Sonnambula restaurata da Pidò
A Verona A Verona Sonnambula restaurata da Fidò VERONA.La stagione del Teatro Filarmonico in cui i complessi dell'Arena si trasferiscono d'inverno ha avuto un momento felice con l'esecuzione della «Sonnambula» diretta da Evelino Pidò dopo un accurato lavoro di revisione sull'autografo custodito da Casa Ricordi. Anche per Bellini urge la necessità di un'edizione critica se è vero, come è vero, che anche un fiore delicato e fragile come «La Sonnambula» è stato strapazzato nel corso degli anni e sottoposto a ritocchi compromettenti col risultato di appannare la straordinaria finezza che caratterizza la scrittura vocale e strumentale del compositore. Pidò ha restaurato fraseggi e coloriti, orchestrazione e agogica, col risultato d'imprimere alla «Sonnambula» un ritmo alacre e vivace, evitando lungaggini e stagnazioni non rare nelle esecuzioni correnti. L'incanto lirico che percorre da cima a fondo il capolavoro di Belimi è stato così inserito nella sua giusta cornice: quella dell'idillio naturalistico fissato con sufficiente precisione nelle scene di Antonio Fiorentino e nella regia di Mattia Testi. Non già le vedute collinati della Brianza, come s'usa di solito, bensì quelle montuose e selvagge della Svizzera, indicata come luogo dell'azione nel libretto di Febee Romani, hanno ispirato questa gradevole scenografia, lievemente appesantita da tendaggi verde scuro che incorniciano la montagna e la pineta, il mulino e le case di legno. C'è un respiro, nella «Sonnambula», che avvolge ambiente e personaggi, un respiro impalpabile ma denso di presagi e di ricordi, di stupori e di sguardi rabbrividenti lanciati nel mistero: la vicenda dei due giovani campagnoli, prima uniti, poi divisi, poi di nuovo uniti, sfuma continuamente nel sogno e la sonnambula Amina con i suoi gorgheggi e le sue stralunate melodie diviene il tramite fra il mondo tangibile e l'assoluto romantico che lo circonda. Impegnata nella resa del difficilissimo personaggio, la giovane Fernanda Costa s'è fatta onore sul piano vocale: voce agile e dolce ma, quando occorre, robusta e capace di incisività drammatica, non si lascia mtirnidire dalle straordinarie difficoltà musicali della parte e le risolve di slancio, con invidiabile sicurezza. Tutta presa dal suo difficile impegno tecnico, la Costa ha però accantonato - si spera solo momentaneamente - i problemi interpretativi, eseguendo tutta l'opera con uniformità di coloriti e sostanziale estraneità agli aspetti conturbanti, misteriosi, inquieti e patologici della sonnambula: tra il vegliar cantando e il cantar dormendo c'è una bella differenza, ma la Costa non si è minimamente preoccupata di farla sentire e vedere, mandando così, praticamente, in fumo, le due scene di sonnambulismo. Sulla stessa linea di efficienza vocale e di scarsa preoccupazione interpretativa si è mosso il tenore Ramon Vargas, una voce notevolissima sul piano tecnico per smalto, luminosità di suono, e sicurezza di intonazione: maggiori sfumature la renderebbro forse irresistibile. Completavano il cast Rodolfo Carlo Colombano e Anna Schiatti, molto efficienti nelle parti del Conte e di Lisa: il primo soprattutto, davvero incisivo per la qualità timbrica e la tornitura del suo canto baritonale. Anche il coro, istruito da Armando Tasso e molto presente nell'opera ha contribuito al successo della serata, mentre l'orchestra dell'Arena, sottoposta da Pidò ad un lavoro di accurata concertazione, ha dato risultati apprezzabili per agilità e leggerezza. Paolo Gal tarati
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