Strage di Bologna Fermato Carminati

6 Esponente della «Magliana» e dei Nar Strage di Bologna Fermato Carminati BOLOGNA. Massimo Carminati, esponente storico della Banda della Magliana, è stato posto ieri in stato di fermo dalla squadra mobile di Roma, su richiesta della Procura bolognese, con le accuse di partecipazione a banda armata e calunnia. Il primo reato si riferisce alla presunta appartenenza al gruppo neofascista dei Nar di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, prima condannati all'ergastolo, poi assolti, e ora in attesa di un nuovo processo d'Appello per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto '80, in cui morirono 85 persone e 200 rimasero ferite. Il secondo reato è relativo al più grave depistaggio dell'inchiesta su quella strage: la valigetta piena di armi, esplosivo e documenti fatta trovare da ufficiali «deviati» del Sismi sul rapido Taranto-Milano, il 13 gennaio '81. Per quell'episodio, che, secondo quanto sostiene l'accusa, servì a coprire i veri autori dell'eccidio, indirizzando l'inchiesta verso la destra internazionale, sono stati condannati il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte. In primo grado, con la stessa accusa, erano stati condannati anche il capo della loggia massonica P2, Licio Gelli, e Francesco Pazienza. Carminati, secondo il pm di Bologna Libero Mancuso, avrebbe fornito per il depistaggio il fucile mitragliatore trovato con la canna mozzata all'interno della valigetta. Secondo l'accusa, il fucile proverrebbe da un deposito trovato nell'81 in uno scantinato del ministero della Sanità all'Eur e probabilmente utilizzato dalla banda della Magliana e da neofascisti. Nello sgabuzzino furono trovati anche barattoli di esplosivo pressoché identici a quelli della valigetta, guanti, passamontagna e altri oggetti che fecero ritenere che fosse stato effettivamente identificato il luogo da cui proveniva il materiale del depistaggio. Carminati, secondo i giudici bolognesi che condussero la prima inchiesta sulla strage, era «interno» non solo alla banda della Magliana, ma anche ai Nar e ad Avanguardia nazionale di Stefano Delle Chiaie. Amico di lunga data di Valerio Fioravanti, Carminati con lui fu coinvolto anche nell'inchiesta sull'omicidio del direttore della rivista Op, Mino Pecorelli. A riferire la circostanza ai giudici, che poi archiviarono il caso, fu Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio, che disse di averla appresa dall'altro esponente dei Nar Alessandro Alibrandi, successivamente ucciso in uno scontro a fuoco. Secondo quanto sostiene Cristiano, il fratello riferì ai compagni di cella che Gelli aveva interesse che Valerio non rivelasse nulla su quello che sapeva della morte di Pecorelli. Per gli inquirenti bolognesi, Carminati è un uomo importante di quella stagione di legami tra malavita organizzata, neofascisti, piduisti e faccendieri e potrebbe sapere molte cose sulla strage alla stazione di Bologna. Contro di lui, Mancuso aveva chiesto nei giorni scorsi un mandato di cattura (si procede con il vecchio rito nell'ambito dell'inchiesta-bis) al giudice istruttore Leonardo Grassi. Poi, nell'attesa dell'evolversi dell'iter giudiziario, Mancuso ha dovuto stringere i tempi, disponendo il fermo di Carminati per pericolo di fuga. A quanto si è appreso, sarebbe stata imminente una sua partenza per una località imprecisata. Quello di Carminati è l'ultimo sviluppo di un'inchiesta che, seppure senza grandi colpi di scena, continua a riservare delle novità. Nelle ultime settimane i giudici bolognesi, che conducono anche l'inchiesta-bis sulla strage dell'Italicus (4 agosto '74, 12 morti e 80 feriti) hanno firmato mandati di comparizione contro alti ufficiali dell'esercito, dell'aviazione e dei carabinieri per reati connessi all'inchiesta sulla strage di Bologna. [Ansa]

Luoghi citati: Bologna, Milano, Roma, Taranto