha