Rabin promette ai palestinesi la terra in cambio della pace di Aldo Baquis

10 Svolta dal vertice con Mubarak in Egitto in vista della ripresa del negoziato a Washington Robin promette ai palestinesi la terra in cambio della pace TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il principio della «pace in cambio di territori» è applicabile non solo alle alture del Golan ma, in prospettiva, anche alla Cisgiordania e a Gaza: lo ha enunciato ieri - per la prima volta in termini espliciti - il premier israeliano Yitzhak Rabin durante la conferenza stampa che ha concluso a Ismailia, in Egitto, quattro ore di fitti colloqui con il presidente egiziano Hosni Mubarak dedicati al rilancio dei negoziati di pace. La precisazione del premier che potrebbe rivelarsi decisiva per consentire la partecipazione dei palestinesi alla prossima seduta delle trattive di pace, il 20 aprile a Washington - era stata chiesta con insistenza per mesi dalla delegazione palestinese ai negoziati e, ancora ieri, da un collaboratore del leader dell'Olp Arafat, Bassam Abu Sharif, in un'intervista al «Jerusalem Post». . «Contrariamente al governo che ci ha preceduti - ha detto il leader laborista - la nostra posizione è basata sull'accettazione delle Risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, come base dei negoziati con la Siria. Naturalmente - ha aggiunto - questa sarà anche la base dei negoziati con i palestinesi dei Territori, quando verrà toccata la questione dello status definitivo della Cisgiordania e di Gaza». Per il momento a Washington si discute di un regime di autonomia amministrativa che durerà cinque anni. All'apertura della Conferenza di pace per il Medio Oriente, nell'ottobre 1991 a Madrid, l'allora premier Yitzhak Shamir aveva accettato che la convocazione delle parti avvenisse sulla base di quelle risoluzioni dell'Onu, precisando però che Israele avrebbe rivendicato in futuro la sovranità sui Territori. Al termine dell'incontro con Rabin, Mubarak ha detto di nutrire «grandi speranze» che i negoziati di pace possano riprendere, ma ha prudentemente ricordato che un annuncio ufficiale si avrà solo alla fine di questa settimana, al termine del vertice arabo di Damasco. Nonostante il grave «peso politico» della permanenza in Libano di oltre 400 integralisti islamici espulsi dai Territori il dicembre scorso, i palestinesi si presenteranno all'appuntamento: questa convinzione è stata espressa non solo da Mubarak, ma anche dallo stesso Abu Sharif. Fonti palestinesi in Egitto hanno rivelato ieri che in proposito esiste un progetto di mediazione Usa: l'annuncio del ritorno della delegazione dei Territori ai negoziati bilaterali, hanno precisato, sarà seguito da una dichiarazione di Washington contro le espulsioni e dall'autorizzazione israeliana all'immediato rientro di decine di attivisti dell'Olp espulsi tra il '67 e l'87. Rabin ha fatto un altro passo verso i palestinesi, confermando durante il volo verso Ismailia che non esiste più un veto di principio alla partecipazione ai negoziati di pace di Faisal Husseini, principale figura prò Olp nei Territori. In un clima ostentatamente cordiale, i due leader hanno menzionato la possibilità che accanto al tavolo dei negoziati i delegati palestinesi trovino un «pacchetto» di gesti distensivi, la cui natura sarà illustrata solo all'effettiva ripresa dei colloqui. Ma l'ufficioso «Al Ahram» ne ha già anticipato ieri alcuni punti: revoca graduale dell'isolamento di Cisgiordania e Gaza (in vigore dalla fine di marzo), incoraggiamento degli investimenti nei Territori per alleviare il problema dei pendolari palestinesi di cui Israele non vuole più avvalersi, e riunificazioni familiari. Mubarak, d'altra parte, si è sforzato di convincere il premier israeliano della disponibilità siriana a concludere un accordo di pace con Israele sulla base del modello egiziano, accordo che la radio del Cairo ha dato per imminente. «Secondo il presidente Hafez Assad - ha precisato Mubarak - la formula dovrebbe essere "tutto in cambio di tutto". Ne deduco che in cambio di un ritiro totale dalle alture del Golan, la Siria concluderebbe un pieno accordo di pace con lo Stato ebraico». Rabin ne ha preso atto, ma ha ribadito che Israele vuole avere esaurienti spiegazioni dai siriani stessi, prima di toccare la questione del ritiro dalle strategiche alture. Aldo Baquis Il premier Rabin alla festa degli ebrei di origine marocchina [foto reuter]