Manifesto, resta Pintor di Pierluigi BattistaPietro Ingrao

Il padre fondatore ritira le dimissioni. Sarà affiancato da una Consulta Il padre fondatore ritira le dimissioni. Sarà affiancato da una Consulta Manifesto, resta Pintor Ma arrivano Bertinotti e forse Ingrao ROMA.Pintor succede a Pintor. Un mese di tormenti, di macerazioni autocritiche, di assillanti interrogativi circa la propria identità e alla fine il manifesto sceglie di restar fedele al padre fondatore affidandogli di nuovo la direzione del quotidiano di via Tomacelli. Vecchi e giovani, comunisti irriducibili e «clintoniani» mettono da parte i «dissapori» e i «particolarismi» segnalati dallo stesso Luigi Pintor e accettano di rimettere le sorti del «quotidiano comunista» nelle mani del direttore che all'inizio di marzo aveva rassegnato le sue «irrevocabili» dimissioni. Pintor solo, senza più vice ad affiancarlo. Ma con il robusto aiuto di una Consulta editoriale cui il collettivo del giornale affida il compito di «proiezione esterna» del quotidiano che sta per compiere il suo ventiduesimo anno d'età. Un comitato di cui faranno parte, oltre ai tre «vecchi» Pintor, Rossana Rossanda e Valentino Parlato, anche Fausto Bertinotti, ribelle anti-Trentin della Cgil, Mauro Paissan, deputato Verde che in passato ha già coperto ruoli dirigenti nel manifesto e Filippo Gentiloni, che da tempo copre per il giornale il ruolo di commentatore in questioni religiose. Ma al giornale non disperano di associare alla Consulta anche Pietro Ingrao, guru amatissimo nella sinistra comunista italiana, e Stefano Rodotà, liberal del pds in attrito col gruppo dirigente del partito. Tan- to è vero che Ingrao non ha fatto mistero della sua disponibilità, anche se prima di sciogliere la riserva preferisce attendere che gli sviluppi del dopo 18 aprile, dalla riforma elettorale al «governo istituzionale», forniscano un profilo più chiaro e meno ondivago alle scelte di Occhetto. Dunque, si ricomincia da capo. Le dimissioni di Pintor erano sembrate un punto di non ritorno, una svolta nella vita del giornale in cui finalmente le generazioni e le culture che compongono il manifesto avrebbero potuto uscire allo scoperto. E' stato invece uno psicodramma con tanto di ricatti emotivi, ' show-down frastornanti, mozioni contrapposte, mozioni degli affetti, insofferenze generazionali. E alla fine la generazione dei giovani accantona velleità e rancori, restituisce il timone al «grande vecchio», rimanda il parricidio ai tempi che verranno. Pintor, che una volta si paragonò al capitano Bligh del Bounty, accetta di guidare nuovamente la ciurma riottosa ma a un patto: «Una piattaforma politica impegnativa che ridefinisca il punto di vista da cui guardiamo e valutiamo gli sconvolgimenti del mondo contemporaneo e della società italiana». In altre parole, un «punto di vista» comunista. I «clintoniani» deprecati da Rossana Rossanda, gli occhettiani come Guido Moltedo, gli «yankees» delle pagine degli spet¬ tacoli, gli under 30 che per impossibilità anagrafica non hanno mai provato i brividi della «maturità del comunismo» che galvanizzò i primi anni del giornale, per tutti 10 scontro è rinviato. «Avrebbero voluto fare come in un partito con tutte le correnti rappresentate nella direzione», dice un redattore molto vicino a Pintor, «ma per un giornale come 11 nostro sarebbe stata una forzatura intollerabile». Dunque, niente vice-direttori accanto a Luigi Pintor. Tutt'al più un «superufficio» di capiredattori composto da Riccardo Barenghi e da Stefano Menichini, uno dei giovani più insofferenti alla vecchia linea del giornale («non avrei avuto diffi- colta ad accettare la pubblicità per il Sì») ma che accetta il suo nuovo ruolo vista «l'impossibilità dì trovare una soluzione». Il giornale sta studiando il passaggio a «una forma di azionariato popolare» per affrontare la crisi finanziaria. Ma in redazione serpeggiano malumore e perplessità. La prima Repubblica è in disfacimento e ci si interroga sul destino di un giornale che per vent'anni ha giocato il suo ruolo di anti-sistema. E qualcuno, come Parlato, esorta ad andarci piano nella «criminalizzazione» dei sempiterni nemici della de. Pierluigi Battista E nel comitato si fa anche il nome di Stefano Rodotà Qui a fianco: Luigi Pintor In alto: Pietro Ingrao

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