El Cordobés II, la leggenda torna nell'arena

El Cordobés II, la leggenda torna nell'arena Siviglia: ha 23 anni, è identico al padre, ha la stessa audacia e un talento forse superiore El Cordobés II, la leggenda torna nell'arena Ha debuttato da matador ilfiglio illegittimo del grande torero L'EREDE DI UN MITO SIVIGLIA NOSTRO SERVIZIO Siviglia ha resuscitato la leggenda di un nuovo El Cordobés. Si chiama Manuel Diaz e si presenta come il figlio naturale di Manuel Benitez, El Cordobés, il torero mito degli ultimi trent'anni. E con il suo stesso nome d'arte. Ha 23 anni, lo stesso ciuffo biondo e liscio, gli stessi gesti spavaldi ed esagerati, il medesimo, autentico coraggio e, si dice, più talento del padre. Per questa corrida di debutto come «matador» arriva all'arena della «Maestranza» su un calesse tirato da cinque magnifici cavalli e seguito da una folla eccitata. Sin dalle prime ore del mattino si è insinuata nei bar intorno all'hotel cinque stelle dove è sceso, per le strade e adesso nell'arena, una scia di commenti e di bisbigli. E' un debutto di lusso. Il meglio che si possa chiedere: la «Maestranza» e un padrino, Curro Ro- mero detto il «Faraón», che con i suoi 60 anni, la pancia e i capricci, è ancora il torero «artista» venerato dalla città. Lui cederà al giovane El Cordobés il suo primo toro e la sua spada per ucciderlo. Così si fa per laureare un torero o, come si dice qui, per «dar la alternativa». Farà da testimone Espartaco, il torero che da anni guida la classifica dei trofei vùiti in corri¬ da. I due sono affettuosi e protettivi con il ragazzino che è spuntato dal nulla, e con l'audacia di darsi quel nome mitico. Otto anni fa ha lasciato la casa della madre a Cordoba. Ha girato le arene piccole e grandi di Spagna, toreando «novillos», i tori di età inferiore ai tre anni più piccoli e leggeri. Ha dormito ovunque, patito povertà, freddo e persino fame. Al padre, il figlio non riconosciuto non ha chiesto nulla. Ufficialmente, con lui non ha avuto mai alcun contatto. Ma in questa mattina di Pasqua si bisbiglia che El Cordobés padre sia passato per l'hotel, dove è pronta la stanza per il suo presunto figlio che si vestirà da torero per la prima volta. I bisbigli raccontano anche, con cautela, che in realtà l'attesa intorno a questo debutto ha una firma, Paco Dorado. E' il nome, benché sembri inventato per una stella dello sdolcinato cinema franchista, di un duro, un «estirado», dicono qui, una specie di cowboy in abito grigio che non sorride mai e non fa un passo senza una piccola corte che lo segue ovunque nell'hotel. E' l'impresario del giovane torero, lo accompagna da due anni ed è lui, dicono le voci, l'artefice di El Cordobés II. E della campagna che ha invaso televisione e giornali con quelle immagini del caschetto biondo e della smorfia di sfida. che danno l'illusione che El Cordobés sia resuscitato. Nelle ore che scorrono lente al bar dell'hotel a fumare sigari e bere vino di Jerez in attesa della corrida, del laureando «matador» non c'è traccia. Ma adesso che è ad un passo dai cachet milionari e dal successo, ha pubblicamente riconosciuto che a Paco Dorado deve quasi tutto. L'ispirazione la cerca nel padre, sin dal giorno in cui, adolescente, si lanciò come «espontaneo» a toreare nell'arena di Madrid, dove El Cordobés, già ritirato, si esibiva in un festival per le vittime dell'eruzione di un vulcano colombiano. Il nuovo El Cordobés ha capito al volo che cosa ci si aspetta da lui. Le interviste che rilascia nascondono molte promesse all'annoiato mondo della tauromachia. Dopo anni di monotone corride, con qualche astro in declino, molti giovani scialbi e professionisti senza personalità, forse è la volta buo¬ na. El Cordobés II giura che il suo sarà un «toreo» estroso e rivoluzionario, con una materia prima scarsa in questi anni, il coraggio e l'ambizione. L'arena adesso è colma di pubblico e di attese. I toreri sono accerchiati dai fotografi, ma gli obiettivi sono tutti per il giovane El Cordobés. Poi comincia il «paseillo» e sulla cappa che gli ricopre le spalle in quella breve passeggiata iniziale, El Cordobés porta ricamato lo scudo della legione spagnola. Per chiarire, anche con il linguaggio degli abiti, che il «toreo» è una guerra, corrida dopo corrida, battaglia dopo battaglia. Finalmente esce il primo toro, è per lui. La tensione, la responsabilità lo bloccano. Non gli tolgono un'audacia capace di far vibrare l'arena, ma gli impediscono di far di più. Il pubblico lo applaude con calore, l'abbraccio di Curro Romero è lungo e affettuoso, ma il trionfo, ancora una volta, è per Espartaco. Con l'ultimo toro della corrida, di nuovo per El Cordobés, diventa chiaro che la rivoluzione è rimandata. Di ritorno all'hotel, il rituale continua negli abbracci di sconosciuti arrivati dal Messico, dalla Francia, dall'America, di donne belle e molto truccate, di signori benvestiti. Nella hall passa, inosservato, Maradona accompagnato dalla moglie. Oggi è il giorno di Manolo, El Cordobés. Curro Romero gli ha augurato molta fortuna, e tutti i soldi che si possano guadagnare nel «toreo». Lui li vuole, subito, per comprare una casa alla madre che con altri parenti lo aspetta seduta su un divano. Visto da vicino, con una camicia a righe e i capelli umidi di doccia, sembra ancor più ragazzino. Con negli occhi uno sguardo identico a un torero che è stato una leggenda. Anna Rabino El Cordobés I, mitico torero spagnolo

Persone citate: Anna Rabino, Cordoba, El Cordobés, Jerez, Manuel Benitez, Manuel Diaz, Maradona, Paco Dorado, Romero

Luoghi citati: America, El Cordobés, El Cordobés Ii, Francia, Madrid, Messico, Spagna