Il psoe trova un alleato, il re di Mimmo Candito

Il biografo di Gonzàlez avvisa: da qui a giugno spunteranno altri scheletri Il biografo di Gonzàlez avvisa: da qui a giugno spunteranno altri scheletri Il psoe trova un alleato/ il re Juan Carlos teme la destra LA BATTAGLIA DI MADRID JMADRID DAL NOSTRO INVIATO Se i giornalisti non fossero indiscreti per dovere, e anche imperdonabilmente pettegoli, oggi non si racconterebbe qui che Sua Maestà il re Juan Carlos I, fattore preziosissimo di equilibrio nella difficile Transición della Spagna postfranchista, appaia letteralmente «terrorizado» (parola testuale della fonte dell'informazione, che con il re ha'appena pranzato), terrorizzato che i socialisti possano essere battuti, nel voto di domenica 6 giugno. Questo, sia ben chiaro, non vuol dire affatto che il re sia socialista o comunque filo Gonzàlez; è soltanto che Sua Maestà si preoccupa della instabilità che può minacciare la Spagna dopo un cambio di governo, e soprattutto dopo un cambio di governo con un partito - il pp di José Luis Aznar che porta dentro di sé cento anime, dalla liberale alla moderata, dall'Opusdeista alla conservatrice, fino ai nostalgici del Caudillo, gente che ancora ha lo stomaco di andarsene in giro con la foto di Franco nella cornice buona. Però così van le cose in questa bellissima terra di Spagna, e dopo dieci anni di governo il psoe appare irrimediabilmente destinato alla sconfitta, o comunque incapace di confermare la maggioranza assoluta che ha avuto finora. La colpa? Basta andarsene a spasso e chiedere alla gente, la ri¬ sposta (quasi) unanime sarà stata: «Hanno rubato in modo vergognoso, troppo». La corruzione è l'ultima spallata a una ormai diffusa insofferenza verso la trasformazione del partito di governo in un sistema di potere incontrastato, urt autentico regime. E in un paese che si è appena liberato dei fantasmi di Franco, quando la gente dice la parola «regime» lo fa con piena consapevolezza, amara, disgustata. A differenza che in Italia, qui i socialisti avevano la maggioranza (tecnicamente) assoluta nelle Cortes e dunque non c'era la necessità dei patteggiamenti e delle conventicole di partiti che da noi avevano creato la consociazione di Tangentopoli; qui era uno solo a decidere, e la tangente se la beccava lui soltanto. «E se da voi era del 10%, qui era del 15», dice Antonio Guerra, autore di una biografia di Gonzàlez che ha fatto arrabbiare il premier ma ha avuto un gran successo di vendita. «Guardi che io - dice Guerra parlo da socialista». Quando il psoe era andato al governo, nell'82, lo aveva fatto sventolando una rossa bandiera dove con convinto orgoglio proletario stava scritto «Cien anos de honradez». Quei cento anni di onore si sono consumati assai presto. Il «15%» era stato, all'inizio, soltanto un obolo dovuto per le povere finanze del partito; però, col passar del tempo, il flusso facile di denaro aveva cominciato a tro- vare rivoli perduti e misteriose transazioni che portavano fino alle tasche dei dirigenti. Chi è stato da queste parti durante gli anni difficili che seguirono la morte di Franco, in Spagna, o la vittoria della Revolucao, in Portogallo, se frequentava i vecchi uffici del psoe a Madrid, o l'albergo Tivoli a Lisbona, non avrà mancato di incontrare un bel signore tedesco, atticciato come tutti i tedeschi ma assai più cordiale della gran parte di loro (lui, fortunato, aveva vissuto a lungo in Messico), che andava in giro con una accuditissima valigetta marrone. Herr Dieter Konietzki non lo ha mai detto a nessuno, naturalmente, ma dentro quella valigetta che lui si teneva sempre attaccata addosso stavano i marchi che Willy Brandt mandava al psoe e al psp. Non erano corruzione, certo, ma una storia lunga vent'anni può cominciare anche da una piccola borsa piena di moneta alemanna, che arrivava periodicamente dalla multinazio- naie tedesca Flick attraverso la Fondazione socialdemocratica Frederik Ebert. A dicembre dell'84, di fronte a un parlamento che interrogava con durezza il governo sui finanziamenti del partito, Gonzàlez perdeva il controllo e se ne usciva in una frase che ha fatto epoca: «Senores, aqui no hay ni Flick ni flock». Ci furono molte risate, ma la storia se ne restò lì irrisolta. Poi sono però arrivati il caso Renfe, l'affare Guerra, i soldi sospetti in Andalusia, la battaglia sporca per le banche, decine di altre storie che sempre più gettavano ombre e chiacchiere sui cien anos de honradez. Fino al «caso Filesa», che ha trovato un giudice, Barbero, coi denti duri di Di Pietro; e lo scandalo è scoppiato tra le mani del potere. Oggi Sua Maestà è preoccupato. La corruzione qui non ha risparmiato nessuno, né il psoe né il pp; molta gente dice che non sa per chi voterà, il 6 giugno, e nemmeno se voterà. I tre milioni di disoccupati e un'industria in crisi pesante non offrono prospettive di buonumore, nei pranzi di un ottimo monarca senza però poteri. Mimmo Candito Per gli spagnoli il premier del miracolo è diventato il Senor 15 per cento A destra, re Juan Carlos A fianco: il segretario del psoe e premier spagnolo Felipe Gonzàlez